Se il mondo della sostenibilità e tutte le norme e le nozioni che porta con sé cambia ad una velocità incessante, è bene di tanto in tanto fermarsi per mettere a fuoco gli strumenti che un’azienda ha per stare al passo con questa evoluzione.
Uno di questi è il bilancio di sostenibilità, uno strumento chiave di gestione a supporto delle decisioni e della comunicazione interna ed esterna del valore generato per gli stakeholder negli ambiti ESG (environment, social and governance).
A tracciarne un quadro chiaro e ad inserirlo all’interno del contesto normativo è stato Simone Corazzina, consulente e coordinatore dell’area di sostenibilità di IPLUS, nel corso di “Green Marketing e Strategie di Comunicazione per la Sostenibilità”, il percorso formativo organizzato da EconomiaCircolare.com e pensato per acquisire le competenze utili a promuovere le azioni mirate alla sostenibilità di realtà aziendali appartenenti a diversi settori economici. Il docente non solo ha aiutato a definire il concetto di sostenibilità e a capire come comunicare nel modo corretto evitando il greenwashing ma ha anche fornito una panoramica degli elementi e degli step che occorrono per realizzare un bilancio di sostenibilità.
Il ruolo degli stakeholder
Il primo punto da considerare è che non è possibile fare un bilancio di sostenibilità senza tener conto degli interessi e dell’influenza degli stakeholder: l’interesse è quanto, in pratica, gli stakeholder sono interessati all’attività dell’azienda, e l’influenza è quanto la loro attività influenza le imprese.
Dal punto di vista delle imprese, è infatti cambiato il paradigma: si è passati dagli shareholder, cioè gli azionisti, ad un sistema imprenditoriale che è concentrato sugli stakeholder appunto quindi su tutti i portatori di interesse, che non sono più solo gli azionisti, ma contano anche istituzioni, competitor, clienti, dipendenti, fornitori e media.
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Perché fare un bilancio di sostenibilità?
Le ragioni che spingono a redigere un bilancio di sostenibilità e a comunicarlo possono essere molteplici: si va dalla risposta alla norma che lo richiede, alla funzione comparativa, quando cioè gli investitori si trovano a comparare determinate aziende non solo da un punto di vista finanziario e prendono quindi in considerazione anche questi aspetti.
Ma può essere anche uno strumento di persuasione nei confronti degli stessi investitori, per convincerli di avere “qualcosa in più” rispetto ai competitor. Infine può essere più semplicemente una risposta a quelli che sono gli interessi degli stakeholder.
Tutti i vantaggi di un bilancio di sostenibilità
I vantaggi di avere a disposizione un bilancio di sostenibilità sono molti, sia interni che esterni all’azienda. Da un punto di vista interno, se fatto con criterio, questo strumento può generare anche un senso di appartenenza, dato da una condivisione di valori, un morale più alto di lavoratori e lavoratrici, e un maggiore spirito di squadra e di collaborazione.
“Il bilancio di sostenibilità – spiega Corazzina – è uno dei migliori strumenti di analisi delle aziende perché permette di guardare un’azienda a 360 gradi e fare una sorta di radiografia d’impresa perché analizza tutti gli aspetti legati non solo alla parte ambientale, ma anche a quella economica e sociale”.
Si ha inoltre un miglioramento d’immagine e della reputazione aziendale perché evidenzia la volontà di essere trasparenti rispetto al mercato: questa rende l’azienda attrattiva sia per gli investitori che per il consumatore finale, sempre più attento alle tematiche ambientali.
Per quel che riguarda i vantaggi esterni può attrarre nuovi clienti ma anche migliorare le relazioni esistenti e future, ad esempio con le banche.
Cosa guida il bilancio di sostenibilità?
I tre driver che guidano un bilancio di sostenibilità sono la finanza, la normativa ed il mercato.
“La finanza – precisa – è stata la prima a porre attenzione ai bilanci e alle richieste di sostenibilità, al di là dei prodotti come i green bond. Ci sono le richieste che le istituzioni di credito fanno alle imprese per la sostenibilità perché a sua volta sono soggette al secondo pilastro, ovvero la normativa”.
La normativa che riguarda la sostenibilità è aumentata esponenzialmente negli ultimi due anni, e soprattutto nell’ultimo anno stiamo assistendo ad un cambiamento che il docente non esita a definire “epocale”.
A guidare il settore è in particolare la Direttiva sul reporting di sostenibilità aziendale della Commissione europea, nota anche con l’acronimo CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), si tratta di una direttiva che prevede la comunicazione di un reporting di sostenibilità. Si pone infatti l’obiettivo di consentire l’accesso da parte di investitori e stakeholders ad un’informativa sulla sostenibilità, per singola impresa o gruppo, maggiormente dettagliata, chiara e quanto più possibile standardizzata ed esaustiva. Entrata in vigore il 5 gennaio 2023, avrebbe dovuto essere recepita da parte degli Stati membri entro il 6 luglio 2024, ma si concederà più tempo alle imprese per prepararsi in vista dei principi europei di rendicontazione di sostenibilità (ESRS) settoriali e dei principi specifici per imprese di grandi dimensioni di paesi terzi che saranno adottati a giugno 2026, due anni dopo rispetto alla data inizialmente prevista.
