Non poteva non partire dall’energia il discorso programmatico che la neo-presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tenuto questa mattina alla Camera dei deputati. Come era facile immaginare, nel chiedere la fiducia al Parlamento Meloni ha ribadito le linee programmatiche che hanno portato la coalizione di destra a vincere in maniera netta le elezioni del 25 settembre.
In poco più di un’ora di discorso Meloni ha parlato poco di ambiente, declinandolo al massimo sugli aspetti più pragmatici. Unica concessione alle radici culturali, il riferimento al conservatorismo ecologico, citato in campagna elettorale e anche oggi a Montecitorio attraverso la figura di Roger Scruton: “Non c’è un ecologista più convinto di un conservatore” ha ripetuto Meloni. Per il resto, il consueto mantra del “fare” contrapposto come ormai consuetudine non soltanto a destra al concetto di “ambientalismo ideologico”.
Pur riconoscendo l’importanza delle scelte strategiche nazionali, è però dall’Unione europea che Giorgia Meloni è partita per affrontare la crisi energetica in corso che, come ha correttamente ha ricordato, “è stata aggravata dalla guerra in Ucraina“.
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L’appello all’Europa per una “risposta comune”
A Montecitorio la presidente Meloni si è rivolta all’Unione europea, riconoscendo e apprezzando gli sforzi del suo predecessore Mario Draghi – risolti in acquisti congiunti di gas e l’introduzione di un prezzo dinamico al prezzo del gas – e affermando che tuttavia “sono insufficienti”. Allo stesso tempo “soltanto un’Italia che mantiene gli impegni può avere l’autorevolezza per chiedere a livello europeo e occidentale, ad esempio, che gli oneri della crisi internazionale sono suddivisi in modo più equilibrato“.
Anche se negli ultimi giorni i prezzi del gas al mercato internazionale di Amsterdam sono scesi in maniera precipitosa, la leader di Fratelli d’Italia riconosce che senza decisioni comuni a livello comunitario “si rischia di minare il mercato interno, con il rischio che la speculazione riparta. Bisogna rafforzare le misure nazionali su bollette e carburanti con un investimento finanziario imponente”.
In questo senso dunque la continuità con il governo Draghi è evidente. “Sarà necessario mantenere e rafforzare le misure nazionali a supporto delle imprese e dei cittadini – ha ribadito Meloni – sul versante delle bollette sia su quello del carburante. Un impegno finanziario imponente che drenerà gran parte delle risorse reperibili, e ci costringerà a rinviare altri provvedimenti che avrebbe voluto intraprendere già nella prossima legge di bilancio. Ma oggi – ha aggiunto – la nostra priorità deve essere mettere un argine al caro energia e garantire in ogni modo la diversificazione delle fonti di approvvigionamento e la produzione nazionale”.
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Più indipendenza energetica
Pur non citata esplicitamente, la sicurezza energetica alla quale il neonato governo ha dedicato un ministero è un’altra delle priorità della squadra messa in campo da Giorgia Meloni. Per raggiungere questo obiettivo, la premier si affida all’obiettivo di una maggiore indipendenza energetica, perché “con coraggio e spirito pratico l’Italia potrebbe uscire da questa crisi più forte e autonoma di prima”.
Due le direzioni indicate. All’assenza del gas russo Meloni intende sopperire anche attraverso un aumento della produzione nazionale di gas, perché “i nostri mari sono ricchi di giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare appieno”. In realtà le stime più ottimistiche, provenienti dall’ormai ex ministero della Transizione Ecologica con il PiTESAI, indicano che nel sottosuolo italiano ci sarebbero 350 miliardi di metri cubi di gas naturale, tra riserve già confermate che potenziali, che basterebbero a garantire l’attuale consumo di gas per appena 5 anni.
L’altra priorità è quella delle energie rinnovabili, incensate non per il minore impatto ambientale ma unicamente come risorse energetiche alternative. “La nostra Nazione, in particolare il Mezzogiorno – ha ricordato ancora Meloni – è il paradiso delle rinnovabili, con il suo sole, il vento, il calore della terra, le maree ei fiumi. Un patrimonio di energia verde troppo spesso bloccato da burocrazia e veti incomprensibili“.
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“Non disturbare chi vuole fare”
Tra un “piano Mattei per l’Africa” e una citazione rapida “all’emergenza climatica“, messa in correlazione con il dissesto idrogeologico e la recente tragedia delle Marche, uno dei passaggi più interessanti del discorso di Giorgia Meloni a Montecitorio riguarda il “motto del governo“, vale a dire “non disturbare chi vuole fare”. I propositi del governo dunque si inseriscono nell’ottica del mantra della crescita infinita, che a EconomiaCircolare.com abbiamo provato quantomeno a decostruire, ragionando su alternative e proposte.
“Perché tutti gli obiettivi di crescita possano essere raggiunti, serve una rivoluzione culturale nel rapporto tra Stato e sistema produttivo, che deve essere paritetico e di reciproca fiducia – ha spiegato la presidente del Consiglio -. Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto. Perché la ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, non lo Stato con decreti o editti. Tutti sappiamo quanto l’eccesso normativo, burocratico e regolamentare aumenti esponenzialmente il rischio di irregolarità, contenziosi e corruzione, un male che abbiamo il dovere di estirpare – aggiunge – Abbiamo bisogno di meno regole più chiare per tutti. E di un nuovo rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, perché il cittadino non si senta parte debole di fronte a uno Stato tiranno che non ne ascolta le esigenze e ne frustra le aspettative”.
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