Il 5 marzo 2024 a pochi giorni dalla Giornata internazionale di lotta per i diritti delle donne, la Food and Agriculture Organization ha pubblicato il rapporto The Unjust Climate – Measuring the impacts of climate change on rural poor, women and youth, in cui si afferma che “i cambiamenti climatici colpiscono in maniera sproporzionata i redditi delle donne rurali, delle fasce povere della popolazione e degli anziani, la cui capacità di reagire e adattarsi agli eventi meteorologici estremi è segnata dalla disuguaglianza”. Nonostante ciò “le popolazioni rurali e le loro vulnerabilità climatiche – prosegue il rapporto – sono a malapena menzionate nei piani climatici nazionali. Nei contributi determinati a livello nazionale (NDC) e nei piani nazionali di adattamento (NAP) dei 24 paesi analizzati, soltanto il 6% delle 4.164 azioni per il clima proposte menzionano le donne, mentre il 2% fa esplicito riferimento ai giovani, meno dell’1% cita i poveri e circa il 6% nomina gli agricoltori delle comunità rurali”.
Se quindi le disuguaglianze fanno sì che alcune persone soffrano di più per i cambiamenti climatici, queste stesse persone vengono ignorate dalle politiche. Per questo, vogliamo dare visibilità e spazio a manifesti ecofemministi scritti da collettivi e reti in diverse parti del mondo, perché il nesso tra genere e ambiente è un nesso sempre più necessario per pensare un orizzonte di giustizia e di pace.
Dalla Spagna un appello per un futuro verde
“Alziamo le nostre voci per un futuro verde e senza violenza” dichiara la rete spagnola Ecologistas en Acción, una piattafoma che riunisce più di 300 gruppi ecologisti lancia per questo 8 marzo, un Manifesto ecofemminista e pacifista che denuncia il genocidio a Gaza, le guerre e il militarismo in occasione della prossima Giornata Internazionale dei diritti delle donne. Nel documento si esprime solidarietà al popolo palestinese e si chiede il cessate il fuoco immediato e viene messo in evidenza quanto gli oltre 30 conflitti armati per il controllo di risorse e territori in corso nel pianeta abbiano un impatto devastante soprattutto sulle persone più vulnerabili. In un contesto caratterizzato da conflitti armati, distruzione ambientale e disuguaglianze crescenti chi subisce più violenza sono le donne, i bambini, e altre persone vulnerabili. Il manifesto mette in luce le radici patriarcali, razziste e belliciste delle economie capitaliste, proponendo una ridistribuzione equa delle risorse e una transizione verso un’economia basata sulla cura che metta al centro benessere di tutti gli esseri viventi. Si parla nel documento del bisogno di tenere insieme le dimensioni della giustizia sociale, climatica e di genere come nessi fondamentali per una società più giusta.
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In Belgio il Manifesto per una giustizia climatica femminista
Dalla Spagna andiamo in Belgio dove l’organizzazione non governativa femminista Le monde selon les femmes, attiva nei settori della cooperazione allo sviluppo, dell’educazione permanente e della ricerca-azione mira ad integrare una prospettiva di genere nelle questioni legate ai diritti umani, lancia un Manifesto per una giustizia climatica femminista per “uscire dal produttivismo e mettere al centro dell’economia la riproduzione degli organismi viventi”. Il testo denuncia le strutture di dominio patriarcali, quali l’estrattivismo e il neocolonialismo, e propone di adottare politiche che favoriscano economie sostenibili e resilienti, basate sulla produzione locale e l’accoglienza, così come il manifesto spagnolo, anche l’ecofemminismo belga prende parola contro i conflitti in corso esprimendo solidarietà a tutte le donne che si trovano in aree di conflitto. Il testo si conclude con alcuni principi fondamentali.
