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domenica, Ottobre 6, 2024

“L’estrazione di risorse naturali è fuori controllo”: l’allarme dell’ONU

Il consumo di materie prime crescerà del 60% entro il 2060. Con conseguenze disastrose su clima e ambiente. Secondo l’Unep ridurre il consumo di risorse è la priorità assoluta, piuttosto che orientare la produzione verso la crescita green. Ecco cosa emerge dall’ultimo Global Resource Outlook

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

L’estrazione di risorse naturali dalla Terra è triplicata negli ultimi cinque decenni, in relazione alla massiccia costruzione di infrastrutture in molte aree del mondo e agli alti livelli di consumo di materiali, soprattutto nei Paesi a reddito medio-alto. E si prevede che il consumo globale di materie prime aumenterà del 60% entro il 2060, con conseguenze disastrose per il clima e l’ambiente.

La crescita dell’uso delle risorse dal 1970 è passata da 30 a 106 miliardi di tonnellate, ovvero da 23 a 39 chilogrammi di materiali utilizzati in media per persona al giorno. L’estrazione di risorse naturali è aumentata di quasi il 400% dal 1970 a causa dell’industrializzazione, dell’urbanizzazione e della crescita demografica. Sono alcuni dei dati contenuti nel Global Resource Outlook sviluppato dall’International Resource Panel per il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep).

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L’impatto ambientale è enorme

Secondo il rapporto, lo sfruttamento dei materiali naturali della Terra è già responsabile del 60% dell’impatto del riscaldamento globale, compreso il cambiamento di destinazione d’uso dei terreni, del 40% dell’impatto dell’inquinamento atmosferico e di oltre il 90% dello stress idrico globale e della perdita di biodiversità legata ai terreni. Tutto ciò, sostengono gli autori del rapporto, “potrebbe far deragliare gli sforzi per raggiungere non solo gli obiettivi globali in materia di clima, biodiversità e inquinamento, ma anche la prosperità economica e il benessere umano”.

L’estrazione e la lavorazione della biomassa (ad esempio le colture agricole e la silvicoltura) sono responsabili del 90% della perdita di biodiversità e dello stress idrico legati alla terra, nonché di un terzo delle emissioni di gas serra. Analogamente, l’estrazione e la lavorazione dei combustibili fossili, dei metalli e dei minerali non metallici (sabbia, ghiaia, argilla) rappresentano insieme il 35% delle emissioni globali.

La portata degli impatti legati al modo in cui le risorse materiali vengono estratte e lavorate per la nostra economia globale è spaventosa: causa oltre il 55% delle emissioni di gas serra, fino al 40% degli impatti sulla salute legati al particolato, e più del 90% della perdita totale di biodiversità legata all’uso del suolo, che è il perno di ecosistemi in salute e, dunque, della vita sulla Terra.

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Alla base c’è un problema di iniquità a livello planetario

Il problema del consumo eccessivo di risorse, fa notare il report, è fondamentalmente legato a un contesto di marcata disuguaglianza a livello globale. I Paesi a basso reddito consumano sei volte meno materiali e generano un impatto climatico dieci volte inferiore rispetto a chi vive nei Paesi ad alto reddito. Di contro, i Paesi a reddito medio-alto hanno più che raddoppiato l’uso delle risorse negli ultimi cinquanta anni, come conseguenza della loro crescita infrastrutturale e alla delocalizzazione di processi ad alta intensità di consumo di risorse. Mentre l’uso pro capite delle risorse e i relativi impatti ambientali nei Paesi a basso reddito è rimasto relativamente basso e quasi invariato dal 1995.

Per questo il rapporto invita a dare la priorità alle misure di equità e giustizia sociale rispetto all’esclusiva ricerca della crescita del Pil e propone di intervenire per ridurre la domanda complessiva piuttosto che aumentare semplicemente la produzione green. “Non dobbiamo accettare che il soddisfacimento dei bisogni umani debba essere ad alta intensità di risorse e dobbiamo smettere di incoraggiare lo sviluppo economico basato sull’estrazione. Con un’azione decisa da parte dei politici e del settore privato è possibile garantire una vita dignitosa a tutti senza che questo danneggi la Terra”, ha dichiarato Janez Potonik, copresidente dell’International Resource Panel durante la presentazione dello studio.

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Ridurre il consumo di risorse è la priorità

“La triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento deriva da una crisi di consumo e produzione insostenibile. Dobbiamo lavorare a fianco della natura, invece di limitarci a sfruttarla”, ha aggiunto Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’Unep. “Ridurre l’intensità di utilizzo delle risorse nei settori dei trasporti, abitazioni, alimentazione ed energia – ha aggiunto – è l’unico modo per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU e, in ultima analisi, un pianeta giusto e vivibile per tutti”.

Ci potranno essere casi, tuttavia, in cui per garantire l’equità nello sviluppo economico delle nazioni a basso reddito l’uso di risorse debba crescere: secondo gli autori del rapporto si possono comunque mettere in atto strategie per massimizzare il valore di ogni unità di risorsa utilizzata e soddisfare i bisogni umani in modo che non siano ad alta intensità di risorse, così da garantire che i benefici del loro utilizzo superino il tasso di estrazione e gli impatti ambientali e sanitari rimangano in linea con gli obblighi internazionali in materia di clima, biodiversità e sostenibilità.

Invece, dove i livelli di consumo sono molto elevati, l’attenzione deve essere concentrata in primo luogo sulla riduzione dei consumi di risorse e materiali, puntando inoltre all’uso efficiente delle risorse dove non sia possibile fare altrimenti. Un’azione sinergica del genere, in base alle stime dell’Unep, avrebbe il potenziale di ridurre di circa il 30% il consumo globale delle risorse, facendo crescere l’economia globale, migliorando la qualità della vita senza superare i limiti imposti dai confini planetari.

