Non lascia dubbi il report della Commissione sui sussidi energetici: “I risultati di questo studio confermano che l’UE e i suoi Stati membri devono fare di più per ridurre i sussidi ai combustibili fossili per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050”. Sussidi che nel 2019 valevano 176 miliardi di euro. Pubblicato una settimana fa, quasi un antipasto per i lavori della COP26 di Glasgow, lo studio – un allegato al secondo State of the Energy Union Report – registra un sostegno economico molto ingombrante a petrolio, carbone e gas. E non mancano le preoccupazioni per aumenti futuri: “Parallelamente alla ripresa economica, i sussidi fossili, in calo nel 2020, potrebbero riprendere nei prossimi anni a causa dell’aumento dei consumi”.
Sussidi alle fonti fossili, decarbonizzazione, equità sociale
La legge europea sul clima ha confermato l’obiettivo di decarbonizzazione dell’Europa, che punta a diventare climaticamente neutra entro il 2050. Tra le misure da mettere in campo per raggiungere questo obiettivo, “sono necessari sforzi continui per garantire una graduale eliminazione socialmente equa dei sussidi energetici dannosi per l’ambiente – spiega la Commissione nel documento – in particolare per i combustibili fossili, che sono incompatibili con tale obiettivo”.
Il lavoro della Commissione, infatti, rileva che, nonostante sia evidentemente in contrasto con la missione del Green Deal, il sostegno alle fonti fossili è aumentato del 4% negli ultimi 5 anni (tra il 2015 e il 2019).
Che il tema non sia semplice come appare lo hanno dimostrato nel 2018 le proteste dei gilet gialli, innescate dagli aumenti dei carburanti. Lo spiega Legambiente, nel report sui sussidi ambientalmente dannosi: “Per chiarezza, di questi sconti beneficiano famiglie e imprese, per cui un semplice taglio avrebbe effetti negativi da un punto di vista economico e sociale, per le famiglie più povere e le imprese più in difficoltà”. Questi sussidi vanno cancellati, certo, ma facendo attenzione a non gravare sulle fasce più deboli: per questo la Commissione parla di “eliminazione socialmente equa dei sussidi” (ma aggiunge anche un meno convincente “graduale”).
Soprattutto bisogna evitare di aggiungerne di nuovi. Gli aiuti del governo per contenere gli aumenti del prezzo del gas (“Misure urgenti per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale”), “oltre a introdurre misure necessarie per contenere gli effetti sociali dell’aumento del gas – ha spiegato Edo Ronchi – tagliano anche l’IVA […] per tutti gli utenti, a prescindere dal reddito e dalla quantità e tipologia di consumi”. Commenta il presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile: “Se in presenza di un aumento dei prezzi dei combustibili fossili – per quanto consistente – non ci si limita alle misure per ridurne gli impatti sociali sui settori a più basso reddito, ma si ricorre a riduzioni fiscali generalizzate, si contribuisce a rallentare la decarbonizzazione, proprio quando è necessario e urgente accelerarla”.
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La crescita dei sussidi
Tra il 2015 e il 2019, ricostruisce il report della Commissione, le sovvenzioni energetiche nell’UE sono cresciute dell’8%. Ovviamente ci sono sussidi e sussidi. Ci sono quelli che accelerano la transizione energetica e quelli che la frenano. Nel complesso di questi sussidi energetici – pari a 176 miliardi di euro nel 2019, stimati a 177 nel 2020) – più del 40% è stato assegnato negli ultimi anni alle fonti rinnovabili. Con un aumento dell’8% (6 miliardi di euro) nel 2019 rispetto al 2015. Nello stesso periodo, invece, le sovvenzioni ai combustibili fossili sono cresciute di 2 miliardi di euro (+4%).
Nel 2020 (anche se la Commissione ammette che i dati relativi sono ancora parziali e quindi da prendere con le molle) i sussidi ai combustibili fossili sono diminuiti rispetto all’anno precedente, principalmente a causa del minor consumo di carburante nei trasporti. Calano anche, ma in maniera minore, i sussidi alle rinnovabili. Grazie ai nuovi strumenti per la chiusura e lo smantellamento degli impianti (principalmente in Germania e Francia), sono invece aumentati in modo significativo i sostegni per il nucleare.
