Non sarà la partita decisiva ma ci somiglia parecchio: il Consiglio europeo dell’energia, che si terrà a Bruxelles nella giornata di oggi, appare il momento più importante per delineare le politiche dell’Unione europea per il prossimo inverno. Dopo gli investimenti massicci del RePowerEu, il piano che dovrebbero servire a superare la dipendenza dei 27 Stati membri dal gas russo (in primis Germania e Italia), l’appuntamento di oggi punta ad attutire gli enormi rincari che dal gas si sono riversati su elettricità, materie prime e produzione. Con l’inflazione galoppante e la famigerata recessione che minerebbe la ripresa post-Covid del Vecchio Continente. Di fronte a questo scenario, il Pnrr potrebbe risultare appena un palliativo.
Secondo un recente report di Standard&Poor’s, la bolletta energetica dell’Europa (cioè il costo delle importazioni nette di energia) quest’anno “supererà i livelli pre-pandemia di ben oltre mille miliardi di euro”, mentre Goldman Sachs avverte che in caso di totale azzeramento dei flussi dalla Russia nel 2023 le famiglie europee potrebbero dover pagare in totale la cifra monstre di 4mila miliardi in più. Vale a dire (circa) il 30% del Pil europeo.
La situazione non è rosea, per usare un eufemismo. Addirittura il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato di “fine dell’era dell’abbondanza”. Il modello di sviluppo estrattivista appare collassare su se stesso, e l’auspicata rivoluzione dell’economia circolare è al momento un insieme di buone intenzioni e poco più.
In attesa di capire se i ministri dell’Energia dei 27 Stati membri – per l’Italia sarà presente il ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani – saranno in grado di comprendere la gravità del momento storico, serve fare un passo indietro. Come arriviamo a questa “fine di un’era”?
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Un piccolo mercato, una grande distorsione
Chi l’avrebbe detto che la sorte di centinaia di milioni di europei ed europee sarebbe stata legato a un mercato pressoché sconosciuto come il TTF di Amsterdam? L’olandese Title Transfer Facility è il mercato dove, semplificando molto, viene stabilito il prezzo del gas che poi si riserva anche sull’energia elettrica, dato che questa è collegata appunto al gas. In un anno e mezzo il prezzo del gas nel mercato TTF è passato da 20 euro a megawatt ora agli attuali 200 – appena qualche giorno fa stava a 340 WM/h, il prezzo si è abbassato proprio perché il mercato attende le mosse dell’Europa. Da ciò, come si accennava, gli aumenti si sono riversati a cascata sull’intera società.
A spiegare ciò che è avvenuto, con un’efficace sintesi, è proprio il sito del Consiglio europeo. “L’aumento, legato all’aumento dei prezzi all’ingrosso dell’energia a livello globale, è iniziato nel 2021 sulla scia della pandemia di COVID-19 e della crescente domanda internazionale – si legge – L’invasione russa dell’Ucraina e le condizioni climatiche hanno avuto un effetto aggravante. Poiché l’UE importa gran parte della sua energia, l’aumento dei prezzi all’importazione dal secondo trimestre del 2021 ha avuto un impatto sia sui prezzi alla produzione che su quelli al consumo. Tra dicembre 2020 e dicembre 2021, il prezzo all’importazione dell’energia nell’area dell’euro è più che raddoppiato“.
“Questo aumento – continua il report del Consiglio – è stato piuttosto senza precedenti, poiché i prezzi delle importazioni di energia, sebbene piuttosto volatili, non cambiano generalmente di oltre il 30% circa nel corso di un anno. Nel 2022, la guerra della Russia all’Ucraina e la sua decisione unilaterale di sospendere le consegne di gas ad alcuni Stati membri dell’UE hanno fatto aumentare il prezzo del gas, che ha anche causato prezzi record per l’elettricità nell’UE. Le ondate di caldo durante l’estate 2022 hanno esercitato ulteriore pressione sui mercati energetici, da un lato provocando un aumento della domanda di energia per il raffrescamento, e dall’altro una diminuzione dell’offerta di energia a causa della siccità e la conseguente riduzione della fornitura di energia idroelettrica”.
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Le trattative al Consiglio europeo dell’energia
Che la situazione sia talmente delicata lo si evince dal deciso numero di anticipazioni sui temi oggetto del Consiglio europeo dell’energia. La stessa presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ha rilasciato più di un’intervista e partecipato a più di una conferenza stampa per illustrare i provvedimenti che la Commissione presenterà ufficialmente oggi, con l’obiettivo che ci sia consenso (e chissà se unanime) intorno alle proposte più importanti. Quali sono queste proposte?
Le si apprende dal cosiddetto “non paper” che gli uffici della Commissione hanno diffuso nei giorni scorsi, anche se il documento è stato modificato più volte e pare che ulteriori limature arriveranno direttamente sul tavolo dei ministri dei 27 Stati membri. Sono comunque cinque le proposte filtrate:
- riduzione coordinata della domanda di energia
- il price cap all’energia prodotta da fonti rinnovabili
- contributo di solidarietà dalle aziende fossili
- sostegni in forma di liquidità o garanzie pubbliche per le aziende energetiche in difficoltà
- tetto al prezzo del gas (price cap)
Andiamo per ordine.
Il punto 1, la riduzione coordinata della domanda di energia, appare il punto più “facile”. Agli Stati membri la Commissione, potrebbe imporre un impegno vincolante, o suggerire fortemente, di ridurre i propri consumi di elettricità del 10%. Il taglio dei consumi dovrebbe restare in vigore dal 1° novembre al 31 marzo 2023. Ogni mese gli Stati membri dovrebbero identificare le ore di picco per l’uso di energia elettrica e impegnarsi a ridurre i consumi per tale fascia oraria, tenendo conto anche dell’effetto della temperatura – ecco perché gli Stati tifano per un inverno caldo.
Per il punto 2, il tetto al prezzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili, la Commissione ipotizza di imporre un tetto massimo di 200 euro/MWh all’energia prodotta con eolico, solare (termico e fotovoltaico), geotermico, idroelettrico e biomasse. Questo potrebbe essere uno dei punti più difficili su cui ottenere l’unanimità, perché gli Stati europei hanno mix energetici molto differenti tra loro.
Sul punto 3, esigere un contributo di solidarietà dalle aziende fossili, la vicenda complicata della tassazione degli extraprofitti – su cui la Commissione ha lasciato libertà agli Stati membri – dimostra sempre più che i governi hanno le armi spuntate contro questi potentati economici, e sarà difficile spuntarla su questo versante.
In assenza di dettagli, il punto 4 non ha bisogno di spiegazioni. Mentre la vera sfida si gioca sul punto 5, il tetto al prezzo del gas. La proposta è stata lanciata per primo dal premier Mario Draghi, e il ministro Cingolani arriva a Bruxelles col preciso mandato di doverla sostenere – anche se sarà ciò su cui si accapiglieranno i capi di governo a ottobre. L’Olanda, dove ha sede il mercato TTF di Amsterdam, ha già palesato la propria contrarietà. Mentre la Commissione propende per un price cap da imporre esclusivamente al gas russo. Chi la spunterà?
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