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lunedì, Dicembre 16, 2024

Consumption Footprint, così il nuovo indicatore cambierà le politiche dell’Unione europea

Alessandra Zampieri del Joint Research Center della Commissione europea ci spiega come è nata e quali obiettivi ha la consumption footprint, l'indicatore per calcolare l’impatto ambientale legato al consumo di beni all’interno dell’Unione europea. "Sarà fondamentale come supporto al policy making"

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Misurare la sostenibilità e gli impatti ambientali nella maniera più accurata possibile è una priorità dell’Unione europea, perché è l’unico modo per valutare con cognizione di causa l’efficacia delle politiche e degli interventi legislativi. In questa direzione, recentemente, le tecniche e i tecnici del Joint Research Center della Commissione europea hanno elaborato la Consumption Footprint, un indicatore per calcolare l’impatto ambientale legato al consumo di beni all’interno dell’Unione europea.

La direttrice per le risorse sostenibili, la sezione del Joint Research Centre che si è occupata di elaborarlo, è Alessandra Zampieri. A Economia circolare.com spiega nel concreto quali conseguenze avrà il nuovo indicatore. “Chi lavora nelle amministrazioni statali di un Paese membro sarà molto felice di sapere che potrà utilizzare uno strumento di misurazione per calcolare gli impatti ambientali dei consumi nazionali”, annuncia.

La Consumption Footprint avrà conseguenze profonde sulle prossime politiche ambientali dell’Ue perché modificherà il sistema di monitoraggio europeo. L’introduzione del nuovo indicatore non è, infatti, una novità di poco conto: per la prima volta l’attenzione si è spostata dagli impatti della produzione dei singoli Paesi a un sistema dove si tiene conto dei consumi e del livello globale, ovvero ai conseguenti impatti generati anche in altre regioni del mondo, in linea col dibattito sui planetary boundaries e i limiti ambientali che non devono essere superati dal sistema globale.

Per saperne di più abbiamo scelto di intervistare la dottoressa Zampieri. Ecco cosa ci ha detto.

Leggi anche: Consumption footprint indicator, dall’Ue un nuovo sistema per misurare gli impatti ambientali

Intende dire che il nuovo indicatore diventerà un criterio di valutazione per i successivi interventi legislativi dell’Ue, nel senso che non potranno andare in contrasto a obiettivi e target da esso individuati?

L’indicatore Consumption Footprint (della Consumption Footprint Platform) può dare supporto al policy-making per fare il monitoraggio. È già utilizzato dal Circular Economy Monitoring Framework per la nuova sezione “Global Sustainability and Resilience” e del monitoring framework del 8th European Action Program. In contrasto con altri indicatori, permette di considerare gli impatti che si registrano in altre zone del Pianeta come conseguenza del consumo degli europei.

L’Ue negli ultimi anni ha fatto numerosi passi avanti sulle tematiche ambientali. Su norme attualmente in discussione come la Border Carbon Tax, il divieto dell’esportazione dei rifiuti fuori dall’Ue, il Critical Raw Material Act, come incide il lavoro del JRC di misurazione delle performance?

Sul Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), l’idea è quella di creare effettivamente sinergia tra diversi strumenti politici e fornire allineamento per quanto riguarda le metodologie. Il CBAM si baserà sull’esperienza dell’EU Emission Trading System, che stabilisce regole per la contabilizzazione delle emissioni di specifici impianti industriali. Tuttavia, il JRC sta esplorando la possibilità di estendere in qualche modo questa contabilità per includere altre emissioni che si verificano durante il ciclo di vita (lungo la catena di approvvigionamento della produzione dei materiali).

Sulla Critical Raw Material (CRM) Act: in effetti il JRC ha sostenuto l’idea di introdurre requisiti per la contabilizzazione degli impatti ambientali dei CRM lungo la catena di approvvigionamento. Il JRC mira a contribuire allo sviluppo di un metodo specifico per la valutazione di tali impatti, basato sul metodo EC Environmental Footprint (raccomandazioni CE 2279/2021). Il JRC è attualmente attivo per altre tematiche collegate: ad esempio per quanto riguarda la definizione delle regole sull’impronta di carbonio per le batterie, secondo la proposta di Regolamento sulle batterie art. 7.

Possono essere utilizzati anche come strumento per contrastare il greenwashing nella direttiva Green Claim? Una sorta di “giudice imparziale” per valutare i singoli casi?

Per quanto riguarda le Green Claims l’ambito è diverso, poiché la Consumption Footprint è una valutazione su macroscala (ad esempio, valutazione dell’impatto di settori, regioni, politiche), mentre le Green Claims sono a livello di prodotto/organizzazione. Tuttavia, la Consumption Footprint è metodologicamente ben allineata con l’Environmental Footprint, che a sua volta è stato considerato un metodo importante per calcolare e comunicare gli impatti del ciclo di vita di prodotti e organizzazioni.