L’altro driver è il mercato. “Il consumatore finale – chiarisce Corazzina – è cambiato, i giovani in particolare sono molto più attenti a come acquistano, a cosa acquistano quindi anche le imprese stanno cambiando. È anche un megatrend: oggi c’è l’intelligenza artificiale, fino a ieri c’era la sostenibilità. È anche per questo che è intervenuta l’Unione europea per evitare che si creino quelle situazioni scomode di greenwashing”.
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Come realizzare un bilancio di sostenibilità
Ma come avviene nella pratica la redazione e quali sono gli step per realizzare un bilancio di sostenibilità?
Parte tutti dai primi incontri: vengono coinvolti tutti i manager e i dirigenti che devono avere una cultura relativamente alla sostenibilità d’impresa. Il bilancio non può essere dunque relegati solo al reparto marketing o comunicazione. Non a caso, uno degli aspetti della sostenibilità è anche la “governance”, quindi tutto ciò che riguarda gli aspetti organizzativi, la strategia, il risk management; aspetti a loro volta riportati nel bilancio di sostenibilità.
Dopodiché si passa alla formazione dei dipendenti, che possono essere impiegati o operai, e di tutte le persone che poi verranno coinvolte nella redazione del bilancio di sostenibilità. La formazione deve essere estesa a tutti perché tutti saranno coinvolti. Come precisa Corazzina, i dati non possono essere in capo ad un’unica persona perché è impossibile che una persona si dedichi a raccogliere tutti i dati in maniera autonoma, deve esserci invece una figura di riferimento che faccia da collante per arrivare poi alle altre fasi.
Solitamente nella redazione di un bilancio di sostenibilità viene creato un comitato, a volte includendo anche esperti esterni, ad esempio uno studio di ingegneri esterno che si occupi del calcolo della carbon footprint.
Un altro step fondamentale è l’individuazione da parte dell’azienda dei propri stakeholder, perché è per loro, in sostanza, che si sta facendo il bilancio.
Troviamo poi la cosiddetta analisi di materialità, che è il cuore del bilancio di sostenibilità: analizza come si costruisce il bilancio di sostenibilità perché il concetto di materialità fa riferimento a quella rilevanza. Per comprendere il concetto può essere utile l’esempio riportato dal docente: un’acciaieria che nel suo report di sostenibilità ha un grande focus sulla digitalizzazione all’interno degli uffici e sull’eliminazione della carta ha ovviamente qualcosa che non va nella sua analisi di materialità perché ha lasciato fuori tutta la parte di emissioni, consumo energetico, e approvvigionamento delle materie prime.
“Negli anni – spiega Corazzini – si interrogavano gli stakeholder per chiedere in sostanza cosa volevano che gli si raccontasse in termini di sostenibilità, ad esempio le emissioni o l’energia. Con l’aggiornamento del 2021 del Global Reporting Initiative (GRI) – il principale standard di sostenibilità a livello internazionale, ndr – e con l’avvento della Direttiva CSRD, ci si concentra invece sul concetto di impatto, che è negativo ma può essere anche positivo, e può potenziale”.
Una volta verificati i propri impatti è buona prassi chiedere il coinvolgimento degli stakeholder per sapere, in sostanza, se anche secondo loro sono i temi più rilevanti per l’azienda.
“Se – prosegue Corazzini – la suddetta acciaieria ha identificato che come suo tema rilevante la digitalizzazione degli uffici e chiede conferma agli stakeholder, che invece gli dicono che non gli interessa, allora l’azienda dovrà concentrarsi ad esempio sulle emissioni”. Ad oggi, insomma, quello che si chiede agli stakeholder è più una conferma e non più un’opinione iniziale.
Una volta definiti quelli che sono i temi rilevanti si possono iniziare a raccogliere i dati e costruire il bilancio e qui i GRI fornisce gli standard, cioè delle indicazioni da un punto di vista ambientale e sociale. Alcuni dati che possono trovarsi in un bilancio di sostenibilità sono: il consumo energetico, il consumo di materiali, il quantitativo di rifiuti prodotti, quanti uomini e donne ci sono in azienda e la provenienza dei fornitori.
Si passa infine alla stesura, una fase chiave perché il focus è sulla comunicazione: nel bilancio di sostenibilità non può esserci uno standard di rendicontazione perché è tarato sulla mappatura degli stakeholder. Se, ad esempio, l’intento è realizzare un bilancio per rispondere alla richiesta di una banca sarà necessario presentare un documento che ha una certa serietà, concretezza e che è scritto in un linguaggio adeguato. Mentre se il mio target è il mercato e magari sono un’azienda digital di comunicazione allora posso azzardare e spingere su una parte comunicativa più pop. Anche in quest’ultima fase dunque gli stakeholder giocano, ancora una volta, un ruolo chiave.
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