Gli abiti: che siano eleganti o da lavoro, per casa o grandi occasioni, chiunque di noi ne ha solitamente molto più di quelli di cui avrebbe realmente bisogno. Cambia la moda, le taglie e i gusti, a volte alcuni vestiti si usurano o si rompono. Chi non si è trovato, almeno una volta, a chiedersi cosa farne?
Leggi anche: Giusy Bettoni, la visionaria della moda sostenibile
Se non posso pensare di regalarli o venderli, sarà opportuno valutare l’opzione del riciclo, un po’ come ogni altro oggetto che arriva a fine vita. Sono molte le persone che a riguardo hanno domande. Abbiamo quindi deciso di rispondere a quelle che ci vengono fatte più frequentemente, in dieci punti.
Leggi anche: Circolarità nell’armadio, le 5 tendenze della moda sostenibile
Come avviene la raccolta di abiti e tessuti usati in Italia
Ad oggi la raccolta differenziata della frazione tessile dei rifiuti urbani è presente in una gran parte dei Comuni italiani ma non è un obbligo di legge che invece entrerà in vigore nel 2025 a seguito della normativa europea in materia di economia circolare.
Leggi anche: Guardare la natura e ispirarsi a lei, una nuova opportunità per la moda
Per rendere omogeneo lo svolgimento del servizio esiste un accordo tra ANCI e CONAU (Unione imprese raccolta riuso e riciclo abbigliamento usato)* che ha definito gli standard minimi.
La raccolta avviene su strada attraverso cassonetti (gialli, verdi o bianchi a seconda del comune) posizionati su suolo pubblico o presso le isole ecologiche (gli altri tipi di raccolta sono assolutamente minoritari).
Nel momento in cui tali frazioni vengono conferite, divengono rifiuti e si rende necessario che vengano trattati da operatori autorizzati e preparati a tal scopo.
Che differenza c’è con le raccolte per beneficenza
Molte persone confondono le donazioni di abiti usati per beneficenza con la raccolta stradale. A stabilire quando un conferimento rientri nel dono è la cosiddetta legge contro lo spreco alimentare (GU n.202 del 30-8-2016) al cui articolo 14 prevede che si possono cedere a titolo gratuito articoli e accessori di abbigliamento conferiti dai privati direttamente presso le sedi operative dei soggetti donatari, non attraverso cassonetti su strada.
Di tali beni non se ne può fare commercio perché la finalità è di ridistribuirli tra i bisognosi. È il caso delle raccolte, a titolo esemplificativo, presso le parrocchie o le associazioni.
Cosa posso conferire nel cassonetto giallo
All’interno dei cassonetti per la raccolta della frazione tessile urbana si possono inserire – chiusi in buste – tutti i capi di abbigliamento e accessori, incluse biancheria intima, scarpe e borse nonché tutto quel che rientra nel tessile come stoffe in genere, tende, lenzuola, tovaglie, coperte, tappeti inclusi.
Si possono conferire abiti e tessuti bucati
Nella raccolta della frazione tessile urbana dei rifiuti possono andare anche vestiti o stoffe lesionate. Molte persone confondono la raccolta su strada con le donazioni. I cosiddetti cassonetti gialli invece hanno la funzione di provare a dare una seconda vita tramite riuso o riciclo a tali materiali.
Un buon tessuto anche se strappato potrebbe avere ancora valore e divenire materia prima seconda. Sfatiamo quindi un mito: è qui che vanno buttati eventuali abiti strappati.
Non inserire capi sporchi
Per poter garantire il più ampio recupero dei materiali è opportuno non buttare nella raccolta differenziata del tessile tessuti sporchi o maleodoranti che peraltro potrebbero anche rendere qualche altro capo inservibile.
Se avete ad esempio uno straccio imbevuto di grasso e non lavabile, andrà conferito nella raccolta indifferenziata.
Cosa avviene ai vestiti e accessori conferiti nei cassonetti gialli
Dopo la raccolta, i rifiuti tessili vengono inviati presso gli opportuni impianti di trattamento. Ove possibile la prima scelta è quella del riutilizzo di indumenti e accessori. La maggior parte della raccolta oggi prende questa via.
Per la frazione rimanente si valuta la possibilità del riciclo ad esempio per ottenere pezzame industriale, materie prime seconde per l’industria tessile (pensiamo al lavoro dei famosi cenciaioli!), o per creare materiali fonoassorbenti e imbottiture.
Una parte residuale (che secondo Unicircular è intorno al 3%) va a smaltimento.
Quanti rifiuti tessili si raccolgono in Italia
Secondo i dati del Rapporto Rifiuti Urbani di Ispra si è passati dalle 129 mila tonnellate del 2015 alle oltre 157 mila del 2019 con dati in salita di anno in anno ed una predominanza di volumi raccolti nel nord Italia. Nel 2019 la raccolta differenziata dei rifiuti tessili è stata pari allo 0,9% del totale.
Quali trend si registrano negli ultimi anni?
A causa della cosiddetta moda usa e getta denominata fast fashion, il livello qualitativo della frazione raccolta è in peggioramento. La quantità quindi di materiale destinato ad essere scartato e che non sarà riutilizzabile o riciclabile è in crescita.
Leggi anche: ReFashion Week, a New York la circolarità va in passerella
Perché il 2025 è un anno così importante?
Secondo la normativa europea sull’economia circolare, ogni Paese membro dovrà istituire la raccolta differenziata della frazione tessile urbana entro il 1 gennaio 2025. Ad oggi infatti, sebbene presente in tre Comuni su quattro, la misura non è obbligatoria.
Questo comporterà una notevole crescita di volumi di raccolta. Si teme dunque un aumento della frazione di scarsa qualità ma soprattutto – come da legge della domanda e dell’offerta – si ha paura di un possibile crollo dei prezzi a seguito dell’immissione nel mercato di elevate quantità.
Leggi anche: Circolarità del settore tessile? Ecco perché servono norme europee
Cosa si può fare per contrastare il fast fashion?
L’obbligatorietà al 2025 della raccolta si prevede che segnerà l’inizio di una rivoluzione nel settore. Tra gli esperti quel che si sostiene è l’importanza di riorganizzare la filiera secondo i criteri dell’EPR, ovvero la Responsabilità Estesa del Produttore, come avviene in altri settori (ad esempio per i RAEE, Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche).
Leggi anche: Il vero antifodo al fast fahion? La formazione alla moda circolare
Ciò potrebbe spingere le aziende a ridisegnare la moda secondo criteri di economia circolare tenendo conto non solo dei gusti trendy del momento ma anche del fine vita dei capi stessi affinché siano – se non riutilizzabili – quantomeno riciclabili.
Leggi anche: Oggi è la Giornata nazionale del ricondizionato. La scelta giusta per risparmiare soldi e CO2
© Riproduzione riservata