“Le nostre case sono un colabrodo energetico” ripete spesso Luca Mercalli, il noto meteorologo e divulgatore scientifico. Ed è difficile dargli torto. Eppure la recente direttiva europea sull’efficienza energetica, che verrà votata in prima istanza il 9 febbraio alla Commissione Industria Ricerca ed Energia (Itre) del Parlamento Europeo, è stata male accolta dal nostro Paese.
Come scrive in un interessante approfondimento il think thank ECCO, specializzato sulla transizione energetica e sulla crisi climatica, “l’impostazione generale del testo è ormai definita, ma c’è ancora ampio spazio per l’avvio di un dibattito che entri nel merito di una questione – la riqualificazione energetica degli immobili – di assoluta rilevanza politica, economica, sociale, oltre che climatica”.
E allora perché il nostro Paese sta rischiando di perdere un’occasione così importante? Abbiamo posto questa e altre domande a Francesca Andreolli, policy advisor per il programma energia di ECCO.
Leggi anche: L’efficienza energetica nelle case? Per l’Italia si farà (ancora) con le caldaie a gas
Finora il dibattito italiano sull’efficienza energetica si è focalizzato su un solo asse, quello dei proprietari di case. Al grido di “la casa è sacra e non si tocca”, la direttiva Energy Performance of Buildings Directive (EPBD) è stata contestata e osteggiata. Anche se in fondo quel che chiede l’Europa è di migliorare il patrimonio edilizio, che sconta un pessimo stato energetico. Quali sono i vantaggi che comporta una maggiore efficienza energetica delle nostre abitazioni?
Il vantaggio primario è ridurre il consumo di energia e quindi di conseguenza il costo delle bollette. Se quest’inverno avessimo avuto case più efficienti saremmo stati meno vulnerabili ai prezzi del gas e dell’energia elettrica. Puntare sull’efficienza energetica, dunque, non è un costo irrecuperabile ma è un investimento, che si recupera nel tempo grazie alle bollette più basse. Invece continuare a concentrarsi sui sussidi governativi per fronteggiare l’aumento dei costi nel settore civile comporta una spesa che non viene recuperata. Inoltre investire in efficienza energetica comporta un valore maggiore dell’immobile. Già oggi un immobile che è in classe G o F, quelle più basse, è di per sé deprezzato perché ha costi di esercizio maggiori rispetto a un analogo immobile in classe A. A svalutare dunque il patrimonio edilizio non è la direttiva ma il fatto che si tratta di un patrimonio vecchio e inefficiente. Ciò non vuol dire che non ci sia bisogno di un aiuto da parte dello Stato: è impensabile riuscire ad arrivare agli obiettivi richiesti dall’Unione europea senza un sostegno economico. Poiché gli investimenti sono ingenti – secondo le nostre stime per riqualificare il settore edilizio e raggiungere la neutralità climatica al 2050 serviranno 700 miliardi di euro – non si può chiedere ai proprietari di tirare fuori tutti questi soldi. Serviranno incentivi graduali per raggiungere gli obiettivi di medio e lungo termine.
Per andare invece al breve periodo, in un altro report voi di Ecco avete mostrato che rendere strutturali i risparmi di gas di imprese e famiglie del 2022 (-9% totale rispetto al 2021, –11% nel solo residenziale), puntando su efficienza energetica e rinnovabili, permetterebbe di sostituire oltre l’80% del gas russo nel 2025. Sarebbe più o meno costoso rispetto alla strategia del governo di rifornirsi di GNL (Gas Naturale Liquefatto), solo apparentemente di breve periodo perché in realtà i rigassificatori necessari sono poi strutture che restano nel tempo?
Oltre alle spese per le infrastrutture del gas, tipicamente gasdotti e rigassificatori, bisogna considerare anche il sistema dei sussidi sui quali il governo si è basato, nel corso dell’anno scorso, per sopperire alla diminuzione del gas russo e mitigare l’aumento dei prezzi energetici. I sussidi del governo a famiglie e imprese hanno comportato una spesa di oltre 60 miliardi di euro: si è trattato di aiuti non selettivi e a pioggia su tutti e che hanno in realtà disincentivato il risparmio energetico. Sia sul settore civile che su quello industriale, comunque, la riduzione del consumo di gas c’è stata, e importante.
Figurarsi se ci fosse stata una politica pubblica a tal proposito …
Esatto. Vale la pena specificare che la Russia ha diminuito i propri flussi ma non li ha interrotti e che il minore consumo di gas è stato dovuto anche alle temperature più miti che ci sono state per gran parte dell’inverno. Ma il tema dell’efficienza energetica è centrale per la sicurezza energetica delle famiglie, dunque meglio farsi trovare preparati.
Intanto il governo spinge per far diventare l’Italia un hub del gas. È ancora il tempo del gas come combustibile di transizione o è una storia che ci ripetiamo da troppo tempo?
Nel settore edilizio il gas andrebbe, e può, essere abbandonato sin da subito. Per le abitazioni ad esempio ci sono soluzioni come le pompe di calore che sono già pronte per sostituire le caldaie a gas e permettere il passaggio del consumo dal fossile all’elettrico. Si tratta di uno dei pilastri della decarbonizzazione del settore civile, lo dice anche la Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione di gas serra. La caldaia a gas è attualmente più economica rispetto a una pompa di calore elettrica: i proprietari, non conoscendo le soluzioni tecnologiche più in linea con il processo di decarbonizzazione, scelgono l’impianto più facile da installare e più economico. Il problema è che tutti gli incentivi edilizi del governo, compreso il Superbonus, supportano ancora le caldaie a gas, che invece non hanno bisogno di essere sussidiate. Col risultato che le pompe di calore si ritrovano a non essere competitive. Si tratta di un segnale negativo e anche contro la logica, perché gli incentivi in teoria servono a supportare le soluzioni migliori ma al momento più costose.
Leggi anche: Come sostituire le caldaie a gas con le pompe di calore
© Riproduzione riservata