- Garantire i diritti umani, sessuali e riproduttivi e i diritti della natura
- Legiferare contro l’industria mineraria, la deforestazione e le violenze sessuali ad esse collegate
- Cancellare il debito dei paesi più poveri
- Dare priorità al concetto di “cura estesa al vivente” sia nell’economia e nella politica
- Sostenere le alternative economiche resilienti, l’agricoltura contadina e indigena e le dinamiche agroecologiche
- Promuovere le produzioni locali, in particolare quelle agroecologiche, per ridurre la dipendenza da fertilizzanti e pesticidi
- Chiedere una politica di accoglienza dignitosa e rispettosa dei diritti umani per le persone migranti
- Risolvere i conflitti armati in modo non violento, a partire dall’etica e dall’esperienza femminista
- Essere solidali con le donne nelle zone di conflitto e con coloro che subiscono politiche religiose estremiste e violenze istituzionali
- Costruire alleanze forti per promuovere un mondo ecofemminista
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Fare pace con la Terra
Dobbiamo tornare al 2023 per parlare di un altro manifesto ecofemminista, molto importante per l’eco che ha avuto, ma anche perché a scriverlo sono state cento donne provenienti da tutto il mondo. L’anno scorso si sono riunite in India presso la Navdanya Biodiversity Conservation Farm più di cento donne provenienti da tutti i continenti che si firmano Diverse Women for Diversity. Si sono incontrate per scrivere insieme il manifesto ecofemminista Fare pace con la Terra che è stato pubblicato l’8 marzo. Al cuore della proposta del manifesto un approccio che enfatizza il ruolo delle donne, delle popolazioni indigene e dei piccoli agricoltori nella difesa della biodiversità e nella costruzione di un futuro sostenibile che veda la terra non come una risorsa da sfruttare ma come un sistema vivente interconnesso. Il documento è molto lungo e articolato e non propone solo un’analisi ma anche una chiamata all’azione che possiamo sintetizzare nei seguenti punti:
- Ascolto e trasferimento di potere: ascoltare le donne, le popolazioni indigene e i piccoli agricoltori, trasferendo il potere politico a coloro che collaborano con la natura e vivono in armonia con la Terra
- Promozione della sovranità alimentare: dare il controllo dell’agricoltura e del cibo alle comunità locali anziché dell’agrobusiness industriale
- Difesa della libertà delle sementi: consentire agli agricoltori di custodire, scambiare, selezionare e riprodurre liberamente le sementi, come fondamento della sovranità alimentare e della resilienza climatica
- Transizione verso sistemi alimentari biodiversi e locali: si sostiene la necessità di una transizione globale verso sistemi alimentari e agricoli biodiversi e locali, come risposta alle crisi climatiche e alla fame, garantendo la salute degli ecosistemi e delle persone e promuovendo l’equità e la giustizia
- Promozione di un’economia della cura: creare economie locali basate sulla cura, garantendo il benessere delle persone e delle comunità
- Educazione e sensibilizzazione: promuovendo un pensiero ecofemminista, la trasmissione intergenerazionale dei saperi tradizionali e l’adozione di pratiche sostenibili
Vandana Shiva alla presentazione del manifesto disse: “L’economia dominante è parassitaria dei doni della natura e dell’economia del dono che le donne sostengono e mantengono. Nel periodo in cui venne creata la Compagnia delle Indie Orientali e il colonialismo cominciava a diffondersi, tutti i testi scritti dalla struttura patriarcale stavano creando il nostro modo di pensare al mondo basato sull’avidità, la separazione, il dominio, il conflitto e la competizione, quando la realtà del mondo è totalmente l’opposto, si tratta di simbiosi. I principi in base ai quali funziona la società e la natura sono totalmente opposti a quanto teorizzato. Non esistono specie privilegiate nell’economia della natura. Alcuni sono piccoli e altri grandi, come i microbi e gli animali, ma tutti si sostengono a vicenda”.
Alcuni temi sono ricorrenti nei manifesti ecofemministi: invertire il paradigma economico mettendo al centro la riproduzione e non la produzione, invertire le relazioni di potere, promuovere la biodiversità e le colture locali e infine la pace, perché sono i soggetti più vulnerabili e l’ambiente a soffrire di più.
Buona giornata di lotta a tutte, e che sia ecofemminista!
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