La temperatura media del Pianeta continua ad aumentare rapidamente e anche le giornate di caldo estremo hanno subito un’impennata. Ogni anno registriamo un nuovo record. Ma le recenti temperature sarebbero state praticamente impossibili da raggiungere senza l’influenza dell’uomo.
Secondo uno studio condotto dai ricercatori del Notrhwest National Laboratory dell’Università del Maryland, “se in questo preciso istante tutte le attività di produzione di CO2 si arrestassero, la temperatura continuerebbe comunque ad alzarsi nei prossimi anni a causa dell’effetto serra esistente”. Insomma, ci vorranno decenni per invertire il trend. A patto che si faccia qualcosa.
Sappiamo bene ormai che, in mancanza di interventi, continuando a riversare carbonio nell’atmosfera la temperatura potrebbe superare 1,5°C di aumento tra il 2030 e il 2050. Esattamente quello che si intende scongiurare, per evitare disastri all’ecosistema terrestre. L’obiettivo minimo di riduzione di gas serra fissato dall’Ue entro il 2030, per non superare la soglia di 1,5°C di aumento, è del 55%. Come fare, dunque, per raggiungere la neutralità climatica?
Un nuovo superconduttore
Il report Usa sottolinea come “accelerando sull’adozione di veicoli a zero emissioni e sull’uso di elettricità prodotta da fonti rinnovabili” si potrebbe raggiungere la neutralità climatica nel 2057. Se invece si scegliesse una transizione più lenta, non si riuscirebbe a ottenere lo stesso effetto prima della fine del secolo. Un rischio da non correre. Una cosa è certa: per riuscire a limitare il riscaldamento globale dobbiamo radicalmente cambiare il nostro consumo energetico, superando la nostra dipendenza dai combustibili fossili. In sostanza, abbiamo tre opzioni: optare per fonti energetiche più pulite, ridurre il consumo e aumentare l’efficienza energetica.
Un team di ricercatori dell’Università di Rochester, ad esempio, sta lavorando alla realizzazione di un materiale superconduttore capace di funzionare a temperatura ambiente e a livelli di pressione ridotti. In un articolo pubblicato recentemente su Nature, i ricercatori parlano di una “svolta storica”, giungendo alla conclusione che il lutezio sia il metallo delle terre rare candidato per creare, nel prossimo futuri, un superconduttore a temperature e pressioni accettabili.
Le opinioni su questo studio e sulle metodologie adottate, però, sono ancora contrastanti. Certo, se confermato, potrebbe gettare le basi per l’adozione di massa dei superconduttori, rivoluzionando il mondo della tecnologia e dell’elettronica, con notevoli benefici sia in termini di costi che ambientali. È ancora presto per dirlo, ma in futuro potrà rappresentare una rivoluzione per le reti elettriche, per i trasporti – pensiamo ai treni a levitazione magnetica – per la tecnologia e le tecniche di imaging, come la risonanza magnetica. L’obiettivo dichiarato dagli autori dello studio è chiaro: “non avere più bisogno di strumenti come le batterie”.
Batterie al lito: un’innovazione tutta italiana
In attesa di comprendere se un tale soluzione sia praticabile e davvero sostenibile nel lungo periodo, le batterie restano però l’elemento centrale della svolta elettrica e, più in generale, di quella transizione ecologica che viene auspicata e incentivata anche dal Green Deal europeo.
A patto che abbiano una vita lunga e siano riciclabili, per recuperare i materiali presenti al loro interno, come litio e cobalto. Il riciclo delle materie prime contenute nelle batterie è sicuramente una priorità. Del resto, l’Europa – e così l’Italia – dipende in larga parte da paesi esteri, fornitori di materie prime critiche. Cina in primis, che da sola detiene oltre il 62% della produzione globale mineraria di terre rare, circa il 90% della produzione e il 36,6% delle riserve mondiali. Secondo il colosso tedesco Basf, entro 5-10 anni il riciclo potrà diventare la più importante forma di approvvigionamento di materiali.
