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lunedì, Dicembre 16, 2024

Fanghi e gessi di depurazione: senza tracciabilità il rischio è grosso

Indagini giudiziarie in corso hanno portato l’attenzione sulla questione dei fanghi di depurazione, degli spandimenti sui terreni agricoli e dei prodotti derivati dai fanghi come i gessi di defecazione. È fondamentale porre l’accento sulla tracciabilità e sulla prevenzione. E una tariffazione puntuale non solo dei rifiuti solidi, ma anche dei reflui liquidi civili sarebbe molto d’aiuto

Alberto Zolezzi
Alberto Zolezzi
46 anni, è un medico pneumologo in aspettativa dall'Ospedale civile di Mantova da 2013, quando è stato eletto per la prima volta alla Camera dei deputati con il MoVimento 5 Stelle. Rieletto nel 2018, attualmente è membro della commissione Ambiente a Montecitorio e della commissione bicamerale sulle Ecomafie

L’indagine sui gessi sparsi su 3.000 ettari di suolo agricolo lombardo fa rabbrividire: secondo l’accusa, ben 150 mila tonnellate di fanghi di depurazione sono state sparse illegalmente in 4 regioni del Nord, con epicentro nell’Alto Mantovano e Bassa Bresciana. “Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi…” si chiedeva intercettato uno dei 15 indagati. Il fenomeno non è purtroppo isolato e va evidentemente analizzato e approfondito.

Un primo intervento nel decreto Genova del 2018, al quale ho lavorato personalmente, ha imposto di ricercare gli idrocarburi C10-C40 sui fanghi di depurazione introducendo anche un limite di concentrazione. È anche partito un periodo di monitoraggio per comprendere come rendere più restrittiva la norma in maniera sostenibile. Questo vuol dire che in prospettiva i limiti dovranno essere resi più stringenti ma va compresa la natura degli idrocarburi stessi visto che ancora oggi è difficile differenziare idrocarburi di origine vegetale da minerale, e non è semplice separare le acque bianche dalle acque nere, va ridotto il costo delle procedure di purificazione e di gestione. In ogni caso va evidenziato che l’Italia è stato il primo Paese a farlo in tutta l’Unione europea., mentre purtroppo non siamo ancora riusciti a rendere tracciabili i gessi e gli altri fertilizzanti derivati dai fanghi, quelli oggetto dell’indagine. Attualmente il decreto legislativo 2010/75 rende possibile trasformare i fanghi di depurazione in fertilizzanti che perdono ogni tracciabilità: non si sa dove e quando vengono sparsi. È per questo che non è facile fare indagini e controlli.

Da fanghi di depurazione a gessi di defecazione: nessuna tracciabilità

Oggi in Emilia Romagna e ancor più in Lombardia oltre il 95% dei fanghi viene trasformato in gessi. Ho chiesto un mese fa al ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli (dopo che i suoi predecessori Centinaio e Bellanova rifiutarono, spalleggiati da Regione Lombardia) di rendere tracciabili i gessi derivati da fanghi di depurazione. Spero che questa nuova indagine, nella sua tragicità, consenta di spingere in questa direzione.

Come è possibile controllare a caso lo spandimento di fertilizzanti se oggi non è obbligatorio neppure dire dove e quando si spandono?

Qualcuno dice che il decreto Genova spinge a trasformare i fanghi in gessi per bypassare quella norma che è troppo restrittiva. Non credo: va semplicemente impedito che i gessi siano sparsi senza tracciabilità e senza possibilità di comprendere quali rifiuti vengano mescolati, come pare si accaduto nel caso di pochi giorni fa con gli acidi di batteria mescolati ai fanghi e sparsi sul nostro cibo.

La legge criminogena e sbagliata è invece la legge regionale dell’assessore lombardo all’Agricoltura Fabio Rolfi che impedisce di spandere i fanghi in oltre 160 comuni lombardi. Informo Rolfi che anche i cittadini di quei paesi hanno escrementi da gestire. Impedendo di spandere fanghi in quei comuni, vedi Canneto Sull’Oglio, si spandono solo gessi! Oltretutto basandosi sulla direttiva nitrati! I fanghi di depurazione sparsi tal quali rilasciano al suolo e in falda meno nitrati rispetto ai gessi confermando l’assurdità della norma regionale.