Questa sinergia tra le due politiche potrebbe essere rafforzata in futuro, poiché le Green Claims delle industrie, basate su dati e metodi solidi, potrebbero essere integrate nella Consumption Footprint, per una valutazione più granulare degli impatti sui consumi dell’UE. Riteniamo, inoltre, importante che vengano fornite linee guida alle organizzazioni per la misurazione della sostenibilità. È importante anche che le industrie siano pronte ad implementare l’approccio LCA per la contabilità e la rendicontazione dell’impatto, sulla base di un metodo solido.

Spesso nelle scelte di sostenibilità si indica il cittadino come punto di svolta: sono davvero così importanti le scelte di consumo oppure c’è il rischio diventi un modo per sollevarsi dalle responsabilità delle imprese e governi nazionali?

I consumatori hanno un ruolo chiave nella promozione del consumo e della produzione sostenibili. Abbiamo osservato un aumento della Consumption Footprint dovuto a un aumento del consumo pro capite (che può essere associato a un consumo eccessivo) e un cambiamento dei modelli di consumo con maggiore impatto ambientale (ad esempio, consumo di carne e latticini). Di conseguenza, le scelte fatte dai consumatori sono importanti per passare a modelli di consumo più sostenibili.

Si noti che la transizione verde non ricade completamente sulle spalle dei consumatori. La scelta del consumatore potrebbe essere limitata da altri fattori (come disponibilità dell’offerta sul mercato; vincoli economici), oltre a un potenziale effetto di rimbalzo (ad esempio avere prodotti verdi ma più economici, e quindi il cittadino acquista sempre di più, riducendo i benefici effettivi). Vedi ad esempio il caso dei televisori LCD, che hanno un’efficienza energetica e materiale molto più elevata rispetto ai televisori di venti anni fa, ma ora tutti i cittadini hanno dai due ai quattro televisori per casa.

Un’efficace transizione verde richiede cambiamenti sia dal lato della domanda (consumatore) che da quello dell’offerta (produttore). Misure volontarie (come l’Ecolabel o le Green Claims) possono indirizzare il consumatore verso soluzioni più rispettose dell’ambiente. Le misure obbligatorie (come i requisiti minimi del prodotto nel regolamento ecodesign per prodotti sostenibili e nel regolamento sulle batterie o altre politiche) possono costringere le industrie a raggiungere obiettivi ambientali minimi.

Con quali attori vi siete confrontati per elaborarli? Dal mondo delle aziende c’è stata collaborazione e come sono percepiti gli indicatori? C’è da parte loro il timore che possano limitare la libertà economica?

Gli indicatori Consumption Footprint e Domestic Footprint sono stati presentati agli stakeholders in due webinars (2021, 2023), e anche stakeholders particolari in eventi specifici, ad esempio, lo European Environment Information and Observation Network (EIONET) Technical Group on Circular Economy.  La Consumption Footprint Platform, dove vengono visualizzati i dati, consente agli utenti di esplorare i dati e fornire feedback. Scambi specifici hanno avuto luogo con gli Stati membri dell’UE, come il ministero spagnolo per i consumatori. Inoltre, lo sviluppo scientifico è stato presentato alla comunità scientifica in conferenze e attraverso pubblicazioni sottoposte a revisione paritaria.

Ci sono a livello extra-europeo altri indicatori simili con cui vi siete confrontati nell’elaborazione? Ci sono differenze e se sì perché avete fatto questa scelta?

Esistono diversi esercizi mirati alla quantificazione dell’impronta di consumo sulla base di altri approcci, come le tabelle input-output. Abbiamo fatto un confronto metodologico degli approcci prima di prendere una decisione sul metodo scelto. L’attuale impronta di consumo si basa su un approccio dal basso verso l’alto per consentire un’elevata granularità e un livello di dettaglio elevato, nonché per valutare in modo completo le pressioni e gli impatti ambientali. Il calcolo degli impatti ambientali è strettamente allineato con il metodo dell’Environmenal Footprint (EF) e utilizza i dati, quando disponibili, dei progetti pilota EF sviluppati con l’industria.

Avete intenzione di arricchire ulteriormente il tool? In che modo?

L’indicatore Consumption Footprint potrebbe essere perfezionato nel tempo aggiungendo nuovi prodotti per rispecchiare meglio le tendenze emergenti, come prodotti alimentari alternativi o nuovi elettrodomestici. Poiché il Consumer Footprint Calculator si basa sulla Consumption Footprint, gli sviluppi del Consumption Footprint Indicator potrebbero portare a versioni riviste del relativo calculator.

Leggi anche: Consumer Footprint Calculator, come funziona e perché usarlo

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