Ne sanno qualcosa all’Università degli Studi di Brescia dove il team guidato dalla professoressa Elza Bontempi ha sviluppato una tecnologia brevettata per il riciclo delle batterie al litio, basata sulle microonde. Il progetto Tech4Lib per il recupero di metalli strategici, in collaborazione con l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, ha vinto lo scorso anno il prestigioso riconoscimento europeo “EIT-Raw Materials” come una delle più promettenti idee in ambito di economia circolare.
Il tema del riciclo delle batterie agli ioni di litio sarà sempre più cogente negli anni a venire, con il venir meno della disponibilità dei materiali e le necessità dettate dalla tutela dell’ambiente. Non solo: secondo i dati Erion, la domanda globale di batterie crescerà quasi di 20 volte entro il 2030 e la mobilità elettrica sarà responsabile del 95% della domanda di batterie. Ne abbiamo parlato proprio con la professoressa Bontempi, tra le 20 Top Italian Women Scientists Natural & Environmental Sciences e nella lista delle Unstoppable Women, le 1000 donne che stanno cambiando l’Italia. Il suo commento è stato lapidario: “La gestione di questi numeri con la produzione di batterie basata soltanto su materiali di nuova estrazione non è pensabile, oltre che dannosa per l’ambiente”.
[Di seguito l’intervista alla professoressa Elza Bontempi]
Come fare allora?
Le batterie al piombo-acido e agli ioni di litio sono al centro dell’attenzione per le sfide che si prospettano soprattutto nell’ambito dell’elettrificazione dei trasporti. Al termine della loro vita utile esiste già una filiera di riciclo per le batterie al piombo-acido, che arriva a recuperarne fino al 90%. Per le batterie agli ioni di litio, invece, in Europa siamo ad un tasso di recupero solo del 5%. A partire da Maggio 2023, il nuovo Regolamento Europeo delle batterie andrà a sostituire la vecchia Direttiva 2006/66/CE, con lo scopo proprio di accrescere il riciclo di materiali strategici e ridurre i possibili effetti nocivi sull’ambiente derivanti dalla gestione delle batterie esauste. Questo significa che percentuali minime di alcuni materiali provenienti da fonti riciclate dovranno essere obbligatoriamente presenti all’interno di molte batterie di nuova produzione.
E per quanto riguarda il recupero dei materiali?
Una maggiore autonomia riguardo alle materie prime critiche è una necessità sempre più crescente, e anche su questo l’Europa sta lavorando. Le strategie fondamentali, anche per rispondere alle sfide imposte dai diversi pilastri della sostenibilità, devono riguardare in primis il recupero dei materiali strategici contenuti nei rifiuti, specie dalle cosiddette miniere urbane. Secondo: sono necessarie soluzioni tecnologiche innovative, in cui l’utilizzo di materie critiche debba essere ridotto al minimo. Certo questa è una sfida molto complessa, ma che si deve anche basare su nuove strategie di progettazione, come l’ecodesign. Infine, può servire estrarre le materie prime disponibili in “casa”, anche se la normativa in proposito non aiuta e l’accettazione sociale di miniere locali non è attesa essere molto positiva.
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Lotta al surriscaldamento globale: il futuro è elettrico?
L’elettrificazione ha lo scopo di impiegare l’elettricità per diverse attività, legate alla mobilità, alle necessità pubbliche e residenziali (per esempio per il riscaldamento degli ambienti), industriali e agricole (come i sistemi integrati, che permettono la gestione efficiente delle risorse idriche). Queste attività sono generalmente soddisfatte oggi dai combustibili fossili. Per ridurre la produzione dei gas serra e, di conseguenza, limitare il riscaldamento globale estremo, quasi il 75% della produzione mondiale di elettricità dovrebbe provenire da fonti a basse emissioni. Attualmente l’eolico e il solare rappresentano solo il 6% del mix energetico globale. Per conseguire l’azzeramento delle emissioni nette, dunque, non sarà sufficiente intervenire solo sui trasporti (per esempio attraverso l’impiego di batterie agli ioni di litio, l’idrogeno verde e ferrovie a basse emissioni), ma anche sul settore residenziale e quello industriale, mediante l’elettrificazione dei processi produttivi.