Leggi anche: Energia e fertilizzanti dai fanghi di depurazione. Un esempio concreto di economia circolare

Una questione di nitrati

I gessi rilasciano molto più facilmente nitrati anche per la procedura rapida di produzione: un po’ di carbonato bianco mescolato e un po’ di acidi e in poche ore il gesso è pronto per lo spandimento! A differenza del compostaggio dei fanghi che può richiedere anche più di un mese ma abbassa gli inquinanti, uccide i germi in maniera definitiva, elimina geni di resistenza antibiotica e rende biodisponibile fosforo e altri nutrienti. Con i gessi invece si consente che si riformino germi, che si riformi materiale organico con molestie odorigene e sintomi respiratori importanti denunciati da decenni nei comuni oggetto di spandimento

Il regolamento del comitato tutela suoli agricoli lombardi

Dal 2014 seguo il tema e dal 2017 incontrando sindaci, comitati e funzionari, abbiamo fondato il “comitato tutela suoli agricoli lombardi” e abbiamo scritto un regolamento che è entrato nei regolamenti comunali di Mariana Mantovana, Guidizzolo, Curtatone, Asola e a Comuni del bresciano, mentre altri Comuni mantovani lo stanno valutando. Questo regolamento impone la tracciabilità dei gessi e di tutto ciò che deriva dai fanghi di depurazione, in alcuni Comuni anche dei digestati industriali.

Devo sapere quali rifiuti vengono sparsi sui campi e sul cibo dei miei figli per controllare se ci sono livelli di inquinanti in salita. Ma purtroppo ci sono troppe cointeressenze tra alcuni esponenti politici lombardi e gli operatori del settore, in particolare produttori di gessi, che non fanno ben sperare quanto a trasparenza.

Come spiego nella mia nuova interpellanza, con più di 600mila tonnellate di fanghi importati, gli escrementi o altri rifiuti di più di 6 milioni di persone in una regione che importa 12 milioni di tonnellate di rifiuti vari ogni anno è inevitabile che poi si generi il sospetto che alcune epidemie che colpiscono i territori lombardi interessati abbiano un nesso con gli spandimenti. La Lombardia arriva a gestire un terzo delle deiezioni degli italiani: è evidente che tutto ciò non è minimamente sostenibile!

Leggi anche: Idrogeno per una gestione circolare degli impianti di depurazione

Piattaforma italiana del fosforo

Eppure la gestione dei fanghi è molto semplice purché non si voglia lucrare con il turismo dei rifiuti portandoli in giro per il Paese e non creando un ciclo di trattamento territoriale. Con la Piattaforma italiana del fosforo abbiamo individuato i metodi più sostenibili di gestione dei fanghi anche in funzione del fosforo da recuperare. L’iniziativa, frutto di un nostro emendamento alla legge di Bilancio 2018 e rifinanziata con 200 mila euro in legge di Bilancio 2019, affronta una criticità ambientale che riguarda l’intero Paese e la trasforma in opportunità. Finalmente l’Italia sarà in grado di recuperare il fosforo dai fanghi, dalle acque di depurazione civile e industriale e dai liquami zootecnici, riuscendo così a evitare l’importazione di questo elemento chimico dal Marocco, che lo estrae dalle miniere sempre più in profondità e con sempre maggiori impurità e ne invia nel nostro Paese oltre 400 mila tonnellate l’anno.

A breve ci incontreremo con il comitato tutela suoli agricoli e faremo il punto sulla questione, discutendo ulteriori spunti normativi e valutando l’attuazione dei regolamenti approvati nei vari Comuni: sono state erogate sanzioni, ci sono stati ricorsi? l’impressione è che è bastato dotarsi di un regolamento comunale per scacciare i criminali.

