fbpx
venerdì, Novembre 15, 2024

Timidi sulle fossili, audaci sulle rinnovabili: i tagli del decreto Sostegni Ter non piacciono a nessuno

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Sostegni Ter, il governo intende avviare misure strutturali contro il caro bollette. Tra queste c’è un primo ma piccolo taglio dei sussidi ambientalmente dannosi. Nonché una riduzione degli extraprofitti per chi opera con le fonti rinnovabili

EconomiaCircolare.com
EconomiaCircolare.com
Redazione EconomiaCircolare.com

Come è noto, in questi giorni le attenzioni dei partiti sono puntate sulla cosiddetta partita del Quirinale, ovvero l’elezione del prossimo o della prossima presidente della Repubblica. Ma il governo Draghi è stato assorbito da un’altra trattativa, altrettanto viscosa: quella relativa al decreto Sostegni Ter, che prevede tra le altre cose le nuove misure previste per affrontare la crisi energetica e il conseguente rincaro delle bollette.

Il decreto era stati approvato in sede di Consiglio dei Ministri lo scorso 21 gennaio. Dopo giorni di rinvii e limature dell’ultimo momento, l’agognata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è arrivata soltanto nella giornata di ieri. Quello che è filtrato, però, ha avuto il dono di far scontenti tutti: sia i tifosi delle fonti fossili che quelli delle energie rinnovabili (più i secondi che i primi, a dirla tutta).

La linea l’aveva dettata il ministro alla Transizione Ecologica Roberto Cingolani lo scorso 18 gennaio, nel seguito dell’audizione in Parlamento incentrata proprio sulla strategia energetica. Dopo gli interventi trimestrali nel corso del 2021, volti a calmierare i rincari per famiglie e imprese e costati quasi 10 miliardi di euro, per il nuovo anno Cingolani ha annunciato l’avvio di misure strutturali. L’obiettivo è di recuperare altri 10 miliardi di euro, in questo modo: tre miliardi di euro dalla cartolarizzazione degli oneri di sistema sulle bollette, 1,5 miliardi dalle aste per i crediti di carbonio, 1,5 miliardi dalla riduzione degli incentivi sul fotovoltaico, da 1 a 2 miliardi dal taglio agli incentivi sull’idroelettrico, 1,5 dalla negoziazione a lungo termine delle rinnovabili. Insieme a queste misure Cingolani insiste sul raddoppio della produzione nazionale di gas.

Si tratta di misure che in parte col decreto Sostegni Ter potranno già entrare in funzione. E che però, appunto, sembrano già non piacere a nessuno.

Leggi anche: Tassonomia, sul gas l’Italia chiede meno rigore all’Europa

I timidi tagli ai Sussidi Ambientalmente Dannosi

Nella prima bozza circolata del Decreto Sostegni Ter, all’art.17 era possibile leggere soltanto il titolo, che reca la dicitura “Riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi”. Per chi mastica le trattative politiche, era chiaro il segnale: c’è la volontà ma manca ancora l’accordo.

I Sussidi Ambientalmente Dannosi (noti con l’acronimo Sad) sono, come scrive un report di Sbilanciamoci, “sussidi alle imprese e alle famiglie che sostengono in modo diretto o indiretto un’attività che reca un danno all’ambiente, contravvenendo al principio del chi inquina paga. Questo può avvenire tramite l’emissione diretta di sostanze inquinanti, l’incentivo all’uso di mezzi di trasporto con elevati costi esterni o anche favorendo, a monte, la produzione di energia da mix produttivi poco sostenibili. I Sad rappresentano dunque un costo per la società, perché alterano le decisioni di spesa di imprese e consumatori mettendo pressione sulle risorse e sull’ambiente”.

Secondo l’ultimo report di Legambiente, la cifra complessiva è di 35,7 miliardi di euro. Di questi, più del 90% vanno alle fonti fossili. Intervenire sui Sad, dunque, sarebbe utilissimo in questo frangente – anche perché della loro eliminazione graduale si dibatte comunque da tempo. A tal proposito fonti di Palazzo Chigi hanno specificato che dai primi tagli, previsti nel Sostegni Ter, “deriveranno risorse pari a 105,86 milioni di euro annui a partire dal 2022 destinate al finanziamento delle misure di contenimento dei costi delle bollette dell’energia elettrica”.

Come ha fatto notare Il Fatto Quotidiano, un intervento di 105,86 milioni di euro su oltre 30 miliardi è un “taglio poco più simbolico”. Qualcosa da cui cominciare, certamente, che costituisce però appena lo 0,3% del totale e dunque incide pochissimo sui costi della bolletta e sulla riduzione dell’impatto ambientale. In ogni caso nella versione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, quindi quella che entra in funzione a partire da oggi, scompare qualsiasi riferimento alle cifre. Restano soltanto i rimandi a leggi precedenti.

