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sabato, Luglio 27, 2024

Addio alla regina Elisabetta: 5 cose da sapere sul suo rapporto con l’ambiente

La morte della regina Elisabetta è la notizia principale dei giornali di tutto il mondo. Ma quale è stato il suo rapporto con l'ambiente? Dalle preoccupazioni per la crisi climatica all'impronta di carbonio dei jet privati, dal no alla plastica fino alla gestione delle tenute reali: ecco cosa c'è da sapere

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Redazione EconomiaCircolare.com

La morte della regina Elisabetta, al trono del Regno Unito da 70 anni, è la fine di un’era, come hanno scritto praticamente tutti i giornali. Al suo posto, anche questo è noto, si è insediato il figlio Carlo, che dovrà essere in grado di sostenere il prestigio e l’affetto di cui ha goduto la madre. Ma c’è un’eredità, tra le tante, che la regina Elisabetta è riuscita a tramandare, dal figlio Carlo ai nipoti William e Harry: il suo rapporto con l’ambiente e la sostenibilità.

È un aspetto poco noto del lunghissimo regno della “queen Elisabeth”, ma che è importante conoscere per valutare ancora meglio la dinastia di una monarchia che ha sempre mostrato di saper stare al passo coi tempi. Ecco le 5 cose da sapere.

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La preoccupazione per la crisi climatica della regina Elisabetta

Appena l’anno scorso l’Independent si chiedeva “quanto è ecofriendly la regina”. Raccontando gli sforzi della queen Elisabeth per un minor impatto ambientale: dal faticoso abbandono della pelliccia, un vezzo reale, agli spostamenti attraverso le auto elettriche. Nonostante l’età, la monarca inglese avrebbe più volte manifestato la propria frustrazione sull’inazione della politica in merito alla crisi climatica in corso.

A tal proposito l’Indipendent raccontava un gustoso aneddoto: parlando con la duchessa di Cornovaglia e il presidente del parlamento Elin Jones, poco prima della Cop26, la regina avrebbe affermato di essere “irritata” dagli individui che “parlano ma non agiscono”. Parole che ricordano la giovanissima attivista dei Fridays for Future Greta Thunberg. Una di noi, dunque? Non proprio, ma di sicuro le va riconosciuta la capacità non trascurabile di saper comprendere le esigenze del tempo.

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Da grandi possedimenti derivano grandi responsabilità

Dalla regina Elisabetta al figlio Carlo fino ai nipoti William e Harry: la sensibilità ambientale è uno dei tratti di famiglia della monarchia inglese. Nel corso degli anni sono state numerosissime le azioni intraprese dai reali, basti pensare che l’ormai ex principe Carlo parla di agricoltura biologica sin dagli anni ’70.

Ma ovviamente alla famiglia reale si è sempre chiesto un impegno maggiore rispetto alle singole persone, data l’enorme disparità delle condizioni di partenza. Non va dimenticato, infatti, che la regina Elisabetta è stata la più grande proprietaria terriera del Regno Unito: secondo i calcoli del gruppo di campagna di rinaturalizzazione Wild Card, la famiglia reale possiede più di 323.748 ettari di terreno, che equivale al doppio dell’area di Londra o, se si vuole avere un altro termine di paragone, all’1,4% dell’estensione del Regno Unito.

Ecco perché sono stati tanti i critici che hanno chiesto, soprattutto nella fase di costruzione della Cop26 che si è tenuta a Glasgow, di fare in modo che le tenute reali possano diventare scrigni di biodiversità. Un solo esempio su tutti: l’enorme possedimento di Balmoral in Scozia – che risulta ufficialmente di proprietà diretta della regina – è ufficialmente una tenuta sportiva. Affinché rimanesse tale, nel corso degli anni è stata soppressa la rara foresta pluviale temperata che vi crescerebbe naturalmente.

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L’impronta di carbonio della famiglia reale

Nel 1977 la regina Elisabetta festeggiò i primi 25 anni di regno. Fu allora che i Sex Pistols, il più noto gruppo punk del Regno Unito, le dedicarono un inno ribelle e sardonico, la notissima “God Save The Queen”, con la voce alienante del cantante Johnny Rotten che alla fine del pezzo diceva sprezzante che non c’era più “no future”.

E nessun futuro per il genere umano ci sarà se non saremo in grado di abbattere le emissioni di gas serra. Ecco perché nel corso del tempo ong e studiosi del Regno Unito hanno calcolato e criticato l’impronta di carbonio della famiglia reale. Due, soprattutto, i fronti dichiarati sostenibili: l’enorme numero di proprietà reali e l’altrettanto mastodontico numero di voli privati.

