Le materie prime sono determinanti per la produzione di una vasta gamma di beni e applicazioni, tra cui batterie, motori elettrici e microchip, e dunque fondamentali per lo sviluppo economico ed industriale europeo, inclusa la digitalizzazione e la transizione ecologica. Secondo uno studio della Commissione Europea, nel 2030 l’Unione Europea potrebbe avere bisogno fino a 18 volte più di litio e cinque volte più di cobalto per le batterie dei veicoli elettrici e lo stoccaggio di energia.
Tuttavia, l’estrazione di queste risorse, definite critiche e stilate in un elenco periodicamente aggiornato, avviene per lo più in Paesi extra UE dove si ha spesso a che fare con “governi instabili e/o autoritari e in condizioni che violano i diritti umani”: i principali fornitori sono Cina, Turchia e Sudafrica.
Si tratta di un problema annoso, la cui risoluzione non è semplice. Ne abbiamo parlato con l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle, Tiziana Beghin.
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Onorevole Beghin, qual è la posizione del Parlamento Europeo rispetto all’approvvigionamento di materie prime critiche in Paesi terzi?
Il Parlamento condivide la valutazione della Commissione europea sull’importanza delle materie prime critiche e su quanto sia essenziale ridurre la dipendenza europea dall’estero. Bisogna però tenere presente che la collaborazione con Paesi non europei ricchi di queste materie prime sarà, realisticamente, sempre necessaria ed è qui che il Parlamento insiste sulla necessità di garantire una catena di approvvigionamento sicura, controllata e rispettosa dell’ambiente e dei diritti umani, anche esplorando partnership strategiche tramite gli accordi di libero scambio. In poche parole, aumentare i partner commerciali in modo da diversificare le fonti e rendere l’approvvigionamento più stabile e sicuro.
Quali sono i passi concreti che si stanno mettendo in campo a livello europeo per evitare una crisi data dalla carenza di queste materie prime?
La Commissione Von Der Leyen ha fatto delle risorse critiche una priorità e nel settembre 2020 ha lanciato un piano di azione che affronta la questione da vari angoli: sviluppare catene di valore europee e globali, supportare l’estrazione e la raffinazione, ridurre la dipendenza dall’estero grazie all’uso circolare delle risorse e diversificare la fornitura, anche tramite accordi con Paesi terzi, che promuovano diritti e rispetto ambientale. Questi obiettivi potranno essere raggiunti, secondo la Commissione, anche usando i fondi della politica di sviluppo e di vicinato per stimolare investimenti in loco.
Inoltre, la Commissione ha lanciato la European Raw Material Alliance (ERMA): un partenariato che mobilita attori istituzionali, statali, privati e della società civile per costruire una vera e propria rete europea in questo ambito, potenziando la tecnologia e investendo nell’uso sostenibile dei materiali, nella riduzione e nel recupero dei rifiuti, nelle capacità estrattive locali e nella ricerca scientifica per sostituire le materie prime critiche con altri materiali.
Come si cercherà di preservare l’ambiente in queste operazioni? In che modo si garantirà l’estrazione in aree naturali protette come Natura 2000?
Questo è uno dei punti più controversi nella posizione del Parlamento, almeno a nostro avviso. La posizione originale della commissione competente (la commissione per l’Industria e l’Energia) conteneva il divieto di attuare attività estrattive in aree protette come quelle Natura 2000. Era una posizione giusta e condivisibile e che avrebbe dato un chiaro indirizzo alla Commissione europea, facendole sapere che il Parlamento non avrebbe tollerato una nuova corsa all’oro in Europa a scapito di cittadini e ambiente.
Tuttavia, il testo originale è stato modificato da un emendamento presentato a Strasburgo. Il testo giunto al voto finale del Parlamento europeo conteneva troppi riferimenti alla ripresa delle attività minerarie in Europa e, soprattutto, cancellava quel divieto assoluto di scavare in aree protette.
Quali sono le indicazioni del Parlamento per riconoscere un tipo di attività estrattiva come sostenibile?
In questa fase il Parlamento non ha ancora stabilito criteri precisi per decretare che tipo di attività sono, in effetti, sostenibili, ma alcuni articoli della risoluzione approvata a novembre a Strasburgo rimandano ad alcune indicazioni. Il Parlamento chiede, ad esempio, che vengano realizzate opportune valutazioni d’impatto volte a stimare e mitigare gli effetti dell’attività estrattiva e fa riferimento agli standard europei per l’estrazione sostenibile. Tuttavia, il testo originale garantiva maggiore protezione all’ambiente, soprattutto per quanto riguarda l’attività mineraria in aree ambientali protette.
Qual è la posizione dei partiti ambientalisti rispetto alla strategia europea per le materie prime critiche? Le resistenze sono state superate?
I partiti ambientalisti hanno espresso posizioni critiche sull’approccio adottato dal Parlamento in plenaria e hanno ribadito le loro perplessità sul fatto che il ritorno all’estrazione mineraria nei confini europei rischi di non essere compatibile con il Green Deal e le politiche ambientali tanto sostenute dall’attuale Commissione. Il M5S non ha sostenuto la posizione del Parlamento europeo, e ha scelto di astenersi nel voto finale proprio in virtù del rischio di attuazione di progetti minerari in aree Natura 2000 e, pur comprendendo l’importanza di queste materie prime rare, ha messo in guardia contro il pericolo di una nuova corsa all’oro nel nostro continente.
Come si conta di informare e coinvolgere i cittadini nell’accogliere le attività estrattive nei loro territori?
Nei Paesi europei dove si vorranno realizzare nuove attività estrattive sarà necessario avere il supporto della popolazione locale. Inoltre, la normativa europea e, molto spesso, anche quella nazionale prevede il coinvolgimento delle comunità locali nella realizzazione di progetti e infrastrutture.
Sarà quindi necessario indire consultazioni e includere i cittadini nella progettazione, ma anche e soprattutto condividere equamente i benefici economici di tali attività, garantendo l’assoluto rispetto della normativa ambientale e le più alte tutele per la salute.
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Come si arginerà il rischio di una speculazione da parte delle imprese locali e di un’attività estrattiva poco trasparente?
La normativa ambientale europea è la migliore alleata per garantire la realizzazione di attività estrattive trasparenti e rispettose dell’ambiente, ma da sola non può fare molto se non viene affiancata da un potenziamento degli uffici responsabili per il controllo e il rispetto delle norme a livello nazionale. Per quanto ci riguarda, quindi, penso alle agenzie ambientali regionali e ai poteri di verifica del Ministero della Transizione ecologica. Le forze dell’ordine, poi, dovranno controllare con attenzione per garantire la certezza del diritto e punire severamente i trasgressori.
Che ruolo hanno nella strategia europea le materie prime seconde e dunque il riciclo?
Il riciclo sarà assolutamente essenziale. Moltissime di queste risorse rare sono già presenti in Europa, non sottoterra nelle miniere, ma nelle nostre discariche sotto forma di apparecchi elettronici, batterie e altri strumenti. Oltre alla necessità di garantire forniture sicure di risorse critiche, il Parlamento Europeo chiede alla Commissione di aumentare il più possibile il riciclo delle risorse rare, migliorare la gestione dei rifiuti elettronici e la vita utile dei prodotti che contengono risorse rare, ma anche di preparare stock strategici nazionali ed europei di questi materiali per far fronte a periodi di ridotta offerta. Si chiede inoltre di facilitare la raccolta di beni di consumo elettronici a fine vita per recuperarne le risorse critiche, invece che lasciare che si accumulino nelle case o in discarica.
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