Leggi anche: “No all’ossessione del metano, le soluzioni energetiche ci sono già”. Intervista al prof. Balzani

Le modifiche ai Sad

Se nella nuova versione dell’articolo 18 del Sostegni Ter e relativo ai Sad sono scomparsi i numeri e le stime economiche, vengono invece stabiliti gli ambiti in cui verrano definite le riduzioni dei sussidi ambientalmente dannosi. In particolare con il comma 1 si sopprime la riduzione dell’accisa per i carburanti utilizzati nel trasporto ferroviario di persone e merci. L’agevolazione incentivava l’utilizzo di gasolio per la trazione ferroviaria, nonostante le alte emissioni di questa scelta energetica. In questo modo, invece, il governo corre finalmente ai ripari e, seppur implicitamente, mostra di preferire le alternative a basse emissioni come l’idrogeno e l’elettrico.

Inoltre si sopprime l’esenzione dall’accisa sui prodotti energetici impiegati per la produzione di magnesio da acqua di mare. Secondo la relazione illustriva al Sostegni ter, “l’esenzione dell’accisa sui prodotti energetici utilizzati nella produzione di magnesio da acqua di mare crea una disparità nell’applicazione del principio “chi inquina paga”, con effetti dannosi per l’ambiente associati al consumo di combustibili fossili. Il sussidio incoraggia implicitamente l’uso del combustibile di origine fossile, a detrimento di alternative meno impattanti sulla salute umana e sull’ambiente, in quanto il trattamento fiscale favorevole invia agli operatori di mercato un distorto segnale di prezzo della materia energetica non rinnovabile, fallendo nella copertura dei costi esterni, che rimangono in capo alla società”.

Il comma 2 dell’art.18, invece, prevede la soppressione della riduzione accise sui prodotti energetici per le navi che fanno esclusivamente movimentazione all’interno dei porti italiani. Lo scopo della legge era quella di attrarre operatori dagli altri porti del Mediterraneo per lo svolgimento di queste attività. Tuttavia ciò ha favorito maggiori movimentazioni e dunque maggiori emissioni.

Il comma 3 dell’art.18, infine, esclude l’impiego delle risorse del Fondo per la crescita sostenibile per i progetti di ricerca, sviluppo e innovazione nei settori del petrolio, del carbone e del gas naturale. E probabilmente è questa la misura più importante. Non tanto per l’entità del finanziamento totale – più di 4,2 miliardi di euro fino al 2023 – quanto per il segnale che si intende dare: il governo dichiara, almeno in parte, che non intende foraggiare ricerca e sviluppo sulle fonti fossili.

Leggi anche: Neutralità climatica al 2050? “L’Ue riduca i 176 miliardi di sussidi alle fossili”

Riduzione degli extraprofitti per le rinnovabili

Ancor più discusso, poi, è stato l’intervento sulle rinnovabili o, meglio, la riduzione degli incentivi. Più precisamente all’art.16 del decreto Sostegni Ter si legge che “a decorrere dalla data del 1° febbraio 2022 e fino alla data del 31 dicembre 2022, sull’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici di potenza superiore a 20 kW che beneficiano di tariffe fisse derivanti dal meccanismo del Conto Energia, non dipendenti dai prezzi di mercato, nonché sull’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonte idroelettrica, geotermoelettrica ed eolica che non accedono a meccanismi di incentivazione, è applicato un meccanismo di compensazione a due vie sul prezzo dell’energia”.

In pratica si chiede di restituire ai produttori di energia “green”, per tutto l’anno, la differenza tra i prezzi che si verificheranno sul mercato e l’equa remunerazione individuata da Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia, le reti e l’ambiente. Una sorta di tassa sugli extraprofitti, della quale aveva parlato il premier Mario Draghi a dicembre, e che però si applica solo alle fonti rinnovabili nonostante la causa principale dell’aumento delle bollette sia l’aumento spropositato del prezzo del gas. Non sorprende, dunque, la presa di posizione di Italia Solare: in una lettera scritta a Draghi il 24 gennaio, l’associazione che promuove soprattutto il fotovoltaico scrive che la bozza di decreto, nonostante le passate sollecitazioni di Italia Solare, “modifica accordi pregressi a cui gli operatori hanno fatto legittimo affidamento, cambiamento ancora più inaccettabile considerando che non vi è stata alcuna consultazione con gli operatori”. Inoltre, sempre secondo l’associazione, in questo modo “si  “lascia (paradossalmente) alle sole rinnovabili l’onere di risolvere economicamente i danni causati dalle stesse fossili”.

Malumori, infine, sono filtrati pubblicalmente anche da parti della stessa maggioranza parlamentare che sostiene il governo. È il caso ad esempio di Pietro Girotto, portavoce del M5s in Senato. In un post dal titolo esplicativo “Per il caro bollette paghino anche le fossili”, il senatore aveva scritto che le scelte del Decreto Sostegni Ter erano “incongruenti” e che siamo di fronte a una “politica energetica contraddittoria rispetto alle necessità, che va contro la transizione ecologica e non risolve alla radice il problema”. Girotto aveva poi promesso che ci sta adoperando  “affinché i sacrifici siano condivisi anche dagli altri e non siano scaricati solo sulle rinnovabili”. Una promessa che al momento, coi partiti concentrati sul Quirinale, sembra essersi arenata. Il tema della transizione energetica, tra responsabilità e costi, resta però urgente.

Leggi anche: lo Speciale sulle Comunità energetiche

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie