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domenica, Dicembre 15, 2024

Ecco come, filiera per filiera, l’economia circolare può contrastare la crisi climatica

In un report dell’Alleanza italiana per l’economia circolare viene misurata l’impronta carbonica delle diverse filiere produttive (dal food alla moda alle costruzioni) e vengono indicate le misure che possono contribuire a ridurla promuovendo l’economia circolare

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Redazione EconomiaCircolare.com

La riduzione delle emissioni di gas serra e il contrasto alla crisi del clima sono tra gli obiettivi strategici globali, non solo dell’Europa ma per tutti i grandi inquinatori, e come questo magazine ha già rilevato, l’economia circolare è un pezzo delle strategie da mettere in campo. Un recente rapporto dell’Alleanza per l’economia circolare (il terzo quaderno “Fare economia circolare”), in vista della COP26 di Glasgow, è dedicato proprio a questo: “Economia circolare e mitigazione del cambiamento climatico”.

Pubblicato il 24 settembre scorso e realizzato a cura di Agici Finanza d’Impresa, il report dell’Alleanza per l’economia circolare (A2A, Aquafil, Bvlgari, Cassa Depositi e Prestiti, CIRFOOD, Costa Crociere, Enel, ERG, FaterSMART, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, Gruppo Hera, Intesa Sanpaolo, NextChem, Novamont, Salvatore Ferragamo, TH-Resorts e Touring Club Italiano), partendo da ricerche scientifiche e documenti ufficiali dell’Unione europea descrive l’impatto carbonico di alcune filiere ritenute più rilevanti, e indica alcune soluzioni da mettere in capo. Vediamole.

La parola alla scienza

Il più recente rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) è solo l’ultimo di una serie di documenti che ribadiscono come l’attività umana abbia inequivocabilmente causato il riscaldamento di atmosfera, mari e terre, e come sia già stato ampiamente superato un aumento di 1°C della temperatura superficiale terrestre rispetto al periodo preindustriale. Sempre l’IPCC ci dice che le politiche di riduzione delle emissioni attualmente in atto non saranno sufficienti a contenere il riscaldamento della superficie terrestre entro i 1,5° C.

L’impegno dell’Europa: economia circolare contro la crisi climatica

Sono numerosi i documenti ufficiali europei che evidenziano l’intreccio tra riduzione delle emissioni ed economia circolare. Il 2030 Climate Target Plan, documento di supporto all’introduzione dei nuovi obiettivi europei fissati nel 2020, spiega come il raggiungimento della circolarità possa portare a ridurre la dipendenza dell’economia dalle risorse primarie e le relative emissioni, sia industriali che energetiche. Nel Piano d’Azione per l’Economia Circolare (2020), la Commissione europea ha posto l’attenzione sulla circolarità come prerequisito per la neutralità climatica.

Nel documento della Commissione “Un pianeta pulito per tutti. Visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra” (2018) l’economia circolare viene indicata, insieme agli stili di vita, come una delle scelte strategiche più convenienti per abbattere le emissioni. Nel documento si ricorda, ad esempio, che ogni tonnellata di plastica riciclata permette di risparmiare l’equivalente delle emissioni annuali di un’auto. Che l’uso dei materiali può portare ad una riduzione del 28% nell’estrazione globale di materie prime entro il 2050 e una riduzione del 63% delle relative emissioni (che nel 2015 erano pari al 23% del totale delle emissioni globali di gas serra).

Uno studio commissionato dall’Agenzia Ambientale Europea EEA (Deloitte, 2016, Circular economy potential for climate change mitigation) ha concluso che le azioni circolari nei settori non energetici “possono avere un impatto modesto, ma prezioso sulla riduzione dei gas serra in tutti i settori e nelle diverse fasi del ciclo di vita dei prodotti in Europa”. Al 2050, stima il report, il potenziale di abbattimento dei gas serra è stimato fino a 550 MtCO2 eq (milioni di tonnellate di anidride carbonica equivalente) all’anno in Europa, pari a circa il 10-18% delle emissioni totali di gas serra previste per quell’anno (scenario base).

Alla luce di queste evidenze e della mancanza di studi più recenti che affrontano il tema, il gruppo di lavoro dell’Alleanza ha individuato alcuni settori e alcune strategie prioritari.

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Food

Il settore della produzione di cibo (dall’agricoltura e allevamento alla lavorazione, trasformazione e distribuzione del cibo, al relativo packaging e trasporto fino alla ristorazione) a livello globale (2015) ha emesso nel complesso 18 giga tonnellate, cioè miliardi di tonnellate do CO2 equivalente (GtCO2 eq), pari al 34% delle emissioni globali di gas serra di origine antropica. Circa il 72% di queste emissioni è imputabile all’agricoltura e al cosiddetto LULUC (uso del suolo e cambiamenti nell’uso del suolo – Land Use and Land-Use Change), mentre il rimanente 28% è dovuto alle attività di filiera. In Europa si tratta di circa 1,2 GtCO2 eq, in l’Italia le emissioni complessive del settore sono state 98,6 MtCO2 eq (milioni di tonnellate, 2015).

Un aspetto rilevante è lo spreco di cibo. Le stime dicono che circa un quarto (24%) delle emissioni del settore alimentare sia riconducibile a cibo perso: circa l’8%-10% delle emissioni complessive globali di gas serra.

Se questo è l’impatto del cibo sul clima, la riduzione delle emissioni dovute alla produzione alimentare è una delle maggiori sfide dei prossimi anni, “da attuare – spiega il Report dall’Allenza – attraverso politiche, strumenti e nuove soluzioni tecnologiche: dalla riduzione degli sprechi alimentari ad una maggiore efficienza in campo agricolo, anche attraverso nuove tecnologie, fino al cambiamento delle abitudini alimentari e delle diete”. Tra gli strumenti caldeggiati dall’Allenza l’agricoltura di precisione, l’agricoltura biologica e l’agro-fotovoltaico (senza sottrarre superficie utile alla produzione alimentare), raccolta differenziata del rifiuto organico; dieta salutare e protezione delle foreste.

In particolare l’agricoltura biologica, spigano i ricercatori, “è in grado di aumentare il contenuto di carbonio organico nel suolo ed è, pertanto, una misura utile per migliorare l’equilibrio globale dei gas serra del settore agricolo rispetto all’agricoltura convenzionale. Diversi studi hanno dimostrato come la conversione ad agricoltura biologica migliori il contenuto del suolo di carbonio organico del 2,2% in media”. Si prevede, perciò, che nei prossimi anni l’agricoltura biologica in Europa possa ridurre le emissioni di CO2 del settore del 23%.

Se tutte le fasi del processo produttivo avvenissero seguendo i principi dell’economia circolare, le stime dicono che si arriverebbe ad una riduzione, a livello globale, di 7,2 GtCO2 eq all’anno (un quinto della riduzione necessaria al 2050 per la neutralità carbonica).

Chimica

L’industria chimica a livello globale rappresenta il 2,2% delle emissioni di gas serra complessive: 1,1 GtCO2 eq (2016), 62,1 MtCO2 eq a livello europeo (2019). In Italia, secondo l’Alleanza per l’economia circolare, “negli ultimi anni sono stati raggiunti dall’industria chimica importanti risultati in termini di riduzione delle emissioni di gas serra in Italia”. In particolare, nel 2019 le emissioni complessive si sono ridotte del 87,5% rispetto al 1990.

Ma nonostante “gli importanti risultati registrati negli ultimi anni sarà fondamentale proseguire con l’adozione di misure di mitigazione volte a rendere climaticamente neutra l’industria chimica”. Tra le possibili azioni indicate dall’Alleanza: cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) e cattura e utilizzo del carbonio (CCU); sostituzione dell’idrogeno da reforming del gas naturale utilizzato nei processi di produzione di sostanze chimiche con “idrogeno sostenibile a basse emissioni”; impiego crescente dei prodotti della bioeconomia circolare, che consentono lo stoccaggio di carbonio e il suo utilizzo per la produzione di prodotti a valore aggiunto; riciclo meccanico/chimico della plastica; riduzione dell’uso di idrofluorocarburi (HFC) o sostituzione stessi con alternative a potenziale di riscaldamento globale basso o nullo.

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Trasporti

A livello globale, quasi il 16% delle emissioni complessive è dovuto ai trasporti: 7,8 GtCO2 eq. Il trasporto su strada contribuisce al 75% di emissioni globali del settore dei trasporti. In Europa, spiega l’Alleanza per l’economia circolare, “a differenza degli altri settori economici, nei trasporti le emissioni hanno continuato a salire, con un aumento del 21% nel 2019 rispetto ai livelli del 1990”. Attualmente i trasporti sono responsabili di un quarto delle emissioni totali di gas a effetto serra nell’UE (954,7 Mt CO2 eq) e in Italia (105,5 Mt CO2 eq, per il 90% dovute al trasporto su strada). A parte le misure messe in campo dal Green Deal europeo e dalla Strategia per una mobilità sostenibile e intelligente (dicembre 2020), quali sono le misure per tagliare tutta questa CO2 puntando sull’economia circolare?

L’Alleanza ne identifica diverse, a cominciare dalla efficienza nell’impiego nei materiali, nell’utilizzo di input materici ed energetici circolari (materiali da riciclo, energia rinnovabile), dalla progettazione delle fasi di smontaggio, e logistica inversa. Poi l’allungamento della vita utile dei veicoli e dei loro componenti attraverso progettazione efficiente, riutilizzo e riparazione; uso efficiente dei veicoli attraverso la mobilità condivisa; utilizzo di “miniere urbane dove convogliare i rifiuti già selezionati (ad esempio, rottami dei veicoli) divenendo il luogo dove le materie già separate possono essere direttamente commercializzate e assumere nuova vita e valore e creazione di piattaforme”. E poi maggiore elettrificazione (elettricità da fonti rinnovabili), e crescente utilizzo di biocarburanti sostenibili.

Tessile

“Il settore dell’abbigliamento, calzature e tessili, compresa l’industria della moda, fa affidamento su catene di fornitura lunghe e complesse, che determinano ingenti emissioni in diverse fasi”, recita il report dell’Alleanza. A livello globale si stima che l’intero settore produca circa 2,1 GtCO2 eq (2018), il 4% del totale globale. Oltre il 70% delle emissioni proviene da attività a monte della produzione del prodotto finito, in particolare da produzione, preparazione e lavorazione di materie prime. Nell’UE28, produzione e trattamento di capi di abbigliamento, calzature e tessili per la casa hanno generato emissioni per circa 334 MtCO2 eq92 corrispondenti a 654 kgCO2 eq a persona (2017).

Per decarbonizzare il settore, l’Alleanza suggerisce che oltre il 60% di abbattimento delle emissioni potrebbe derivare dalla produzione e lavorazione delle materie prime: decarbonizzazione della produzione e lavorazione dei materiali con fonti di energia rinnovabile; riduzione allo stretto necessario della produzione e degli scarti, miglioramenti dell’efficienza. Sarebbe poi necessario servirsi di un migliore mix di materiali, come ad esempio fibre riciclate, l’aumento dei trasporti sostenibili, la riduzione degli imballaggi impiegando materiali riciclati e più leggeri, e la riduzione della sovrapproduzione. Infine i consumi. Sarà necessaria, secondo l’Alleanza, l’adozione di comportamenti di consumo sostenibili che potrebbero contribuire al 21% dell’abbattimento delle emissioni di gas serra del settore: maggiore utilizzo di modelli di business circolari – affitto, rivendita, riparazione degli indumenti –, lavaggio e asciugatura ridotti, aumento del riciclo e della raccolta per evitare la discarica.

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Energia

Le industrie energetiche rappresentano, a livello globale, la fonte di 13,8 GtCO2 (miliardi di tonnellate di anidride carbonica). In Europa le emissioni di gas serra generate dalle industrie energetiche (2019) sono state di 988 MtCO2 eq, in Italia circa 91,8 Mt CO2 eq. Oltre alla scontata riduzione dell’impiego dei combustibili fossili, all’aumento del teleriscaldamento, allo sviluppo gas rinnovabili (biometano, metano sintetico e idrogeno sostenibile) un ruolo può averlo anche la “gestione circolare degli asset di produzione”. Si tratta, secondo l’Allenza, “di applicare i principi di economia circolare lungo tutte le fasi principali della vita degli asset”: dalla progettazione (scelte di design e di materiali in input), realizzazione (gestione delle fasi di cantiere), esercizio (manutenzione orientata all’estensione della vita utile), fino alla dismissione (gestione di aree, materiali e infrastrutture al fine di identificare nuovi cicli di vita attraverso riuso, upcycling, rifabbricazione, riciclo, ecc.).

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Costruzioni

Alle 3,6 GtCO2 eq di CO2 dei processi produttivi dei materiali per l’edilizia e le costruzioni (il 7% delle emissioni totali di gas serra) sono da aggiungere poi le emissioni per l’intero ciclo di vita delle costruzioni che, nel caso degli edifici, derivano dal riscaldamento, dal raffreddamento, dall’illuminazione e dalla gestione complessiva. Considerando sia le emissioni degli edifici che quelle delle fonti energetiche per i loro consumi, gli edifici sono responsabili del 36% delle emissioni complessive di gas serra in UE.

Cosa può fare l’economia circolare? Partendo dalle primissime fasi, si possono progettare edifici da realizzare con meno materiale e con una vita prevista più lunga; si può utilizzare legname raccolto in modo sostenibile; applicare modelli circolari nella costruzione degli edifici potrebbe portare ad una riduzione delle emissioni globali di gas serra da materiali da costruzione (acciaio, alluminio, plastica e cemento); si può infine migliorare il riciclo dei materiali da costruzione (dell’acciaio strutturale ad esempio).

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