È tempo di aggiornare la direttiva quadro sui rifiuti (la 2008/98/EC). Ne è convinta la Commissione che la scorsa settimana (il 5 luglio) ha presentato la sua proposta per arricchirla. “Il Green Deal europeo e il Piano d’azione per l’economia circolare richiedono un’azione rafforzata e accelerata da parte dell’UE e degli Stati membri per garantire la sostenibilità ambientale dei settori tessile e alimentare”, spiega la Commissione. L’alimentare e il tessile sono infatti rispettivamente “il primo e il quarto settore a maggiore intensità di risorse” e “non aderiscono pienamente ai principi fondamentali dell’UE in materia di gestione dei rifiuti, stabiliti dalla gerarchia dei rifiuti”. La nuova proposta di direttiva – che sarà discusse dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria – punta proprio ad allineare queste filiere in termini di una corretta gestione dei rifiuti.
Oltre a intervenire sui rifiuti, la Commissione ha pubblicato anche una Comunicazione sulla salute dei suoli (oggi tra il 60 e il 70 % di quelli europei è insalubre) e una proposta di regolamento sulle nuove tecniche genomiche (NGT: qui la proposta e le relative FAQ) che ha già scatenato accese reazioni.
Sprechi alimentari, fissati obiettivi vincolanti di riduzione
Lo spreco alimentare – EconomiaCircolare.com lo ha raccontato più volte – si porta dietro lo spreco di tutte quelle materie prime (acqua, fertilizzanti) e quell’energia che servono a produrre gli alimenti che gettiamo, a trasportarli e a trasformarli. E se gli scarti finiscono in discarica sono una importante fonte di gas climalteranti (ad esempio negli Usa le discariche sono la terza fonte di emissioni di metano legate all’attività uomana). Ogni anno nell’UE (dati della Commissione) vengono sprecate quasi 59 milioni di tonnellate di prodotti alimentari (131 kg/abitante), per un valore di mercato di oltre 130 miliardi di euro
Spiega la Commissione: “La lotta agli sprechi alimentari rappresenta un triplice vantaggio: salva alimenti destinati al consumo umano, contribuendo così alla sicurezza alimentare, aiuta le imprese e i consumatori a risparmiare denaro e riduce l’impatto ambientale della produzione e del consumo di alimenti”.
Con le modifiche alla direttiva rifiuti, la Commissione stabilisce che gli Stati membri adottino “misure adeguate per prevenire la produzione di rifiuti alimentari nella produzione primaria, nella trasformazione e nella preparazione, nella vendita al dettaglio e nella distribuzione di alimenti, nei ristoranti e nei servizi di ristorazione, nonché nelle famiglie”. Intervenendo dunque su tutti gli anelli dalla filiera, l’esecutivo Ue fissa per la prima volta obiettivi vincolanti da raggiungere al 31 dicembre 2030 per la riduzione degli scarti alimentari:
- ridurre la produzione di rifiuti alimentari nella lavorazione e nella produzione del 10% rispetto al 2020 (o rispetto ad un anno precedente se lo Stato è in grado di produrre dati affidabili a riguardo);
- ridurre la produzione di rifiuti alimentari pro capite del 30% (sempre rispetto al 2020) nelle fasi finali della catena del valore: vendita al dettaglio e altri settori della distribuzione alimentare; ristoranti e servizi di ristorazione; nelle famiglie.
Per raggiungere questi target la commissione suggerisce di identificare e affrontare le inefficienze della filiera; stimolare i cambiamenti di comportamento e promuovere campagne di informazione; incoraggiare la donazione di cibo e le forme di ridistribuzione.
Ogni Paese dovrà designare le autorità responsabili del coordinamento delle misure di riduzione dei rifiuti alimentari attuate. E due anni dall’entrata in vigore della direttiva dovrà adeguare i propri piani di prevenzione.
Passaggio cruciale è quello della misurazione: gli Stati saranno tenuti a monitorare e valutare la riduzione dello spreco (per farlo la Commissione predisporrà dei criteri specifici).
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Responsabilità estesa del produttore obbligatoria per i rifiuti tessili
Le modifiche alla direttiva rifiuti proposte dalla Commissione prevedono anche l’introduzione (30 mesi dopo l’entrata in vigore della direttiva) di regimi obbligatori e armonizzati di responsabilità estesa del produttore (EPR – Extended Producer Responsibility) per la gestione dei rifiuti tessili in tutti gli Stati membri dell’UE. Oggi solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo è raccolto separatamente per essere riutilizzato o riciclato, il resto è spesso incenerito o collocato in discarica, o esportato.
