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domenica, Dicembre 15, 2024

Il Massachusetts estende il diritto a riparare le auto. I produttori protestano

Con una schiacciante preferenza del 75%, gli elettori dello Stato del Nord-est degli Stati Uniti si sono pronunciati a favore della nuova legge che obbliga il settore automobilistico a dotare i propri modelli di una piattaforma dati standardizzata e aperta. Esultano le associazioni dei consumatori: "E' una questione di buon senso"

Maurita Cardone
Maurita Cardone
Giornalista freelance, pr e organizzatrice culturale, ha lavorato per diverse testate tra cui Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia. Abruzzese trapiantata a New York dove è stata vicedirettore di una testata italiana online, attualmente è corrispondente dagli USA per Artribune oltre a collaborare con diversi media italiani e non. Si occupa di temi sociali e culturali con particolare attenzione alle intersezioni tra arte e attivismo.

Le elezioni americane del 3 novembre hanno consegnato ai consumatori e proprietari di veicoli del Massachusetts un’importante vittoria che sta già portando marchi come Tesla a rivedere le proprie politiche in termini di trasparenza. Gli elettori dello Stato del Nord-est degli Stati Uniti sono infatti stati chiamati a pronunciarsi su un quesito riguardante il diritto alla riparazione. La schiacciante vittoria del sì con il 75 per cento delle preferenze implica che i produttori di veicoli equipaggiati con sistemi telematici, a partire dai modelli immessi sul mercato nel 2022, dovranno dotare le proprie auto di una piattaforma dati standardizzata e aperta, accessibile ai proprietari stessi e alle officine di riparazione indipendenti, che potranno così recuperare dati sulla meccanica ed eseguire la diagnostica tramite app.

Un’estensione della legge del 2012

La decisione espande la portata della legge sul diritto alla riparazione già in vigore nello Stato americano dal 2012, ma che finora non copriva i sistemi telematici. La nuova legge prevede che i meccanici avranno d’ora in poi accesso ai dati di riparazione inviati in modalità wireless, indipendentemente dal fatto che siano associati a un concessionario di automobili ufficiale o a un’officina indipendente. Finora accadeva che gli alert inviati dai sensori di un’auto arrivavano al produttore che a sua volta li comunicava al rivenditore locale, dando lavoro alle officine autorizzate a discapito di quelle locali non ‘marchiate’. La normativa del 2012 già richiedeva la condivisione dei dati, ma escludeva i dati trasmessi tramite sistemi wireless: il timore degli addetti ai lavori era che sempre più automobili montassero sistemi wireless proprio per aggirare la legge, il cui obiettivo ultimo è quello di allungare la vita potenziale dei veicoli e interrompere il monopolio sulle riparazioni detenuto dalle case automobilistiche.

I produttori contestano la tempistica…

La decisione del 3 novembre sta già facendo registrare le prime reazioni del settore automobilistico. In questi giorni Tesla, le cui auto notoriamente presentano una serie di problematiche per chi voglia ripararle al di fuori del circuito delle concessionarie ufficiali, ha iniziato con il concedere ai proprietari delle sue auto l’accesso ai manuali per la riparazione, alle informazioni sull’utilizzo, alla diagnostica e simili. Il tutto senza costi aggiuntivi. Di diverso tenore invece la reazione delle associazioni di produttori, che  già due anni dopo l’approvazione della legge del 2012, avevano sottoscritto un Memorandum of Understanding, accordandosi per raggiungere i requisiti richiesti dal Massachussets in tutti gli stati dell’Unione. Tra i grandi marchi delle auto c’è anche tanto malcontento: l’industria automobilistica infatti contesta la tempistica, facendo notare che la progettazione e messa in produzione di un’auto tipicamente richiede diversi anni e che rispettare i nuovi requisiti nei modelli 2022 è praticamente impossibile.

…e fanno causa

Inoltre, i produttori sostengono che con le nuove norme proprietari della auto e officine avranno accesso a dati sensibili e che intervenire su tali informazioni richieda una formazione specifica che solo i detentori della tecnologia proprietaria possono fornire. Dando voce a queste critiche, a poche settimane dal voto, la Alliance for Automotive Innovation, di cui fanno parte General Motors, Toyota, Volkswagen e altri grandi marchi, ha intentato causa presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il Massachusetts sostenendo che la legge è inapplicabile perché in conflitto con la leggi federali e la Costituzione, dal momento che “rende i dati personali di guida disponibili a terzi senza garanzie di protezione delle funzioni principali del veicolo, delle informazioni private dei consumatori o della sicurezza fisica”.

Consumatori soddisfatti

Soddisfatte invece le associazioni di consumatori, la Repair Association e la Campaign for the Right to Repair che hanno sostenuto la campagna per il sì, anche se c’è chi, come Kyle Wiens, ceo di iFixit (una sorta di social network per le riparazioni), fa notare che non dovrebbe essere necessario avere leggi specifiche per ogni settore industriale, ma che serve invece la volontà politica di creare una legislazione più ampia per combattere le tattiche monopolistiche dei grandi marchi. “È una questione di buon senso – ha commentato Wiens –. Mi piace dire che tutti gli umani sono a favore del diritto alla riparazione, sono solo queste grandi società a non gradirlo”.

© Riproduzione riservata

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