Secondo un’analisi di Carbon Brief, negli ultimi tre decenni, tra coloro che si occupano di redigere i rapporti del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) dell’ONU la percentuale di autrici e di persone del Sud del mondo è aumentata, ma è ancora inferiore a quella degli autori e delle persone proveniente Nord del mondo.
La questione di genere nei report dell’IPCC
L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), fondato nel 1988, pubblica regolarmente “rapporti di valutazione”, considerati i pilastri dell’informazione climatica a livello globale: i report sono infatti di vitale importanza per le classi dirigenti, per chi si occupa di ricerca scientifica e per le organizzazioni di tutto il mondo.
Ci troviamo nell’Antropocene, un’epoca in cui le azioni umane hanno un impatto predominante sull’ambiente terrestre. In questo contesto, la crisi climatica emerge come una delle sfide più urgenti e le discriminazioni di genere costituiscono un’ulteriore barriera che ne ostacola una risposta efficace a più livelli. Ad esempio, secondo lo studio di FP Analytics “le aziende con una maggiore diversità di genere nei consigli di amministrazione dal 2013 al 2018 avevano il 60%, 39% e 46% in più di probabilità rispetto a quelle senza, di ridurre rispettivamente l’intensità del consumo di energia, le emissioni di gas serra e il consumo di acqua”.
Superare questi ostacoli è quindi essenziale per garantire un futuro sostenibile per tutti e tutte.
Alla luce di queste considerazioni, soffermandosi sul primo rapporto di valutazione dell’IPCC pubblicato nel 1990, emergono dati allarmanti: appena l’8% delle firme era di donne, e meno del 20% di persone provenienti da istituzioni del Sud del mondo. Inoltre, il primo rapporto di valutazione, dedicato alle scienze climatiche, non contava una sola autrice.
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IPCC, disparità tra donne e uomini (e non solo) secondo Carbon Brief
L’analisi condotta da Carbon Brief evidenzia che, nel corso degli anni, la rappresentanza di autrici e di esperti provenienti dai paesi del Sud del mondo nei rapporti dell’IPCC è cresciuta: sono stati compiuti progressi significativi nella promozione della diversità e nella consapevolezza.
Infatti, nel ciclo di valutazione più recente si notano cambiamenti significativi: oltre il 30% sono autrici, e più del 40% proviene dai paesi del Sud, su un totale di oltre 700 tra autori e autrici.
Tuttavia, non abbiamo ancora raggiunto la parità rispetto al numero di autori, uomini e provenienti dai paesi del Nord.
È importante riconoscere anche che molte di queste esperte hanno dovuto affrontare sfide legate al carico di lavoro estremamente stressante e spesso insostenibile della gestione delle responsabilità domestiche e familiari, un lavoro di cura non retribuito. Questa problematica, che riflette ancora la difficile conciliabilità tra lavoro e maternità, può essere estremamente sfidante e richiede un supporto adeguato e politiche inclusive che tengano conto di queste condizioni di realtà.
L’IPCC tra Nord e Sud del mondo
Nel corso del tempo, la rappresentanza geografica all’interno dell’IPCC ha evidenziato notevoli disparità tra il Nord e il Sud del mondo. Gli autori e le autrici dei rapporti sono concentrati nei paesi del Nord, con Stati Uniti e Regno Unito in posizioni di rilievo. Al contrario, l’Africa è notevolmente sottorappresentata.
Tuttavia, un aspetto positivo è l’incremento dell’equilibrio geografico delle persone esperte coinvolte nei rapporti dell’IPCC. Questo progresso sottolinea la necessità di riconoscere e affrontare le disuguaglianze globali. Inoltre, la diversità geografica è fondamentale per una comprensione completa e giusta delle sfide climatiche, evidenziando la necessità di coinvolgere attivamente voci da tutto il mondo nel dibattito sul cambiamento climatico. Anche perché gli effetti della crisi climatica non affettano e non affetteranno in modo equo ed egualitario tutti i paesi del globo, questo è un fattore importante che deve essere preso in considerazione.
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Progressi e disuguaglianze resistenti
Nonostante i progressi significativi nel riconoscere il ruolo delle donne nel dibattito sui cambiamenti climatici, sussistono ancora barriere da affrontare.
Per affrontare queste sfide, l’IPCC ha istituito un ‘gender action team’ per implementare la Politica di Genere e promuovere azioni volte a migliorare l’equilibrio di genere all’interno dell’organizzazione. Il task group on gender ha rilevato che le donne hanno sperimentato in misura significativamente maggiore bias o discriminazioni di genere rispetto agli uomini in molti contesti. Un altro punto dolente è che le donne continuano ad essere sottorappresentate in ruoli chiave all’interno dell’IPCC: la leadership all’interno dell’organizzazione è stata storicamente dominata da uomini. Questo deve cambiare.
È possibile considerare come questi rapporti riflettano la complessità delle relazioni tra scienza, politica e ambiente. Una nota filosofa di nome Donna Haraway sottolinea l’importanza di riconoscere il contesto sociale, politico e culturale in cui si svolge la ricerca scientifica, e questo è particolarmente rilevante quando si esaminano i report dell’IPCC, che influenzano le politiche e le azioni sul clima a livello globale.
Oggi più che mai è necessario includere una varietà di prospettive nuove per comprendere ed elaborare soluzioni dei problemi globali come l’emergenza climatica, abbracciando l’alterità, la diversità di pensiero e di esperienza in un mondo interconnesso e complesso.
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