Quando si parla di disuguaglianze a livello globale, e per fortuna lo si sta facendo sempre più spesso, oltre agli impressionanti numeri si fa fatica a comprenderne le reali conseguenze. Soprattutto per la vita quotidiana di ciascuna e ciascuno di noi. Un nuovo rapporto Oxfam, la confederazione di ong che dal 1942 si dedica alla riduzione della povertà globale, mette finalmente l’accento su cosa significa vivere nel “decennio dei grandi divari”, una formula espressiva altamente efficace, “con miliardi di persone costrette a vedere crescere le proprie fragilità e a sopportare il peso di epidemie, carovita, conflitti, eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e una manciata di super-ricchi che moltiplicano le proprie fortune a ritmi parossistici”.
Tra i punti principali sollevati da Oxfam c’è la caduta del potere d’acquisto di lavoratrici e lavoratori. “Mentre durante la fase più acuta della crisi inflattiva le imprese sono riuscite a tutelare i propri margini di profitto – si legge nella sintesi del report – ampi segmenti della forza lavoro hanno perso potere d’acquisto, collocandosi tra i perdenti del conflitto distributivo insito alla crisi del caro-prezzi. Per quasi 800 milioni di lavoratori occupati in 52 Paesi i salari non hanno tenuto il passo dell’inflazione. Il relativo monte salari ha visto un calo in termini reali di 1.500 miliardi di dollari nel biennio 2021-2022, una perdita equivalente a quasi uno stipendio mensile (25 giorni) per ciascun lavoratore”.
Intanto nell’Unione Europea che quest’anno si avvia al rinnovo delle istituzioni il 2024 sarà anche l’anno della possibile decisione da parte della Commissione su un’imposta europea sui grandi patrimoni. Si tratta della campagna europea Tax the rich, che fa leva sullo strumento giuridico della ICE, l’Iniziativa dei Cittadini Europei, che permette di avanzare proposte per nuovi atti legislativi o modifiche ad atti giuridici europei (purché non di diritto primario, ovvero norme contenute nei Trattati dell’UE) che, in caso di raggiungimento del numero di firmatari richiesto, di solito un milione di firme nei 27 Stati membri, fa sì che Commissione Europea debba prendere in considerazione l’iniziativa giuridica, replicando formalmente ai proponenti e decidendo se legiferare o meno sulla proposta avanzata.
Anche in Italia la campagna è stata ufficialmente lanciata a ottobre 2023 da Oxfam Italia (e a cui è possibile aderire a questo link): secondo i dati, nel nostro Paese appena 50mila persone hanno una ricchezza tre volte superiore a quella di 25 milioni di persone. Un divario davvero insostenibile sotto ogni punto di vista.
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Gli impressionanti numeri di Oxfam sulle disuguaglianze
Oxfam ha lanciato ieri il suo rapporto annuale, intitolato “Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi”, in occasione del meeting annuale del World Economic Forum che si svolge a Davos dal 15 al 19 gennaio 2024. La sintesi dei dati pubblicata è davvero incredibile:
- “Oggi i miliardari globali sono, in termini reali, più ricchi di 3.300 miliardi di dollari rispetto al 2020 e il valore dei loro patrimoni è cresciuto tre volte più velocemente del tasso di inflazione.
- Dall’inizio della pandemia i 5 uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora, mentre la ricchezza aggregata di quasi 5 miliardi delle persone più povere non ha mostrato barlumi di crescita.
- Ai ritmi attuali, nel giro di un decennio potremmo avere il primo trilionario della storia dell’umanità, ma ci vorranno oltre due secoli (230 anni) per porre fine alla povertà.
- Tra le 10 società più grandi al mondo – colossi, il cui valore in borsa supera il prodotto interno lordo combinato di tutti i Paesi dell’Africa e dell’America Latina – 7 hanno un miliardario come amministratore delegato o azionista di riferimento. Non stupisce pertanto che l’incremento dei patrimoni dei miliardari rispecchi la straordinaria performance delle società che controllano.
- Il 2023 è destinato, in particolare, ad essere ricordato come l’anno più redditizio di sempre per le grandi corporation. Complessivamente, 148 tra le più grandi aziende al mondo hanno realizzato profitti per circa 1.800 miliardi di dollari tra giugno 2022 e giugno 2023 con un aumento del 52,5% degli utili rispetto alla media del quadriennio 2018-21. Per ogni 100 dollari di profitti generati da 96 tra i maggiori colossi globali, 82 dollari sono fluiti ai ricchi azionisti sotto forma di dividendi o riacquisti delle azioni proprie”.
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Alcune considerazioni sui dati Oxfam
Dal 2020 al 2024 il mondo ha dovuto affrontare una pandemia globale, la cosiddetta “terza guerra mondiale a pezzi”, una crisi energetica, ancora non risolta, che si è riversata su un aumento spropositato dei prezzi, e l’intensificarsi del collasso climatico. Intanto però, i cinque uomini più ricchi del mondo – Elon Musk, Bernard Arnault, Jeff Bezos, Larry Ellison e Warren Buffett – hanno più che raddoppiato le proprie fortune, da 405 a 869 miliardi di dollari, a un ritmo di 14 milioni di dollari all’ora, mentre 5 miliardi di persone più povere hanno visto complessivamente invariata la propria condizione.
