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venerdì, Dicembre 13, 2024

Indicatori per misurare l’economia circolare: la guida dell’OECD

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) ha presentato una lista di indicatori per misurare l’economia circolare di una nazione. Una fonte di ispirazione per le istituzioni e gli uffici statistici nazionali che si occupano di monitoraggio. Perché senza una misurazione accurata è impossibile progredire verso la circolarità

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Indicatori per misurare il flusso e il consumo delle materie prime in una nazione, la produzione di rifiuti e i tassi di riciclo, oppure gli effetti delle attività economiche sull’ambiente, sia in termini di impatto sulle risorse naturali sia sul clima. Strumenti per valutare l’efficacia delle politiche e le leggi nazionali destinate all’economia circolare. E, infine, come tutto ciò si riflette sulla popolazione e sulla società: nell’economia, ma anche nell’istruzione e nei comportamenti dei cittadini, fino ai cambiamenti strutturali innescati dalla transizione ecologica.

Ha l’ambizione di essere una mappa completa e onnicomprensiva quella presentata dall’OECD, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel reportMonitoring Progress towards a Resource-Efficient and Circular Economy”, in cui sono presentati in maniera sistematica e dettagliata tutti gli indicatori che, in poche parole, possono misurare lo stato di avanzamento e i progressi di una nazione verso l’economia circolare.

“L’aumento delle iniziative politiche in materia di economia circolare – scrive l’OECD nel report – ha determinato una maggiore richiesta di informazioni affidabili e granulari per tracciare i progressi verso un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse e circolare. Ha inoltre sollevato dubbi sull’adeguatezza dei dati e degli indicatori attualmente disponibili”.

Il rapporto diffuso dall’OECD è una sorta di guida rivolta ai ministeri, alle agenzie governative e agli uffici statistici coinvolti nel monitoraggio e nella valutazione delle politiche pubbliche che incoraggiano l’economia circolare e l’utilizzo efficiente delle risorse, in modo da essere una fonte di ispirazione per l’adozione e lo sviluppo di indicatori affidabili e adeguati e nuovi metodi di misurazione che potrebbero colmare le attuali lacune nella raccolta dei dati.

Tre livelli di indicatori e quattro macro-temi

Il set di indicatori fornito dall’OECD si articola su tre livelli: “indicatori di base” (“core” in inglese), “indicatori complementari” e “indicatori di contesto”. Gli indicatori di base proposti mirano a cogliere gli elementi chiave di un’economia circolare, a rispondere alle principali questioni politiche in materia di economia circolare. Questi indicatori sono il kit di base, una sorta di minimo indispensabile per i Paesi che vogliono misurare la circolarità. L’OCSE raccomanda “l’adozione di un numero di indicatori di base limitato in modo da facilitare il monitoraggio e la comunicazione delle principali tendenze: non dovrebbero superare quota 20-25”. Gli indicatori complementari completano le informazioni comunicate dagli indicatori di base, forniscono ulteriori dettagli (approfondimenti territoriali o settoriali) o coprono altri aspetti (ad esempio focus su materiali o attività particolari).

Gli indicatori di contesto forniscono informazioni sulle variabili socio-economiche e ambientali e facilitano l’interpretazione nel contesto nazionale. Comprendono indicatori generali sulle caratteristiche della crescita economica (Pil, reddito), sui cambiamenti nella struttura industriale del Paese, sulla struttura demografica e sulla spesa per i consumi finali, nonché indicatori generali di disuguaglianza. Includono anche indicatori come l’uso di energia e acqua o l’estensione delle aree protette, che hanno un effetto diretto sull’utilizzo dei materiali.

I tre livelli di indicatori si articolano a loro volta in quattro macro-temi legati all’economia circolare: ciclo di vita dei materiali e catena del valore (produzione e consumo di risorse), interazioni con l’ambiente (effetti sulla qualità dell’ambiente e implicazioni sui beni naturali), risposte e azioni politiche e, infine, opportunità socio-economiche che derivano dall’economia circolare e contribuiscono a una giusta transizione.

Indicatori economia circolare
Fonte: OECD

Leggi anche: Cinzia Rossi (Antonianum): “Dietro alla crisi ambientale c’è una crisi antropologica”

Gli indicatori sulla produzione e il consumo di risorse

La prima sezione si concentra sugli indicatori utili nel descrivere le varie fasi del ciclo di vita dei materiali e della catena del valore, dall’estrazione di materie prime alla fase di produzione, consumo e infine rifiuti solidi urbani. Questi indicatori riflettono le caratteristiche chiave e i principali risultati raggiunti in un economia circolare: consumo di materiali e produttività, rifiuti generati a livello nazionale e pro capite, tasso di utilizzo dei materiali e di riciclo, quantità di rifiuti conferiti in discarica, esportazione e importazione di materie prime, di materie prime seconde e di rifiuti.

Se queste sono le principali categorie, lo schema proposto dall’OECD è molto più dettagliato e granulare. Così, ad esempio, tra gli indicatori si trovano voci come la proporzione dei materiali provenienti da risorse rinnovabili, la percentuale di rifiuti pericolosi sul totale dei rifiuti, gli sprechi alimentari, il contenuto di materiali riciclati utilizzati nei processi produttivi, il consumo di materie prime seconde nei processi produttivi, la percentuale di prodotti riparati o riutilizzati tra quelli venduti, la quantità di rifiuti inceneriti.

