Incoraggiare la presenza delle donne nei green jobs, ovvero tutti quei lavori legati alla transizione ecologica, è una strategia per favorire la parità di genere, e al tempo stesso garantire nuove opportunità lavorative e maggiore stabilità economica alle donne, che sono le più colpite dagli effetti del cambiamento climatico. Oltre ad accelerare l’adozione ovunque di fonti di energia rinnovabile e liberarsi dalla dipendenza delle fonti fossili.
Con questo obiettivo, in India è stato avviato un progetto delle Nazioni Unite per fornire alle donne del paese le competenze necessarie per lavorare nei green jobs, soprattutto nel campo delle energie rinnovabili, dell’elettrificazione dei trasporti e dell’agricoltura sostenibile. Il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), in collaborazione con lo Skill Council for Green Jobs e col finanziamento del Giappone, ha attivato una serie di corsi che hanno formato mille giovani in cinque regioni dell’India, di cui un terzo erano donne.
A fianco alla transizione ecologica corre la transizione digitale, dove la situazione è analoga: le donne hanno in media meno competenze digitali degli uomini e incontrano perciò maggiori difficoltà nell’ottenere lavori qualificati e diventare indipendenti economicamente. Sempre in India, la piattaforma professionale LinkedIn e l’UN Women, l’ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile, hanno allestito un progetto educativo rivolto a duemila donne con lo scopo di colmare l’attuale divario di genere nelle tecnologie digitali.
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Superare le barriere per le donne nei green jobs
Tornando al programma dedicato ai green jobs, sono stati messi a punto corsi e moduli di formazione rivolti alle figure professionali emergenti nel settore delle energie rinnovabili e focalizzati sulle infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici, il fotovoltaico e il solare termico. Sono campi in cui è difficile, soprattutto in nazioni come l’India, vedere impiegate donne, per una serie di barriere finanziarie, sociali e culturali, che impediscono loro di cogliere queste opportunità di lavoro.
Prima di tutto, a livello culturale le professioni scientifiche e ingegneristiche sono percepite come materie per gli uomini, come hanno raccontato molte donne che hanno partecipato al progetto. In parecchi casi, c’è una vera e propria opposizione da parte delle famiglie, che impediscono alle figlie di avviare percorsi educativi in questa direzione. Col rischio di approfondire la segregazione di genere sia orizzontale sia verticale: le donne trovano spesso lavoro in professioni tradizionalmente femminili (segregazione orizzontale), poco retribuite, e sono meno rappresentate nelle posizioni di management intermedio e in posizioni apicali (segregazione verticale), in particolare nei settori Stem (in inglese Science, technology, engineering and mathematics, ovvero il campo scientifico-tecnologico).
Per ovviare al problema, è stato offerto un incentivo di 2.500 rupie indiane (l’equivalente di 30 dollari, una cifra elevata considerato il potere d’acquisto in India) a ogni donna che ha partecipato alla formazione. Alla fine, dei mille giovani che si sono iscritti, il 29%, quasi un terzo, era costituito da donne, contro la media del settore del 10-15%. È la dimostrazione dell’immenso potenziale che può dare il contributo femminile alla crescita economica dell’India nella transizione green, a patto che sia debitamente incoraggiato.
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Un’opportunità di crescita economica e giustizia sociale
La formazione di giovani donne nelle competenze ecologiche è essenziale per garantire l’uguaglianza di genere e lo sviluppo sostenibile. Il cambiamento climatico, infatti, minaccia di esacerbare la povertà: e come è stato dimostrato, le donne sono colpite più duramente dagli effetti perché nelle nazioni a basso reddito lavorano soprattutto nell’agricoltura. Secondo stime citate dall’UNDP, entro la metà del secolo altri 158 milioni di donne in tutto il mondo potrebbero essere costrette a vivere in condizioni di povertà: 16 milioni in più rispetto al numero di uomini.
Dare alle donne le stesse opportunità di accedere a posizioni in settori in forte crescita come le fonti di energia rinnovabile e i green jobs legati alla conservazione del territorio e alle pratiche di sostenibilità, invece, può ampliare le prospettive di occupazione per molte di loro, visto che nei prossimi quindici anni per soddisfare le esigenze occupazionali dei giovani dovranno essere creati 600 milioni di posti di lavoro a livello globale e molti saranno nei green jobs. Tuttavia uno studio pubblicato nel 2023 dall’International Lobour Organization (ILO) prevede che tra i 100 milioni di nuovi lavoratori impiegati nei green jobs circa 30 milioni saranno donne, quindi solo uno su tre.
L’inclusione può essere, invece, un grande strumento per favorire l’innovazione e la ricerca di soluzioni più efficaci nell’affrontare le sfide ambientali e sociali. Se mancano, però, le competenze per svolgere i green jobs, le donne restano indietro nella transizione green e saranno condannate a una posizione gregaria anche nel futuro. Inoltre, poiché il ruolo delle donne, in molte nazioni del Sud del mondo ma anche in altri contesti, è ancora legato esclusivamente alla gestione della casa e l’educazione dei figli, fornire loro conoscenze ecologiche potrebbe essere uno strumento indiretto per migliorare l’adozione e la diffusione di pratiche sostenibili partendo dalla base.
Chiudere al più presto il digital gender gap
Affiancare alle competenze green le skill digitali, in nazioni a medio e basso reddito investite da profonde trasformazioni in termini di mercato del lavoro, urbanizzazione e innovazione tecnologica, è altrettanto fondamentale. Nelle nazioni del Sud del mondo a partire dall’India, dove si è articolato il programma di formazione digitale portato avanti da UN Women e LinkedIn, le solite barriere che le giovani donne incontrano nell’alfabetizzazione scolastica si presentano anche nelle competenze digitali.
Sebbene negli ultimi anni, complice la pandemia di Covid-19, milioni di indiani si siano avvicinati alle tecnologie digitali, le donne sono rimaste indietro in queste competenze strategiche per il futuro. Ad esempio, per quanto riguarda l’accesso alle tecnologie digitali, le donne indiane hanno il 15% di probabilità in meno di possedere uno smartphone e il 33% di probabilità in meno di utilizzare servizi Internet rispetto agli uomini. Più in generale, nella regione Asia-Pacifico solo il 41,3% delle donne ha accesso ad Internet, rispetto al 54,6% degli uomini.
Colmare questo gap è essenziale, poiché si prevede che col progredire della transizione digitale il divario tra domanda e offerta di talenti digitali aumenterà di oltre 3,5 volte entro il 2026. Se le donne, in alcuni contesti socio-culturali, restano bloccate in una condizione di analfabetismo digitale saranno svantaggiate in un mercato del lavoro dove le skill digitali stanno rapidamente diventando essenziali, col risultato di essere ulteriormente marginalizzate nell’economia del futuro, condannate a svolgere lavori meno pagati o ad avere minori possibilità di trovare un impiego.
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