Quali sono i vantaggi delle batterie agli ioni di litio?
Oggi rappresentano una delle tecnologie di accumulo di energia più avanzate. I vantaggi vanno dall’elevata densità di energia alla bassa autoscarica – ossia, la perdita di capacità delle batterie è molto inferiore rispetto alle batterie piombo-acido tradizionali -, dalla lunga durata all’ampia gamma di applicazioni. Ad esempio, possono essere installate su quasi tutti i dispositivi elettronici, dagli smartphone ai veicoli elettrici.
Quanto (e quando) è utile dare una seconda vita alle batterie?
È evidente che una volta che l’efficienza di una batteria scende sotto l’80%, essa diventa meno appetibile. Le procedure di rigenerazione e riconversione di batterie a ridotta efficienza sono complesse e non ancora convenienti. Ma, soprattutto, nel tempo le batterie di nuova generazione – sempre più efficienti – stanno portando il mercato a preferirle rispetto a batterie rigenerate. Ci sono però alcuni campi in cui è possibile pensare ad una seconda vita per le batterie che hanno perso efficienza, come per esempio per gli accumulatori industriali, utilizzati per immagazzinare l’energia prodotta da un impianto fotovoltaico od eolico, che deve essere utilizzata nei momenti di alta richiesta energetica. Altro esempio sono i gruppi di continuità, che possono essere impiegati per garantire continuità nell’erogazione della corrente anche in caso di black out.
E poi c’è il riciclo.
Nel caso di materie esauste il riciclo è fondamentale, perché esse possono contenere svariati metalli strategici, come nichel e cobalto. Attualmente vengono valorizzate solo alcune componenti delle batterie, e si fa ancora troppo poco soprattutto per le batterie agli ioni di litio. La mancanza di una strategia integrata per valorizzare tutte le componenti delle batterie è dovuta al fatto che esse sono matrici complesse, caratterizzate da una vasta gamma di materiali e componenti. Questo rende difficile valorizzare tutti i materiali di cui sono formate.
Voi state provando a farlo con il progetto Tech4Lib. In cosa consiste?
I processi attualmente impiegati per il recupero dei materiali da batterie esauste, come la metallurgia estrattiva e/o i trattamenti termici ad alta temperatura, risultano poco sostenibili e spesso non consentono di raggiungere i limiti fissati dalla nuova normativa sulle batterie, che punta a un recupero di almeno il 70% di litio nel 2030. Il progetto Tech4lib si propone la messa a punto di una tecnologia innovativa e sostenibile per il riciclo delle batterie, basata sull’utilizzo di microonde.
Quindi maggiore efficienza a costi ridotti.
Esatto. Grazie al supporto di un dispositivo brevettato dall’Università degli Studi di Brescia, con l’università Mediterranea di Reggio Calabria e con il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali, riusciamo a ottenere reazioni in grado di facilitare l’estrazione dei metalli con l’impiego di energie inferiori rispetto ai processi classici. Gli obiettivi sono in linea con le direttive europee sulla corretta gestione delle batterie e sull’implementazione di modelli di economia circolare. Parliamo della messa a punto di una tecnologia innovativa carbotermica a basso impatto ambientale per il recupero dei metalli preziosi da batterie al litio esauste e dell’utilizzo di acidi prodotti da scarti alimentari, piuttosto che di acidi commerciali, per il recupero dei metalli in soluzione. E ancora, la produzione di materiali riciclati di elevato interesse per il mercato allo scopo di potenziare la circolarità stimolando l’uso di materie prime seconde al posto del materiale vergine. Infine, la proposta di una valida soluzione al problema della scarsità di materie prime necessarie per la transizione energetica in Italia.
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