Cosa sono i sussidi?
Ma cosa intendiamo quando parliamo di sussidi? Diverse i perimetri utilizzati dagli studiosi che si sono cimentati sull’argomento.
La Commissione, ad esempio, per i suoi calcoli fa riferimento alla definizione dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che “contiene tre elementi fondamentali: (i) un contributo finanziario (ii) da parte di un governo o di qualsiasi ente pubblico nel territorio di un Membro (iii) che conferisce un vantaggio”.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), invece, considera sussidi le differenza tra il prezzo di mercato dei combustibili fossili e il loro prezzo “corretto”. Dove il prezzo “corretto” è quello “socialmente efficiente” che riflette tutti i costi sociali dell’uso del carburante, non solo i costi di approvvigionamento (ad esempio manodopera, capitale e materie prime) ma anche i costi ambientali, comprese le emissioni di anidride carbonica (CO2), le emissioni locali di inquinamento atmosferico e più ampie esternalità associate all’uso di carburante (come la congestione stradale)”. Secondo l’FMI, a livello globale, hanno un prezzo inferiore a quello socialmente efficiente il 99% del carbone, il 52% del gasolio stradale, il 47% del gas naturale e il 18% della benzina.
L’Agenzia internazionale per l’energia (IEA) impiega l’approccio “price-gap”: confrontare i prezzi medi all’utente finale con il costo totale della fornitura: “Il divario di prezzo è l’importo di cui un prezzo per uso finale è inferiore al prezzo di riferimento e la sua esistenza indica la presenza di una sovvenzione”. È il metodo di Legambiente, che considera sussidi “le misure incentivanti che intervengono su beni o lavorazioni, per ridurre il costo di utilizzo di fonti fossili”.
I sussidi energetici possono essere esaminati da diverse angolazioni, ad esempio per lo scopo che promuovono (produzione, consumo/domanda o efficienza energetica), per tipo di combustibile (combustibili fossili, rinnovabili, nucleare), per settori economici (settore energetico, trasporti, industria, agricoltura, residenziale, ecc.), o per tipologie di strumenti utilizzati per imporre sussidi (agevolazioni fiscali, contributi, sostegno al prezzo o al reddito). Possono avere la forma di spese fiscali (riduzioni fiscali, esenzioni) o di sostegni al reddito e ai prezzi (ad es. garanzie sui prezzi, tariffe incentivanti e premi).
Negli ultimi anni, quasi il 60% dei sussidi energetici, scrive la Commissione, potrebbe essere direttamente collegato al settore energetico. Nello stesso periodo, la quota dell’industria e dei trasporti era per entrambi superiore al 10%, mentre le quote del settore delle famiglie e dell’agricoltura erano rispettivamente inferiori all’8 e 4%.
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Sussidi ai combustibili fossili
Come abbiamo scritto, tra il 2015 e il 2019 l’importo totale dei sussidi ai combustibili fossili è cresciuto del 4% nell’UE. Mentre, principalmente a causa delle minori attività di trasporto, c’è stata una diminuzione rilevante nel 2020 (le sovvenzioni sono scese a 5.217 miliardi di euro).
In Europa, in media, i sussidi ai combustibili fossili sono stati pari allo 0,4% del PIL (nel 2019 come nel 2015). Ma ovviamente la situazione varia da Paese a Paese: dall’1,2% del PIL in Ungheria allo 0,01% di Malta (il report non riporta il dato italiano).
Concentrandosi su diversi settori dell’economia, partiamo dal settore energetico, dove le sovvenzioni sono diminuite di 1,8 miliardi di euro (-10%) tra il 2015 e il 2019 (e hanno continuato a diminuire nel settore energetico nel 2020): la principale causa, spiega la Commissione, è il calo di carbone e lignite nella produzione di energia elettrica.
Calano anche i sostegni nell’industria, forniti principalmente sotto forma di sgravi fiscali ed esenzioni per l’uso energetico: -0,5 miliardi di euro (- 4%).
