Riscoprire le aree interne del nostro Paese in sella alla propria e-bike lungo strade secondarie a basso traffico, per fare di quello che era una debolezza un punto di forza da cui ripartire. È con questi intenti che è stato ideato, l’Appennino Bike Tour, la Ciclovia dell’Appennino, una direttrice cicloturistica di 3100 chilometri che cinge il nostro Paese, dalla Liguria alla Sicilia, attraversando 14 ragioni in un viaggio che collega i luoghi più belli e fragili dell’Appennino. Un percorso ed una campagna, ideato da Vivi Appennino e sposato da Legambiente, che è solo un punto di inizio per dare una risposta concreta alla grande domanda che ha interessato il cicloturismo negli ultimi anni, e più in generale il mondo della bicicletta e dell’e-bike, e che fatica ancora a trovare risposta. Ne abbiamo parlato con Sebastiano Venneri di Legambiente, tra i promotori dell’iniziativa e autore della guida cartacea Appenino Bike Tour.
Come nasce l’Appennino Bike Tour
L’idea di disegnare un’infrastruttura che facesse forza sulle arterie esistenti per puntare sullo sviluppo dell’Appennino e delle aree interne nasce nel 2017 in occasione del G7 Ambiente di Bologna: il progetto ha voluto quindi creare un percorso cicloturistico che portasse “buoni turismi e buona economia”, facendo della dorsale appenninica una sorta di “marchio unico dell’Italia” da vivere e da raccontare, soprattutto all’estero.
“Abbiamo fatto leva – spiega Venneri – su quelli che fino a questo momento sono stati fattori di disagio dell’Appenino: parliamo di un territorio poco abitato o spopolato e di conseguenza le strade dell’Appennino sono quasi per nulla trafficate. Questo, che è un punto critico per le aree interne del Paese, può diventare invece un’opportunità per sviluppare il cicloturismo perché, ad esempio, le piccole provinciali e le stradine intercomunali che collegano due sperduti paesini dell’Appenino sono in sostanza delle ciclovie già realizzate, pronte per l’uso. Può essere, inoltre, anche la risposta italiana all’offerta cicloturistica di altri Paesi che sono partiti molti anni prima”.
Ad esempio, il cicloturista medio tedesco spende tra i 60 e gli 80 euro a persona al giorno e il cicloturismo in Germania frutta infatti 40 miliardi di euro, mentre in Italia siamo in una cifra compresa tra i 5 e i 7 miliardi nella migliore delle ipotesi e abbiamo una grande carenza di servizi ed infrastrutture, pur avendo delle condizioni climatiche favorevoli. Un confronto che è difficile mettere su, a pari di una storia, uno sviluppo e una conformazione del territorio così diversi, ma è bene sapere che nei Paesi dell’Europa centrale, come Germania appunto o Austria, si è iniziato a realizzare ciclovie dedicate dove poter viaggiare in sicurezza ben 20 o 30 anni fa: un tipo di infrastruttura che, con tutte le sue differenze e peculiarità, in Italia arriverà in tempi lunghi, secondo Venneri, ma arriverà.
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Il futuro del cicloturismo in Italia
Il Pnnr ha destinato 400 milioni di euro per la realizzazione delle piste ciclabili turistiche. I fondi, che per il 50% sono assegnati ai territori del Sud, sono destinati alla realizzazione, entro giugno 2026, di 1.235 chilometri aggiuntivi di ciclovie turistiche. In particolare, 51 milioni vengono assegnati alla ciclovia Vento (Venezia-Torino), 22,5 milioni alla ciclovia Sole (Verona-Firenze), 14 milioni alla ciclovia Grab (Grande Raccordo Anulare delle biciclette di Roma), 39,5 milioni alla ciclovia dell’Acquedotto pugliese (da Caposele in provincia di Avellino a Santa Maria di Leuca in provincia di Lecce attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia), 74 milioni a quella Adriatica, 44,5 milioni alla Tirrenica, 30 milioni alla ciclovia del Garda, 33 milioni alla ciclovia della Sardegna, 61,5 milioni alla ciclovia Magna Grecia (Basilicata-Calabria-Sicilia) e 30 milioni alla ciclovia Trieste-Lignano-Sabbiadoro-Venezia.
Ma anche qui, a fare la differenza sono i tempi, perché le opere saranno realizzate entro il 2025. “In questi giorni – afferma Venneri – non posso dire ai cicloturisti che stanno arrivando in Italia ci rivediamo tra 5 o 6 anni. Abbiamo già delle ciclovie: come La Via Silente nel Cilento, 600 chilometri tracciati e segnalati dalle associazioni di volontariato, la ciclovia dei Parchi della Calabria, 550 chilometri che corrono dal Pollino all’Aspromonte attraverso i 4 parchi principali della Calabria. Insomma, ci sono già una serie di proposte cicloturistiche che però sono figlie dell’iniziativa locale, dell’associazione di volontariato o del Parco: non c’è una regia nazionale, eppure bisognerebbe che ci fosse per dare risposte a queste domande”.
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Il percorso
Nell’attesa, il progetto ha quindi deciso di attrezzare il nostro Paese, sfruttandone le peculiarità e traducendole in un percorso cicloturistico che non eguaglia il livello di sicurezza di una ciclovia dedicata ma che può rappresentare un’alternativa interessante.
