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venerdì, Novembre 15, 2024

È italiana la prima fattoria sottomarina del mondo

Da tempo l’agricoltura ha abbracciato la tecnologia per trovare soluzioni sostenibili e innovative in grado di contrastare il consumo di suolo e la crescente richiesta di cibo a livello globale. Già da alcuni anni, in Liguria, frutta e verdura si coltivano in fondo al mare

Antonio Carnevale
Antonio Carnevale
Nato a Roma, giornalista pubblicista dal 2012, autore radiofonico ed esperto di comunicazione e new media. Appassionato di sport, in particolare tennis e calcio, ama la musica, il cinema e le nuove tecnologie. Da qui nasce il suo impegno su StartupItalia! e Wired Italia, dove negli anni - spaziando tra startup, web, social network, piattaforme di intrattenimento digitale, robotica, nuove forme di mobilità, fintech ed economia circolare - si è occupato di analizzare i cambiamenti che le nuove tecnologie stanno portando nella nostra società e nella vita di tutti i giorni.

Da alcuni anni in Liguria frutta e verdura si coltivano sotto la superficie del mare, grazie all’Orto di Nemo, la fattoria subacquea ideata da Sergio Gamberini, imprenditore, ingegnere chimico e proprietario dell’azienda di attrezzature subacquee Ocean Reef.

La sua idea è nata in risposta ad un’esigenza estremamente concreta. Nel 1950, infatti, c’erano 2.5 miliardi di persone nel mondo, oggi siamo circa 8 miliardi. La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha stimato che nel 2050 arriveremo a 10 miliardi.

Cresce dunque drasticamente la domanda mondiale di cibo: i risultati li abbiamo già sotto i nostri occhi, con la diffusione smodata di allevamenti e agricoltura intensivi, deforestazione e consumo di suolo, inquinamento, climate change, distruzione degli ecosistemi e gestione insostenibile delle risorse naturali.

La sfida è quindi quella di riuscire a nutrire la crescente popolazione con il minor impatto ambientale possibile. Secondo la FAO, sarà necessario un aumento della produzione di cibo del 70% rispetto ad oggi. Non solo: le tecniche di coltivazione attuali non saranno né sufficienti né sostenibili per sopportare la portata di questa sfida.

L’agricoltura ha già da tempo abbracciato la tecnologia per cercare soluzioni alternative, come le coltivazioni fuori suolo (idroponica e acquaponica), che hanno dimostrato di garantire rese anche molto elevate. È questo il futuro dell’agricoltura che mira a garantire il giusto equilibrio tra efficienza e sostenibilità, senza abuso di terreno.

Ed è sulla base di queste necessità che Gamberini ha dato vita a un sistema estremamente innovativo, che oggi rappresenta un unicum a livello mondiale.

Leggi anche: Ridare vita ai suoli: la scelta di campo dell’agricoltura rigenerativa

Coltivare sul fondo del mare

L’obiettivo del progetto è sempre stato, sin dall’inizio, quello di creare un sistema di agricoltura alternativo, economicamente sostenibile e a lungo termine, dedicato soprattutto – si legge sul sito ufficiale – “a quelle aree dove condizioni ambientali, ragioni economiche o morfologiche rendono estremamente difficile la crescita delle piante”.

Ecco perché davanti alle coste del comune di Noli, in provincia di Savona, sono state ancorate al fondale marino 6 biosfere, delle strutture ecologiche autosostenibili nelle quali è possibile coltivare senza consumare suolo e senza bisogno di acqua fresca. Le serre sottomarine utilizzano l’energia solare e l’acqua di mare desalinizzata per produrre frutta e verdura.

Inoltre, il microclima e le condizioni termiche sono estremamente favorevoli all’agricoltura: all’interno delle biosfere c’è una temperatura costante intorno ai 26 gradi, un tasso di umidità dell’83% e alte concentrazioni di anidride carbonica, utile alla crescita delle piante. Insetti e parassiti non possono raggiungere germogli e piantine e si può evitare l’uso di fertilizzanti e pesticidi.

