C’è sicuramente bisogno di biodiversità per un’economia realmente circolare, ma è vero anche il contrario? Le risposte degli esperti non concordano. Mentre alcuni studiosi hanno dimostrato che la protezione della biodiversità è raramente menzionata nella teoria e nella politica dell’economia circolare, Laxmi Adrianna Haigh e Noah Baars di Circle Econonomy sono invece convinte della forte interconnessione esistente tra le due realtà.
“Per affrontare le attuali sfide sociali bisogna dare priorità alle risorse rinnovabili – spiegano – Ed è qui che entra in gioco l’economia circolare perché uno dei suoi principi fondamentali è ‘preservare il valore di ciò che è già presente’; preservare la biodiversità è quindi una priorità assoluta”.
Oltre la metà del PIL globale dipende dalla natura e dai servizi che fornisce, con tre settori economici chiave – edilizia, agricoltura e cibo – tutti fortemente dipendenti da essa. Inoltre, il rapporto tra agricoltura, silvicoltura, pesca e biodiversità è ancora più evidente e va ben oltre il PIL.
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È chiaro a tutti, infatti, come un numero maggiore di alberi o abbondanti stock ittici viventi aumentino direttamente i tassi di biodiversità di alcune specie. Ma allo stesso modo, l’economia circolare – riducendo lo spreco alimentare – protegge le foreste dalla conversione agricola, contribuendo così direttamente alla conservazione della biodiversità.
Dunque, le soluzioni di economia circolare non sono in grado di impedire da sole il catastrofico collasso della biodiversità, ma possono dare un contributo importante.
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L’economia circolare per la biodiversità
La natura si sta “ritirando” in tutto il mondo. Circa un milione di specie è in pericolo di estinzione e poiché nessuno degli obiettivi sanciti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità, è stato pienamente raggiunto, è urgente intervenire per invertire la tendenza.
E non sono soltanto le specie ad essere a rischio, ma anche molti dei benefici forniti dagli ecosistemi, come il controllo del clima, l’approvvigionamento del cibo, le risorse genetiche per farmaci e biotecnologie.
Il 90 per cento della perdita di biodiversità è causata dal modo in cui estraiamo e trattiamo i materiali, i combustibili e gli alimenti. È il risultato di quella che tutti conosciamo come economia lineare.
“Abbiamo progettato noi quell’economia. La buona notizia è che possiamo anche ridisegnarla.” Sono le parole di Tim Forslund, esperto di economia circolare per la biodiversità al Sitra, che spiega anche come “l’economia circolare fornisca alcuni degli strumenti più efficaci, affrontando le cause profonde della perdita di biodiversità e ottenendo più valore da ciò che abbiamo già.”
E lo fa attraverso azioni che si trovano in cinque aree chiave, elencate anche nella Convenzione sulla diversità biologica (CBD): produzione più sostenibile di beni e servizi, in particolare cibo (alternative a prodotti di origine animale e agricoltura rigenerativa); consumi e sprechi ridotti (modelli circolari); azioni su inquinamento e sovrasfruttamento (riciclaggio, concetto di “proprietà”); mitigazione del cambiamento climatico (riutilizzo di alluminio e acciaio, riduzione degli sprechi alimentari e edilizia); una migliore conservazione degli ecosistemi (ripristinare e rigenerare).
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Biodiversità ed economia circolare: strategie differenti e obiettivi comuni
Sebbene fondamentalmente allineate per ciò che concerne gli obiettivi, dall’estrazione delle risorse al cambiamento climatico, biodiversità ed economia circolare sembrano però divergere in tema di strategie.
Gli obiettivi della circular economy, ovvero frenare l’estrazione delle risorse e riutilizzarle, supportano la conservazione della biodiversità, ma in alcuni casi possono avere anche un impatto negativo.
Ad esempio, il graduale allontanamento dalle fonti di energia non rinnovabili ha fatto sì che molti produttori ripiegassero su materiali a base biologica, come le bioplastiche, che da un lato sono input ideali per sistemi più circolari, ma dall’altro sono spesso prodotte attraverso la monocoltura in aree deforestate con l’utilizzo di fertilizzanti sintetici. Un’attività che riduce attivamente la biodiversità contribuendo al 90 per cento della perdita creata dal modo in cui estraiamo materiali, combustibili e cibo.
Ciononostante, “che l’obiettivo primario di un’azienda sia la sostenibilità, la biodiversità o l’economia circolare, ciò che conta di più è un orientamento allineato di queste soluzioni – spiega Lauren Phipps, direttore e senior analyst al Circular Economy GreenBiz Group – Né l’economia circolare né la conservazione della biodiversità sono fini a sé stesse. Questi sono mezzi per spingerci verso un’economia pulita e resiliente, comunità eque e prospere e un pianeta sano”.
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