L’efficacia o meno di questi indicatori dipende principalmente dalla qualità e dalla disponibilità di dati. Ad esempio, nella gestione dei rifiuti l’OECD sottolinea “lacune nei dati sui rifiuti industriali non pericolosi e sulle varie categorie di rifiuti pericolosi, lacune sui tassi di recupero e riciclaggio e scarse informazioni sulle misure di prevenzione dei rifiuti e sull’uso di materie prime seconde nei processi produttivi”. Sebbene per i flussi di materiali ci siano fonti internazionali come la stessa OECD, Eurostat, UNEP, tuttavia spesso non sono sufficienti per valutare in maniera approfondita l’uso efficiente delle risorse e le politiche di economia circolare: ad esempio è difficile trovare dati attendibili sulle scorte di materiali “bloccati” nelle economie, come le miniere urbane oppure su particolari materiali critici e sostanze dannose per l’ambiente.

Gli effetti dell’economia sull’ambiente

Questa sezione descrive le principali implicazioni delle attività economiche per l’ambiente e le risorse naturali, considerando l’intero ciclo di vita dei materiali. Alcune di queste conseguenze possono essere attribuite direttamente all’estrazione di risorse (ad esempio, le emissioni di gas serra causate dall’estrazione e dalla lavorazione delle materie prime), mentre altre sono indirettamente legate all’utilizzo delle risorse, come l’inquinamento atmosferico causato dai combustibili fossili.

Tra gli esempi di indicatori per misurare il declino di risorse in uno Stato si possono citare i tassi di estrazione dei materiali e le variazioni delle scorte di risorse naturali, gli indici di esaurimento e i tassi di rigenerazione (per le risorse rinnovabili), il consumo di acqua dolce per l’estrazione, la lavorazione e l’utilizzo dei materiali, nonché lo spreco di risorse naturali estratte e non utilizzate.

Sono misurati poi tutti gli impatti sull’ambiente e sulla salute umana dovuti all’estrazione, alla lavorazione, all’uso e alla gestione del fine vita dei materiali, compresi gli impatti sul clima, sulla qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo, sulla biodiversità, sull’esposizione umana a questi impatti. Sono esempi il calcolo delle emissioni di gas a effetto serra, l’impronta di carbonio dei materiali, gli scarichi di inquinanti e altri residui dei processi di produzione e consumo (ad esempio, emissioni atmosferiche, scarichi idrici) e i relativi effetti sulla salute umana e sugli habitat.

 

Valutare le politiche e le leggi sull’economia circolare

Questi indicatori descrivono le risposte politiche che possono incoraggiare la transizione verso un’economia circolare creando le giuste condizioni quadro, fornendo incentivi per la sostituzione di risorse ambientali scarse e prodotti dannosi per l’ambiente e promuovendo l’innovazione, la produttività e il capitale umano.

Esempi includono: tasse, sussidi e regolamenti a sostegno di modelli di business circolari (ad esempio, modelli di condivisione o di prodotti come servizio) e strumenti che incoraggino il riutilizzo, attraverso i mercati dell’usato, la riparazione e il remanufacturing, come gli schemi di responsabilità estesa del produttore (EPR) o i sistemi di deposito su cauzione.

Vi rientrano, inoltre, tutti gli strumenti a monte con cui si cerca di rendere più competivi dal punto di vista dei prezzi i materiali e i prodotti riciclati, incentivare la progettazione circolare, estendere la durata di vita dei prodotti, fino a tasse su materiali inconciliabili con l’ambiente e l’economia circolare, come la plastica, o divieti su sostanze nocive che limitano il riciclo.

Ci sono poi tutti gli indicatori per misurare l’efficienza nella gestione dei rifiuti, come gli investimenti in infrastrutture per la raccolta e selezione dei rifiuti, le politiche anti-littering, tra cui i divieti o le tasse sulla plastica abbandonata in mare o nelle strade o strumenti per scoraggiare il conferimento in discarica e l’incenerimento.

Rientrano nel campo di valutazione di questa categoria di indicatori tutti gli incentivi al riciclo, come fissare obiettivi di contenuto minimo riciclato nei prodotti o target di riciclo, la riduzione e la prevenzione dei rifiuti. Più in generale tutti gli incentivi all’economia circolare, che possono essere finanziari (misurare gli investimenti pubblici e quelli privati) oppure gli investimenti in innovazione e tecnologia orientati all’utilizzo efficiente di risorse e alla gestione dei rifiuti.

Indicatori economia circolare
Foto: Canva

Leggi anche: “Le politiche ambientali? Aumentano la competitività”. A colloquio con l’economista Simone Borghesi

Misurare le opportunità economiche e nella società

Gli indicatori di questa sezione hanno lo scopo di descrivere gli effetti sociali ed economici dell’economia circolare, commisurando gli aspetti di efficienza economica con quelli di equità sociale, in modo che sia possibile parlare di “transizione giusta”.

Ci sono indicatori più “tradizionali” per valutare lo stato economico della nazione, come la crescita del Pil, il Pil pro capite, l’indice di Gini per il calcolo della disuguaglianza e altri strettamente legati all’economia circolare, come la nascita di nuovi modelli di business circolari, le nuove opportunità di lavoro, iniziative di ecologia industriale o di sharing economy.

Altri indicatori in questa sezione colgono nuovi sviluppi e aspetti non visibili  e misurabili nella società attraverso gli indicatori elencati finora: il livello di istruzione, lo sviluppo di nuove competenze i cambiamenti nel comportamento di acquisto e nei consumi di energia delle persone, delle famiglie e delle imprese.

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