E va da sé che le disuguaglianze economiche riflettono e amplificano altre forme di discriminazione, come quelle di genere: sia a livello globale che europeo, infatti, non c’è una sola donna al vertice delle classifiche delle persone più ricche. Mentre dell’uomo più ricco d’Italia, vale a dire Giovanni Ferrero, amministratore delegato dell’omonimo gruppo industriale, si parla sempre troppo poco. Eppure la sua ricchezza al 23 luglio 2023 è stata valutata dalla rivista Forbes in circa 40,4 miliardi di dollari. Da solo il patrimonio di Ferrero è più grande della manovra finanziaria italiana, varata dal governo Meloni con la scorsa Legge di Bilancio. Quel che è più grave, oltre all’ingiustizia in sè, è che gli effetti di queste disuguaglianze si ripercuotono poi sulla vita di ogni giorno.
“In tutto il mondo – scrive ancora Oxfam – si registra da anni una crescente tendenza alla privatizzazione dei servizi pubblici, alla mercificazione di servizi di primaria importanza come l’acqua, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e un accesso ai servizi riservato solo a chi può permettersi di pagare. La privatizzazione funziona per i più ricchi che ne traggono ampi benefici economici e per coloro che dispongono di risorse sufficienti per pagare costosi servizi privati, impoverendo invece ed escludendo i più fragili dall’accesso all’assistenza sanitaria e a un’istruzione di qualità”. Inoltre le disuguaglianze alimentano la crisi climatica. “La ricerca di profitti a breve termine da parte delle multinazionali ha portato il mondo sull’orlo del collasso climatico, mentre i combustibili fossili favoriscono la crescita delle fortune per molti tra i super-facoltosi. Se i ricchi e i paesi ricchi sono in molti modi responsabili della crisi climatica, sono però le persone nei paesi a basso reddito e coloro che vivono in povertà, ovunque nel mondo, a essere colpite più duramente”.
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Le disuguaglianze in Italia si ripercuotono sulla casa
Appena pochi giorni fa anche in Italia si è parlato di disuguaglianze in maniera specifica. Il punto di partenza ha coinciso con la pubblicazione da parte della Banca d’Italia delle statistiche sperimentali trimestrali sui conti distributivi sulla ricchezza delle famiglie italiane (Distributional Wealth Accounts, DWA), in contemporanea con l’uscita dei dati sull’area dell’euro prodotti dalla Banca Centrale Europea. Il dato più allarmante emerso dal report della Banca d’Italia è che “il 5% delle famiglie italiane più ricche possiede circa il 46% della ricchezza netta totale”.
Lo studio evidenzia come le famiglie meno abbienti possono contare principalmente sul possesso dell’abitazione mentre quelle più benestanti detengono un portafoglio più diversificato in azioni, depositi, polizze. L’analisi ricorda inoltre come “metà della ricchezza degli italiani sia rappresentata dalle abitazioni”. Quando si parla in Italia di “scomparsa della classe media” un indice particolarmente rappresentativo è composto proprio dalle case: se nel 2010 circa la metà del patrimonio abitativo era detenuta dalle famiglie della classe media, notare la Banca d’Italia, nel 2022 tale percentuale era scesa al 45%, soprattutto a vantaggio del decimo più ricco.
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Una piccola speranza che si chiama redistribuzione
Di fronte a tale desolante scenario il rischio, lo sappiamo, è la rassegnazione. C’è però una piccola ma significativa storia che vogliamo riportare. È la storia della milionaria e filantropa austrotedesca Marlene Engelhorn, che lo scorso martedì ha annunciato l’avvio di “Guten Rat” (“buon consiglio”), un progetto che prevede la creazione di un gruppo di 50 persone che, nei prossimi mesi, dovrà aiutarla a decidere come spendere una buona parte dei 25 milioni di euro che aveva ereditato nel 2022 dopo la morte di sua nonna.
Engelhorn, scrive Il Post, “è una delle discendenti di Friedrich Engelhorn, fondatore della BASF, una delle più grandi aziende farmaceutiche al mondo. I membri del “Buon consiglio” discuteranno nel corso di diversi incontri di quali siano i modi migliori per ridistribuire il patrimonio di Engelhorn, che non vuole ricorrere alle tradizionali forme di filantropia, come la creazione di fondazioni benefiche private, che a suo avviso sono strumenti che danno ai ricchi che vogliono fare beneficenza un potere che non dovrebbero avere”.
Una redistribuzione collettiva, seppur parziale, che conferma l’aticipità della figura di Marlene Engelhorn. La giovane milionaria, infatti, è tra le promotrici della campagna “Tax the rich” di cui parlavamo all’inizio del tempo. Non è la sola persona ricca, al momento, che chiede di essere tassata di più per contribuire a garantire maggiori servizi e maggior stato sociale. Finora si tratta di poche mosche bianche. L’auspicio è che un approccio del genere venga esteso, anche in Italia, dove invece figure del genere latitano completamente.
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