La sfida della prevenzione

I fanghi di depurazione non sono un male necessario. Più detergenti complessi rilascio negli scarichi, più mescolanza di acque bianche o piovane con le nere c’è e più fanghi genero. L’occasione del Recovery fund è anche quella di investire nella prevenzione della produzione di fanghi e per il minore impegno dei depuratori. Una abitazione che utilizzi solo detergenti bioecologici per l’igiene della casa e della persona non genera a valle produzione di fanghi se c’è una depurazione avanzata per i liquami. E in molte realtà si potrebbero recuperare con metodi di fitodepurazione. Questo si può estendere alle imprese, sempre parlando di prevenzione della produzione dei fanghi di depurazione e di sanificazione e igienizzazione civile. Buona parte delle imprese potrebbe evitare di produrli ricorrendo a impianti di fitodepurazione.

Anche a valle della produzione di reflui si possono fare molte cose. Oggi Ispra stima 3,1 milioni di tonnellate di fanghi civili e 700mila tonnellate di fanghi industriali. E spesso c’è mescolanza, molte attività produttive possono scaricare lecitamente nella rete fognaria civile, altre scaricano illecitamente e ai depuratori civili arrivano inquinanti complessi industriali con maggiore produzione di fanghi. È chiaro che va previsto il trattamento di quel che si produce, ma in contemporanea va previsto un piano di prevenzione nazionale dei reflui civili, così come è in corso per i rifiuti solidi urbani.

Leggi anche: La gestione delle acque secondo i principi dell’economia circolare: un’opportunità e un’esigenza non più rimandabile

Procedure di infrazione

A valle si può estendere il recupero di materia. Gli esperimenti in merito al recupero chimico stanno procedendo con notevole riduzione dei volumi da recuperare solidi e liquidi e con la fase microbiologica terminale si è riusciti a sciogliere il materiale rimanente e a completare il recupero (per esempio del fosforo) solo in parte recuperabile con il metodo chimico.

In ottica di rientro dalle procedure di infrazione europea sulla qualità dell’aria, sulla depurazione, sui nitrati in falda, è necessario spingere al recupero di materia evitando in particolare combustioni o spandimenti di correttivi al suolo. Un fango di depurazione ben compostato ha rilasci in atmosfera da spandimento molto minori rispetto a un correttivo da fanghi (come i gessi di defecazione). Bisogna tenere conto che oggi il 95% dei fanghi di depurazione viene trasformato in correttivi, in particolare i gessi appunto, per perdere obblighi di tracciabilità e bypassare il decreto Genova, la norma più restrittiva in tutta l’UE sulla gestione dei fanghi di depurazione. Nessun Paese europeo cerca né limita gli idrocarburi C10-C40 ad eccezione dell’Italia.

Il contributo della tariffazione puntuale

L’impronta idrica della depurazione aumenta notevolmente con la combustione dei fanghi soprattutto se non ho eseguito recupero chimico preliminare. Il 26 aprile 2021 abbiamo fatto il punto sul lavoro della piattaforma italiana del fosforo che ha esplorato le buone pratiche italiane ed europee per il recupero del fosforo, e sta portando spunti normativi importanti per far conoscere l’importanza di questo ciclo geochimico così sovvertito in Italia e nel mondo che vede importazioni importanti da paesi extra Ue, in particolare dall’Africa mentre basterebbe recuperare totalmente il fosforo dai reflui e dai fanghi, come già scritto è sufficiente un recupero chimico seguito da un recupero microbiologico. La ricerca e il mercato in pochi anni potranno rendere questi metodi competitivi soprattutto se sarà obbligatorio valutare il costo del ciclo vita dei metodi di gestione quando si calcola la bolletta di privati e aziende. In questo ARERA sta giocando un ruolo importante che sta portando alla sostenibilità sia nella gestione dei rifiuti solidi che dei fanghi. I meccanismi di tariffazione puntuale si stanno estendendo ai rifiuti solidi, lo stesso deve avvenire per i reflui liquidi civili.

© Riproduzione riservata

 

 

 

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