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Esempi su come ridurre la domanda nei trasporti e nelle abitazioni

I veicoli elettrici, ad esempio, utilizzano una quantità di materie prime critiche quasi dieci volte superiore a quelle delle auto convenzionali, e per raggiungere le emissioni nette zero nei trasporti entro il 2050 sarebbe necessario aumentare di sei volte l’estrazione dei minerali critici entro quindici anni. Secondo il rapporto lo smartworking, migliori servizi locali e soluzioni di trasporto a basse emissioni di carbonio, come biciclette e treni, potrebbero essere efficaci quanto l’aumento della produzione di veicoli elettrici nel soddisfare le esigenze di mobilità delle persone, con impatti ambientali però meno dannosi dal lato dei consumi.

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Gran parte della crisi abitativa europea potrebbe essere risolta razionalizzando l’uso delle case disabitate, degli spazi sottoutilizzati e incoraggiando una vita più incentrata sulla comunità, piuttosto che costruire più case su nuovi terreni, sostiene il documento. Questo tipo di “efficienza sistemica delle risorse” ha il potenziale di aumentare l’equità e ridurre le emissioni di gas serra di oltre l’80% entro il 2060 rispetto ai livelli attuali. Secondo il rapporto, il fabbisogno di materiali ed energia per la mobilità potrebbe essere ridotto di oltre il 40% e quello per l’edilizia di circa il 30%.

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Passare dall’economia lineare all’economia circolare

Creare soluzioni circolari, efficienti dal punto di vista del consumo di risorse e a basso impatto, e modelli di business che prevedano la riduzione dei rifiuti, l’ecodesign, il riutilizzo, la riparazione e il riciclo per raggiungere uno scenario di consumo sostenibile, assicurandosi che i consumatori abbiano accesso e siano in grado di permettersi beni e servizi sostenibili, rappresentano un ulteriore strumento per raggiungere l’utilizzo efficiente delle risorse nel breve e medio termine.

Tali strategie consentono di mantenere più a lungo il valore dei prodotti e dei materiali nell’economia, riducendo quindi la necessità di estrazione di materiali vergini e la produzione di rifiuti e migliorandone la gestione stessa. Per essere davvero efficaci, tuttavia, queste misure devono essere accompagnate da una regolamentazione che disincentivi o vieti le opzioni ad alta intensità di risorse (come i prodotti di plastica monouso).

Accelerare nell’economia circolare è necessario anche per i Paesi considerati all’avanguardia in questo ambito. “I risultati ottenuti finora non sono all’altezza delle aspettative e le azioni intraprese potrebbero non dare priorità alle misure di maggiore impatto”, si legge all’interno del report. “Gli assetti normativi devono favorire i modelli di business dell’economia circolare e promuovere lo sviluppo di approcci innovativi che potrebbero poi funzionare su larga scala, oltre alla necessità di migliorare il monitoraggio e la valutazione dei risultati delle misure già messe in atto”.

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La finanza deve cambiare e diventare sostenibile

Se la crescita economica è il principale stimolo al consumo di risorse, dall’economia possono arrivare anche soluzioni, sostiene Potonik. Naturalmente a certe condizioni. “La decarbonizzazione senza disaccoppiare la crescita economica e il benessere dall’uso delle risorse e dagli impatti ambientali non è una risposta convincente e l’attenzione attualmente prevalente sul lato dell’offerta deve essere integrata da misure sul lato della domanda”, spiega ancora il copresidente dell’International Resource Panel .

E dunque: orientare la finanza verso l’uso sostenibile delle risorse, riconoscendo i costi reali delle risorse nella struttura dell’economia attraverso sussidi, regolamenti, tasse, incentivi, infrastrutture e pianificazione. Incanalare la finanza privata verso l’uso sostenibile delle risorse e incorporare il rischio legato alle risorse nei mandati delle banche pubbliche e centrali. Rendere il commercio un motore dell’uso sostenibile delle risorse creando condizioni di parità in cui i veri costi ambientali e sociali dei beni siano riconosciuti nei prezzi.

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Gli effetti di questi cambiamenti sul consumo di risorse

Se attuate congiuntamente, queste politiche finora elencate possono trasformare l’ambiente urbano, la mobilità, i sistemi alimentari ed energetici, determinando un aumento delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, la decarbonizzazione della produzione di materiali, città percorribili a piedi e in bicicletta con migliori trasporti pubblici e opportunità di lavoro a distanza, nonché una riduzione degli sprechi e dei rifiuti alimentari.

I Paesi ad alto e medio reddito andrebbero incontro a un cambiamento della dieta con la riduzione di consumo di proteine animali e città meno estese, mentre le economie a basso reddito registrerebbero un aumento dell’uso delle risorse per consentire una vita dignitosa. Secondo le proiezioni, questi cambiamenti sistemici porterebbero inizialmente al picco nell’estrazione delle risorse entro il 2040, per poi ridurne l’uso a un quinto rispetto ai livelli del 2020 entro il 2060.

Le emissioni di gas serra diminuirebbero di oltre l’80%, le scorte di materiali per il trasporto e per l’edilizia calerebbero rispettivamente del 50% e del 25% e l’uso del suolo per l’agricoltura scenderebbe del 5%. Contemporaneamente, la produzione alimentare aumenterebbe del 40%, per sostenere la sicurezza alimentare, l’economia globale crescerebbe del 3% e l’indice di sviluppo umano migliorerebbe del 7%, incrementando i redditi e il benessere.

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