Il percorso, che si snoda in 43 tappe, da Altare in provincia di Savona, ad Alia in provincia di Palermo, è adatto per biciclette a pedalata assistita: gli ideatori sconsigliano di intraprenderlo con una bicicletta muscolare, anche per i più allenati perché in quel caso diventerebbe solo un’azione sportiva e non si riuscirebbe a cogliere il vero obiettivo del progetto, cioè quello di un nuovo senso alla scoperta del territorio, un’esperienza che solo in sella ad una bicicletta e grazie alla sua peculiare velocità si riesce a vivere.
D’altra parte, come precisa Venneri: “L’Appennino non era un territorio propriamente considerato ciclabile, lo è diventato nel momento in cui si può contare sull’e-bike, così come le e-bike hanno reso ciclisti persone che prima non lo erano. Questa innovazione tecnologica ha quindi consentito di considerare l’Appenino territorio ciclabile ma per esserlo davvero, deve avere delle aree a servizio dell’e-bike”.
Nel corso del 2021, grazie al progetto, in ciascuno dei 44 comuni tappa sono state realizzate delle aree di sosta e ricarica. Ogni 60 o 70 chilometri si trova dunque un’area con una colonnina di ricarica dell’e-bike e una mini-officina annessa, dove possono essere effettuate attività di piccola manutenzione, come riparare una gomma bucata, gonfiarla o sostituire il cambio.
Le persone che percorrono la ciclovia possono, inoltre, avvalersi gratuitamente dell’app CicloAPPennino, ma anche del sito [qui le strutture ricettive], che li accompagnerà lungo tutto il viaggio, e grazie cui sarà possibile scaricare le tracce GPX, facilmente consultabili dal proprio smartphone, ed essere informati sulle principali attrazioni turistiche e punti di interesse della zona. È inoltre disponibile una guida cartacea che racconta il percorso ed il territorio nella sua interezza.
Ultimo e fondamentale step sarà la segnaletica su strada, circa 2mila frecce che indicheranno ai visitatori i percorsi, un’opera da 2milioni di euro: si attende l’ok del Ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili per avviare l’iter di assegnazione dei lavori e, se tutto andrà come previsto, la prossima estate l’Italia avrà la più lunga ciclovia, interamente segnalata per 3100 chilometri.
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Tra piccoli paesi e natura incontaminata
La ciclovia attraversa 56 zone di interesse naturale tra cui, oltre ad aree protette e oasi, 26 Parchi nazionali e regionali, ma tocca anche tra i 300 comuni, zone colpite dal sisma del 2016, da fenomeni di dissesto idrogeologico, abbandono e spopolamento.
“Per noi di Legambiente – prosegue – è un’occasione per lo sviluppo delle aree interne. Sappiamo che queste sono una risorsa straordinaria per il Paese perché tengono presidio su un territorio fantastico: l’Appennino è ricchissimo di patrimoni ed ecosistemi, di produzioni di eccellenza. Il cicloturismo è un’occasione per ridare una boccata di ossigeno ai territori e creare un prodotto che si consolidi lungo quest’asse”.
Il progetto incrocia inoltre la forte domanda verso un turismo di prossimità, di esperienza e sostenibile ma non è l’unico obiettivo a cui si punta. “Il cicloturismo e il turismo – aggiunge – non saranno la soluzione per le aree interne del Paese. Possono essere un fantastico innesto e come gli innesti funzionano se la pianta sotto è viva, solo in quel caso l’innesto dà vigore, dà rilancio e dà forza alla pianta”.
Un problema riscontrato nel corso del progetto è infatti quello che non ci sono molte strutture ricettive e servizi che in alcuni casi sono carenti anche per i cittadini: insomma non sarebbe semplice, se non impossibile, fare questo percorso se non ci fossero aree di sosta apposite per ricaricare l’e-bike. Un passo in più che le amministrazioni dovrebbero compiere per promuovere fino in fondo questo tipo di turismo.
La Calabria che non ti aspetti
Tra le 43 tappe dell’Appennino Bike Tour, la parte che ha sorpreso maggiormente Venneri è la Calabria perché, a suo sentire, in grado di esprime il meglio di sé nelle aree interne. Una tappa nella regione che ha suscitato il nostro interesse si estende da Fabrizia (Vibo Valentia) a Santa Cristina d’Aspromonte (Reggio Calabria), un percorso di 69 chilometri, percorribile in poco più di 4 ore e mezza, che arriva a 1220 metri di altitudine che attraversa boschi di conifere e faggi per entrare nel Parco Nazionale dell’Aspromonte, la montagna continentale più meridionale d’Europa. Dalla via è possibile raggiungere bellezze come l’antico borgo medievale di Gerace (Reggio Calabria) o il lago di Crocco dove non è raro imbattersi in qualche esemplare di cicogna [qui puoi scaricare gli altri percorsi].
Prima di partire è utile informarsi sulla guida cartacea per avere un racconto della ciclovia e poi individuare il tratto da percorrere: un bagaglio essenziale, il proprio smartphone con le tracce scaricate (è bene tenere presente che spesso in queste zone il telefono non prende) e si può partire per un viaggio che saprà sorprendere.
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