Basti pensare che Buckingham Palace, la residenza della Corona, comprende 775 stanze per i reali e per gli ospiti, 188 per lo staff, 92 uffici e ben 78 bagni. E negli ultimi tempi, per via delle condizioni precarie, la regina Elisabetta non ci ha manco vissuto, preferendo soggiornare nella tenuta scozzese di Balmoral – che da sola è grande oltre 20mila ettari.

Fino a quando le condizioni di salute gliel’hanno consentita, la regina Elisabetta ha viaggiato in tutto il mondo. Lo ha fatto però attraverso voli privati. E come lei l’intera famiglia reale. Accumulando migliaia e migliaia di chilometri all’anno, utilizzando una varietà di operatori militari e civili tra cui la celebre Raf e tanti voli commerciali. Centinaia e centinaia di impegni, per viaggi sempre istituzionali, formali, ma mai “politici”, nel senso che accordi e decisioni venivano poi siglate dal governo britannico. Nel 2018 la BBC aveva stimato in 3.344 le tonnellate di CO2 che la famiglia reale immette gni anno per i suoi viaggi ufficiali. Uno spreco francamente insostenibile che il re Carlo dovrà quantomeno diminuire.

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No alla plastica monouso nelle residenze reali

Lo stile è sempre stato fondamentale per ogni monarchia, specie quella britannica, affezionata a protocolli e cerimoniali. A seconda dei punti di vista, è ciò che conferisce alla famiglia reale il fascino del demodè o l’accusa di essere fuori dal tempo. In ogni caso è ciò di cui si deve tenere conto quando si invoca l’attenzione alla contemporaneità da parte di un mondo che è anacronistico per definizione. E che però, a volte, si è dimostrato in anticipo rispetto alle leggi.

È il caso ad esempio della plastica monouso. Nel 2018 la Corte inglese ha messo al bando, nelle sue residenze, la plastica monouso, optanto per piatti e bicchieri di carta riciclabile nonché confezioni biodegradabili per alimenti da asporto. Mentre l’acqua alle riunioni e ai briefing da quel momento in poi è stata servita solo in bottiglie di vetro. È stata poi lanciata anche una newsletter “green”, regolarmente inviata a tutto il personale della regina, per aggiornare le persone sulle iniziative ecologiche del Regno Unito, dal riclaggio allo smaltimento dei rifiuti.

Infine l’allora principe Carlo dichiarò in quell’occasione di voler combattere il preoccupante fenomeno del water littering, affermando che “il mondo sembra chiudere un occhio sulla crescente evidenza dell’inquinamento da plastica negli oceani” e dando pieno appoggio alla campagna “Sky Ocean Rescue”.

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I Queen Award’s

I Queen’s Awards for Enterprise sono i più alti riconoscimenti ufficiali del Regno Unito per il successo aziendale e vengono assegnati con l’obiettivo di promuovere l’eccellenza e guidare la crescita economica. Negli ultimi anni i Queen’s Awards hanno riconosciuto soprattutto la sostenibilità ambientale. Uno dei casi più interessanti è avvenuto nel 2015, con una doppia premiazione all’insegna dell’economia circolare.

La prima azienda a essere premiata è stata Jaguar Land Rover: ha ricevuto il premio per aver sviluppato un approccio alla produzione basato sull’intero ciclo di vita, riducendo i costi ambientali di produzione e incorporando l’uso della tecnologia ibrida nei suoi modelli.

Il noto marchio delle auto di lusso, uno dei simboli dell’english style,  ha lavorato per ridurre l’impatto ambientale in tutte le fasi della produzione e della durata. Secondo l’azienda, questo approccio ha già ridotto del 25% le emissioni di CO2 della flotta europea dell’azienda rispetto ai livelli del 2007.

La seconda azienda a ricevere l’ambito riconoscimento è stata Company Shop, il più grande ridistributore di cibo in eccesso del Regno Unito. L’azienda lavora per garantire che venga consumato quanto più cibo possibile che non può essere venduto per una serie di motivi: piuttosto che far finire il cibo in discarica o negli impianti digestione anaerobica, Company Shop redistribuisce ogni anno oltre 30mila tonnellate di scorte in eccedenza dalla filiera alimentare. E gestisce anche alcuni supermercati sociali, rivolti alle persone in difficoltà.

A consegnare i premi in quell’occasione fu direttamente la regina Elisabetta in persona.

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