Se tra i vostri itinerari di viaggio di fine estate avevate messo in agenda un viaggio in Olanda, vi segnaliamo una tappa assolutamente irrinunciabile: Rotterdam. Nella moderna città portuale, infatti, e più precisamente nell’area di Merwehaven, ha appena aperto la più grande fabbrica di birra artigianale d’Europa.
Se questo non dovesse sembrarvi un valido motivo per visitarla, ve ne diamo uno in più. La Stadshaven Brouwerij, infatti, oltre ad essere la più grande birreria europea, è anche una struttura all’avanguardia che produce butirra facendo dell’economia circolare e della sostenibilità i suoi punti cardine.
La scelta infinita di birre artigianali prodotte in casa (la produzione annua prevista è di 2 milioni di litri) è garantita da un processo di produzione che riduce gli sprechi, utilizza energie rinnovabili e punta tutto sul riuso.
Il birrificio Stadshaven presenta poi una ricca offerta di prodotti regionali a km zero e organizza dei veri e propri tour all’interno dei suoi spazi, per mostrare al pubblico l’intero processo di produzione e degustare alcune delle birre presenti nel loro menu.
La birra si fa con la pioggia
Non si tratta del primo progetto di circolarità legato alla produzione della birra. E ci sono dei precedenti che arrivano proprio dai Paesi Bassi. Ad Amsterdam, ad esempio, piove così tanto che un birrificio ha deciso di riciclare l’acqua piovana per produrre la propria birra Hemelswater (in olandese, “l’acqua del paradiso”).
I suoi ideatori hanno pensato che l’acqua piovana non andasse sprecata e così hanno deciso di impiegarla – opportunamente filtrata – nella propria produzione artigianale. La Hemelswater, una bionda amara da 5,7 gradi prodotta a partire da acqua ultra filtrata, malto d’orzo biologico, frumento, luppolo e lievito, è attualmente in vendita in bottiglia e alla spina in diversi ristoranti e bar di Amsterdam.
In generale poi molti birrifici, a partire dai più piccoli e consapevoli della propria impronta ambientale, sono da tempo alla ricerca di nuovi modi per essere più sostenibili, efficienti dal punto di vista energetico e responsabili. Molti, ad esempio, stanno ritornando alla bottiglia riutilizzabile, per ridurre il consumo di risorse, i rifiuti e le emissioni di CO2, anche per gli imballaggi.
Tra questi, anche l’italiana Ichnusa, che in Sardegna ha rilanciato l’antica pratica del vuoto a rendere, che consiste nel lasciare un deposito di pochi euro al negoziante e riottenere la “cauzione” alla riconsegna delle bottiglie di vetro utilizzate. Un sistema che negli anni è stato via via abbandonato, a favore del cosiddetto “usa e getta”, ma che oggi rappresenta una pratica virtuosa assolutamente da ripristinare, per garantire la salvaguardia dell’ambiente.
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La svolta green dei birrifici in tutto il mondo
Ormai anche le grandi aziende stanno abbracciando la circolarità, adottando scelte che vanno dalla diminuzione dell’acqua utilizzata all’abbattimento delle emissioni di CO2, fino alla realizzazione di packaging non inquinante.
Pensiamo al caso dell’olandese (guarda un po’) Heineken, che già da anni collabora con il Naturalis Biodiversity Center, l’Università e il Centro di Ricerca di Wageningen, la Water Authority of Rijnland e la provincia dell’Olanda Meridionale per garantire una maggiore sostenibilità dei suoi birrifici, puntando su produzione sostenibile della birra, una migliore gestione dell’acqua e meno emissioni di carbonio.
In Italia Heineken, primo produttore di birra nel nostro Paese dove produce e commercializza oltre 5 milioni di ettolitri di birra, è riuscita – dal 2010 al 2018 – a dimezzare le emissioni di CO2 in produzione (-55%), riducendo di oltre un terzo i consumi d’acqua nei birrifici e utilizzando il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili certificate.
Già nel 2012, erano stati installati oltre 8000 pannelli solari sui tetti degli stabilimenti di Comun Nuovo, in provincia di Bergamo, e di Massafra (Taranto). Questo ha consentito ai due impianti di produrre complessivamente 2,5 MW di energia pulita all’anno e di abbattere annualmente oltre 1000 tonnellate di emissioni di CO2.
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Una birra 100% sostenibile
Del resto, il processo produttivo della birra richiede una quantità importante di risorse e genera ogni anno tonnellate di prodotti di scarto. Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, per ogni 100 litri di birra prodotta ci sono circa 20 kg di scarti, l’85% dei quali è costituito da cereali utilizzati nella produzione. Ogni anno l’industria della birra artigianale americana rilascia nell’atmosfera circa mezzo miliardo di tonnellate di anidride carbonica.
Ecco perché per rendere moderno e sostenibile il birrificio Stadshaven è stato necessario investire più di 10 milioni di euro. La circolarità è una priorità assoluta: il primo passo è stato quello di convertirsi a fonti di energia sostenibile, con l’installazione di 1.700 pannelli solari sul tetto, per ridurre drasticamente le emissioni. La maggior parte di quest’ultime, infatti, sono dovute alle operazioni di fermentazione, che richiede l’utilizzo di molta acqua e alte temperature e, dunque, di grandi quantità di combustibile.
All’interno del birrificio olandese si utilizzano le tecniche più moderne per lavorare limitando al minimo lo spreco di acqua: grazie alla collaborazione con l’azienda Rainmaker, l’acqua di scarico viene raccolta e purificata, per essere poi riutilizzata nella produzione della birra.
Per ridurre ulteriormente la propria impronta ambientale, si è deciso poi di adottare la filosofia del km0 (abbattendo l’impatto dei processi di produzione e trasporto), con l’utilizzo di ingredienti locali biologici. Prendendo ispirazione dalla storia del Rotterdam Fruit Port, un tempo il più grande porto di frutta d’Europa, è stata anche lanciata una nuova linea di birre artigianali che, oltre ai soliti ingredienti quali malto, luppolo e lievito, è stata arricchita di frutta.
Nulla viene perduto: anche gli scarti del processo di produzione della birra, come il mosto, vengono riutilizzati grazie a un accordo con Floating Farm, la prima fattoria galleggiante del mondo, che si trova a meno di 200 metri dal birrificio. Le loro mucche si cibano del mosto e, a loro volta, producono 2,5 litri di latte in più al giorno, che la fabbrica di birra utilizza per preparare i suoi cappuccini.
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