Infine, l’allevamento subacqueo determina un’interazione minima, se non nulla, con l’ambiente marino e i relativi ecosistemi, fatta eccezione per un positivo effetto di rifugio, al fine di sostenere il ripopolamento delle aree marine circostanti. Da quando ci sono le sfere, infatti, la biodiversità sembra essere esplosa: secondo Joanna Smart, oceanografa della Tasmania che ha condotto di recente uno studio al riguardo, la densità di specie di molluschi è sette volte quella degli scogli circostanti e quella di pesci addirittura cinquantotto volte quella delle acque vicine.

 Un meccanismo perfezionato nel tempo

Il sistema delle biosfere è stato perfezionato nel tempo: dai primi prototipi, più piccoli e simili a delle piccole serre, si è lavorato per renderle più grandi, permettendo così il lavoro del personale al loro interno, sostenibili (attraverso l’utilizzo della tecnica idroponica) e funzionali al loro scopo.

Attualmente queste fattorie sottomarine sono ancorate a circa 10 metri di profondità e sono formate da plastiche speciali che massimizzano la rifrazione solare, sfruttando più del 94% della luce. L’ancoraggio è indispensabile perché le sfere, essendo piene d’aria (sono da duemila litri ciascuna), hanno una forte spinta verso la superficie.

Grazie al tipo di plastica speciale utilizzato, il sole riscalda l’aria della sfera e fa evaporare l’acqua salata che, diventando acqua dolce, si deposita sulle pareti della biosfera e viene raccolta da una speciale tubazione che la utilizza per irrigare le piante.

I sali e i nutrienti vengono aggiunti, in base alle diverse coltivazioni, da un sistema computerizzato che monitora le biosfere e regola anche umidità, temperatura e composizione dell’aria, cioè i giusti livelli di ossigeno e anidride carbonica.  La luce, attentamente calibrata per garantire il mantenimento della giusta temperatura, viene fornita da led alimentati da pannelli solari posti a terra, anche se il team dell’Orto di Nemo sta lavorando per cercare di sfruttare presto, in maniera quasi esclusiva, l’energia del moto ondoso.

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Il futuro delle fattorie sommerse

Secondo uno studio di un team di ricercatori dell’Università di Pisa – uno dei partner scientifici dell’Orto di Nemo – che ha valutato la risposta delle piante coltivate nelle biosfere sottomarine, quest’ultime risultano essere più verdi, aromatiche e ricche di sostanze antiossidanti rispetto a quelle che crescono sulla terraferma, mostrando un aumento di attività biologica del 30%.

All’inizio, quando il progetto è partito nell’ormai lontano 2012, Gamberini e il suo team hanno puntato sul basilico. E, dall’analisi dei ricercatori, è emerso che il basilico cresciuto all’interno di un ecosistema così diverso per pressione, luce e umidità, non mostra differenze micromorfologiche ma risulta essere più ricco di metil eugenolo, l’aroma volatile caratteristico del basilico genovese, di sostanze antiossidanti (in media il 13% in più) e di pigmenti fotosintetici per catturare meglio la minor luce che riceve rispetto a quello terrestre.

Il progetto dell’Orto di Nemo è in continua evoluzione e si apre a nuove sperimentazioni, che possono essere supportate con un’offerta tramite il sito ufficiale. Attualmente, nella fattoria subacquea si coltivano la lattuga e altri quattro tipi di insalata, oltre a pomodori, fagioli, aglio, zucchine, piselli, timo, coriandolo, finocchietto, fragole, menta, maggiorana, liquirizia, diversi funghi, la calendula, l’aloe e persino fiori di nasturzio.

E in futuro? Come detto, il team di Gamberini sta lavorando per trovare il modo di utilizzare il moto ondoso per ottenere energia 100% rinnovabile per il funzionamento dei LED. L’altro obiettivo è la creazione, per ora sperimentale, di veri mini-ecosistemi simil-terrestri all’interno di alcune sfere, che possano ospitare piccoli insetti, funghi e microalghe.

Inoltre, Ocean Reef collabora con AeroGarden, azienda di idroponica, per la messa a punto di dispositivi specifici per l’agricoltura sottomarina e sta studiando la possibilità di realizzare delle piccole biosfere “casalinghe”, che ci permetteranno di coltivare con questo sistema frutta e verdura anche in ambito domestico.

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