Settore energetico e industria sono i soli ambiti che fanno registrare un calo. Il sostengo è infatti aumentato del 25% nei trasporti (3,4 miliardi di euro, mentre nel 2020, come accennato, ha visto un calo, principalmente nell’aviazione). In agricoltura: +0,6 miliardi di euro, il 10% in più prevalentemente sotto forma di sostegno al consumo di prodotti petroliferi. Nei consumi delle famiglie: +0,3 miliardi di euro (+13%) soprattutto come contributi al consumo di gasolio e gas naturale.
Petrolio, carbone, lignite, gas
Oltre la metà del totale dei sussidi ai combustibili fossili nell’UE è rappresentato da forme di sostegno ai prodotti petroliferi: cresciuti di 4,4 miliardi di euro (+18%) tra il 2015 e il 2019.
Se zoomiamo su alcuni Paesi, possiamo vedere che i sussidi al petrolio sono aumentati di 2,5 miliardi di euro (+40%) in Francia, mentre sono diminuiti di 0,4 miliardi di euro (-24%) in Svezia.
I sussidi al carbone (-20% nel periodo osservato) e alla lignite hanno mostrato una diminuzione continua nell’UE tra il 2015 e il 2019, principalmente a causa della diminuzione dell’uso di combustibili solidi nella generazione di elettricità (l’aumento dei prezzi delle quote di emissione europee ha reso i combustibili solidi sempre meno competitivi). Tuttavia, avverte la Commissione, “in futuro le sovvenzioni per il settore del carbone potrebbero aumentare temporaneamente, poiché in diversi Stati membri sono previsti regimi di compensazione per la chiusura degli impianti”.
I sussidi per il gas naturale sono cresciuti di 0,8 miliardi di euro (+10%) tra il 2015 e il 2019.
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La spinta della tassonomia e i rischi legati alla ripresa
È prevedibile, così la Commissione conclude lo studio, che il lavoro europeo sulla finanza sostenibile e sulla tassonomia contribuirà a riorientare gli investimenti e i sussidi verso le rinnovabili. Preoccupano però gli effetti della ripresa economica post-pandemica: “Parallelamente alla ripresa economica, i sussidi fossili, in calo nel 2020, potrebbero riprendere nei prossimi anni a causa dell’aumento dei consumi”. L’auspicio è che i Piani di ripresa e resilienza degli Stati membri, promuovendo la transizione verso l’energia verde, possano “portare a ridurre la dipendenza a lungo termine dai combustibili fossili”.
E il resto del mondo?
Anche il Fondo monetario internazionale (FMI) ha calcolato recentemente, pur con criteri diversi, il valore dei sussidi alle fossili: a livello globale, secondo l’FMI, sono stati di 5,9 trilioni di dollari nel 2020: il 6,8 percento del PIL globale. E supponendo la conservazione delle attuali politiche, saliranno al 7,4% nel 2025, legati in particolare alla crescita del consumo di combustibili fossili nelle economie emergenti. Secondo questi calcoli, in Italia i sussidi sarebbero pari circa al 2,1% del PIL: 41 miliardi di dollari.
Secondo L’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), altro metodo di calcolo, l’anno scorso il calo dei prezzi dei combustibili fossili e del consumo di energia ha portato il valore dei sussidi a un minimo storico: poco più di 180 miliardi di dollari, valore inferiore di circa il 40% rispetto ai livelli del 2019, il dato più basso da quando l’agenzia ha iniziato a monitorare questi sussidi nel 2007.
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L’Italia secondo Legambiente
Stando ai conti di Legambiente, il nostro Paese ha sussidiato le fonti fossili – con sconti su tasse, accisa, iva e credito d’imposta, con sconti sui prezzi, esenzioni e differenti trattamenti fiscali – per un valore pari a 172 miliardi in 10 anni.
Dati che spingono l’associazione a chiedere che nella prossima legge di Bilancio venga inserita la cancellazione di tutti i sussidi alle fonti fossili entro il 2030, rivendendo subito anche la tassazione sui combustibili fossili “per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra”.
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