Decreto per la preparazione al riutilizzo, ci siamo quasi? Forse è la volta buona per un decreto che gli operatori del settore attendono da più di dodici anni. A fare sperare è la recente notifica, risalente al 9 gennaio scorso, che l’Italia ha inoltrato all’Unione europea. Più precisamente il governo ha inviato lo schema di regolamento che prevede la “determinazione delle condizioni per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo in forma semplificata, ai sensi dell’articolo 214-ter del decreto legislativo n° 152 del 2006”.
Una formula lunghissima che però potrebbe finalmente incentivare ulteriormente l’economia circolare nel nostro Paese. La preparazione per il riutilizzo, infatti, è l’insieme di operazioni di “controllo, pulizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento”, così come definito dal Testo Unico Ambientale del 2006.
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Riutilizzo, un’adozione lunga 13 anni
La preparazione per il riutilizzo è dunque una priorità, così come affermato anche dall’articolo 4 della direttiva quadro sui rifiuti del 2008. Nel 2010, poi, l’allora ministero dell’Ambiente aveva previsto con il decreto legislativo n°205 che si adottassero le “ulteriori misure necessarie per promuovere il riutilizzo dei prodotti e la preparazione dei rifiuti per il riutilizzo”.
Serviva cioè un decreto che disciplinasse, come definito poi dal decreto legislativo n°116 del 2020 (sì, ben dieci anni dopo), “le modalità operative, le dotazioni tecniche e strutturali, i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l’esercizio delle operazioni di preparazione per il riutilizzo, le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonché le condizioni specifiche di utilizzo degli stessi in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo”.
L’Italia insomma è il Paese che dal 2010 non riesce (o non vuole) partorire uno schema di decreto per la preparazione al riutilizzo. E ora cosa e quanto bisognerà aspettare?
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Riutilizzo, le prossime mosse
Come scrive ReteAmbiente, lo schema del decreto per il riutilizzo non potrà comunque essere approvato prima del 10 aprile 2023. Ciò perché, come in ogni procedura che prevede una regolamentazione tecnica si prevede una sospensione di tre mesi dall’invio della documentazione durante il quale lo Stato membro notificante non può adottare la regolamentazione tecnica in questione per consentire alla Commissione e agli altri Stati membri di esaminare il testo notificato e rispondere adeguatamente.
Rispetto alla data di aprile non dovrebbero esserci ulteriori intoppi: l’Italia aveva già inviato il medesimo testo alla Commissione europea il 24 febbraio 2022, ricevendone un’unica indicazione sull’introduzione di un modello di controllo ex post, e ha poi ricevuto il via libera dal Consiglio di Stato, il quale a sua volta aveva chiesto una riformulazione di un articolo. Il governo Meloni ha provveduto a licenziare il nuovo testo il 21 dicembre 2022 e, dopo la notifica all’Europa del 9 gennaio, si attende la pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale.
Riutilizzo, cosa prevede lo schema
La proposta di regolamento per la preparazione al riutilizzo, inviata dall’Italia all’Europa il 9 gennaio, prevede 10 articoli e due allegati; inoltre reca in calce la firma del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energica Gilberto Pichetto Fratin. Dopo l’oggetto e le definizione, all’art.3 si prevede tra le altre cose che, dopo le fasi di trattamento di cui abbiamo accennato all’inizio dell’articolo, a ogni prodotto sarà posta un’etichetta con la scritta “prodotto preparato per il riutilizzo”.
Al comma 4 dell’art.3 si prevedono le esclusioni dall’ambito di applicazione del regolamento, che sono
- i rifiuti destinati alla rottamazione collegata a incentivi fiscali;
- i rifiuti di prodotti a uso cosmetico, farmaceutico e i rifiuti di prodotti fitosanitari;
- pile, batterie e accumulatori;
- pneumatici soggetti alla disciplina del decreto ministeriale 19 novembre 2019, n. 182;
- i RAEE aventi caratteristiche di pericolo e i rifiuti di prodotti contenenti gas ozono lesivi;
- i prodotti ritirati dal mercato da parte del produttore o sprovvisti di marchio CE ove previsto;
- i veicoli fuori uso
All’art.5 vengono elencati poi i “requisiti soggettivi per l’esercizio delle attività di preparazione per il riutilizzo”, tra i quali vale la pena elencare “l’idonea capacità tecnica” che dovrà essere verificata attraverso l’adeguamento alle disposizioni previste dall’allegato (nulla di particolarmente complesso, comunque). Presso ogni centro di preparazione per il riutilizzo dovrà essere tenuto uno schedario suddiviso in tre sezioni – conferimento, gestione e cessione – mentre i prodotti in entrata che dovranno poi essere preparati per il riutilizzo potranno rimanere presso il centro per la durata di un anno.
L’art.7 disciplina in maniera specifico la preparazione per il riutilizzo dei RAEE e prevede per loro, quando trattati, una nuova etichetta dall’acronimo PPRAEE. In più i PPRAEE o i componenti di PPRAEE sono coperti dalla garanzia di conformità per la durata di almeno dodici mesi dalla data di acquisto, in virtù di idoneo certificato nel quale sono rese espressamente note le condizioni per la sostituzione, per la riparazione o per il rimborso.
Infine le attività di monitoraggio periodico sulle operazioni di preparazione per il riutilizzo dei rifiuti saranno svolte dalla Direzione generale del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, che si avvale a tal fine di ISPRA, a cui saranno comunicati i dati relativi alla tipologia di rifiuti utilizzati e le relative quantità. Mentre i centri che già effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo dei rifiuti continueranno a operare anche dopo l’entrata in vigore del regolamento sulla base delle vecchie, è proprio il caso di dirlo, autorizzazioni.
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