A poco meno di 18 mesi dal primo gennaio 2025 quando l’obbligo delle raccolta differenziata per i rifiuti tessili sarà operativo in tutti i Paesi Ue, la Commissione fissa dunque dei paletti per l’avvio del meccanismo che deve garantirne una gestione sostenibile ed economicamente efficiente. Come sappiamo, l’Italia ha anticipato l’obbligo di raccolta e sta già lavorando al testo che istituisce il sistema nazionale di responsabilità estesa per i tessili: ora che i pilastri europei del meccanismo per i tessili iniziano ad essere delineati, la bozza di decreto EPR che il ministero dell’Ambiente ha sottoposto a consultazione nei mesi scorsi dovrà – seguendo l’iter della norma – recepirne alcuni aspetti.
La proposta legislativa “rappresenta un passo significativo verso un settore tessile più sostenibile e circolare, realizzando la nostra storica strategia sui tessili – ha commentato Virginijus Sinkevičius, commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca -. Norme armonizzate in materia di responsabilità estesa del produttore in tutta l’UE creeranno condizioni di parità nel mercato unico e garantiranno l’applicazione del principio ‘chi inquina paga’. L’iniziativa stimolerà gli investimenti nelle infrastrutture di riutilizzo e riciclaggio dei prodotti tessili, creerà posti di lavoro locali e promuoverà l’innovazione in tutte le fasi del ciclo di vita dei tessili. Creerà inoltre opportunità di risparmio per i cittadini che scelgono l’epoca e la moda senza tempo rispetto alla moda veloce”.
La direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, e gli Stati membri avranno 18 mesi per il recepimento.
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IL PERIMETRO. Quando la proposta di direttiva cita “prodotti tessili, affini e calzature” da sottoporre a regime EPR intende tessili per la casa, articoli di abbigliamento (anche in pelle), accessori di abbigliamento, calzature, inclusi i prodotti invenduti (Allegato IVc).
I DOVERI DEI PRODUTTORI. I cosiddetti ‘produttori’ (la categoria include infatti produttori, importatori o distributori, anche tramite piattaforme online) dovranno:
- coprire, grazie all’eco contributo, i costi di raccolta, selezione, trasporto ai fini del riuso e del riciclo dei rifiuti tessili;
- raccogliere e fornire i dati relativi a immesso al consumo, raccolta, tasso di riuso, riciclo (incluso quello da fibra a fibra, da privilegiare rispetto a forme di down-cycling), recupero e smaltimento;
- finanziare un’indagine sulla composizione dei rifiuti urbani misti;
- sostenere attività di ricerca e sviluppo per migliorare selezione e riciclo;
- avviare campagne informative sugli impatti della filiera tessile e sul ruolo dei cittadini nell’affermazione del consumo sostenibile e nella riduzione dei rifiuti.
I PUNTI DI RACCOLTA. La rete di raccolta dei rifiuti tessili dovrà essere costituita da punti “istituiti dalle organizzazioni di responsabilità del produttore” (PRO – Producer Responsibility Organization, quelli che in Italia sono i Consorzi per la gestione del fine vita), “e dagli operatori di gestione dei rifiuti per loro conto, in collaborazione con uno o più dei seguenti soggetti: imprese sociali ed enti dell’economia sociale, distributori, autorità pubbliche o terzi che effettuano la raccolta per loro conto“.
L’ECO CONTRIBUTO. Centrale, nel determinare l’eco-contributo (quello che i produttori fanno pagare ai consumatori e utilizzano per raggiungere gli obiettivi dell’EPR), dovrà essere il principio dell’eco-modulazione: il contributo varierà da prodotto a prodotto in base alle prestazioni ambientali.
Il REGISTRO DEI PRODUTTORI. Viene prevista l’istituzione di un registro dei produttori: solo i soggetti iscritti potranno vendere tessili e calzature in Europa.
LA IMPRESE SOCIALI. La bozza di direttiva tutela le imprese sociali coinvolte nella filiera. Le PRO “non possano rifiutare la partecipazione delle imprese sociali e di altri operatori del riutilizzo a al sistema di raccolta differenziata”. Le imprese sociali potranno mantenere il proprio ruolo nei sistemi di raccolta e non saranno tenute a consegnare i rifiuti alle PRO.
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IL CENTRO DI COORDINAMENTO. Viene prevista un’autorità competente o una terza parte indipendente (come gli italiani centri di coordinamento i RAEE) per “controllare che le organizzazioni di produttori organizzazioni di responsabilità del produttore adempiano ai loro obblighi in modo coordinato e in conformità con le norme dell’Unione in materia di concorrenza”.
LE SPEDIZIONI ALL’ESTERO. In linea con le misure previste dalla proposta di un nuovo regolamento relativo alle spedizioni di rifiuti, la proposta affronta anche la questione delle esportazioni illegali di rifiuti tessili verso Paesi che non sono in grado di gestirli, per “garantire che le spedizioni di rifiuti tessili avvengano solo se vi sono garanzie che i rifiuti siano gestiti in modo ecologicamente corretto”.
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