Gli ultimi 2 anni pandemici hanno stravolto moltissimi settori produttivi: sono cambiate le tipologie di consumi, molte materie prime sono rincarate, per non parlare poi del costo dell’energia. Tutto ciò come ha inciso sull’industria del vetro? Come hanno saputo reagire le industrie del comparto? A dare una risposta è Assovetro, l’Associazione Nazionale degli Industriali del Vetro aderente a Confindustria, che ha presentato lo stato dell’arte del “packaging del vetro al tempo della crisi” e ha anticipato i primi dati del rapporto di Sostenibilità di Assovetro che verrà presentato a luglio 2022.
Nel 2021 è cresciuta la richiesta di imballaggi di vetro
Per l’Italia l’industria del vetro è oggi strategica. Basti pensare che nel Belpaese si colloca il 21,3% della produzione continentale dei contenitori: 27 dei 145 stabilimenti presenti in Europa si trovano proprio in Italia che è divenuto il primo Paese Ue, sopra la Germania (26) e la Francia (25).
A registrare un segno positivo in particolar modo è stato il comparto delle bottiglie – ritenuto il packaging Doc del vetro – che nei primi nove mesi del 2021 ha fatto registrare una crescita del 6% rispetto all’anno precedente e non si tratta solo di un fenomeno di rimbalzo relativo al primo anno del Covid: dal 2016 la produzione di contenitori è stata in costante aumento. Mentre infatti sei anni fa si producevano circa 4 milioni di tonnellate di packaging in vetro, nel 2020 si è arrivati a più di 4,4 milioni di tonnellate. Le bottiglie di vetro nei primi tre trimestri del 2021 sono arrivate a tre milioni di tonnellate. In flessione, invece, nello stesso arco temporale la produzione di vasi alimentari che è calata del 6,6%.
Ricordiamo come il vetro sia uno dei materiali esempio di economia circolare. Rientra tra quelli definibili come permanenti in quanto può essere reimmesso nel ciclo produttivo infinite volte, senza perdere le caratteristiche originarie e senza alcun degrado qualitativo. Diviene interessante quindi analizzare come sta andando il comparto, tra emergenze pandemiche e crisi energetiche.
“Il settore, seppur sottoposto a fortissime pressioni a causa del rincaro delle materie prime, dei trasporti e dell’energia – ha affermato Marco Ravasi, Presidente della sezione vetro cavo di Assovetro alla presentazione dei dati avvenuta a Roma lo scorso 12 aprile – è impegnato a garantire bottiglie e vasetti ai produttori delle eccellenze agroalimentari italiane e, per questo, abbiamo confermato investimenti nell’ampliamento di capacità produttiva e nella progettazione di nuovi forni. Il vetro, inoltre, bisogna ricordare, garantisce anche la sicurezza alimentare: dopo la pandemia, infatti, ben il 67% degli italiani si è detto preoccupato per la sicurezza alimentare e l’igiene dei contenitori”.
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Tutti i numeri dei contenitori di vetro e degli impianti in Italia
Di quante imprese e stabilimenti è composto il comparto italiano? Qual è la distribuzione geografica? In Italia ci sono 14 aziende con 39 stabilimenti che producono packaging in vetro. Di questi ben 27 sono al nord, mentre i restanti 12 si dividono 7 al centro e 5 al sud. Qui trovano impiego 7.800 addetti con un fatturato annuo di 2,4 milioni di euro.
Il trend in crescita fa ipotizzare un incremento entro il 2024 di 500 posti di lavoro e l’apertura di ulteriori 5 forni di fusione con un investimento di 400 milioni di euro – riporta il report – con un aumento della produzione di 500 mila tonnellate di packaging in vetro l’anno e investimenti di 250 milioni di euro l’anno in impianti e macchinari.
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Migliorano le performance ambientali
Un altro dato che è interessante registrare è quello relativo alle performance ambientali. Sappiamo che il tasso di riciclo ha raggiunto il 78,6%. Confrontando i dati 2019 e 2020, si registra un aumento della raccolta differenziata del 2,6% e del riciclo per un 3,6%.
I dati già sono superiori agli obiettivi europei che prevedono un tasso di riciclo del 75% al 2030. L’impegno del comparto made in Italy per tale scadenza è addirittura quello di arrivare al 90%. Come spiegato da Graziano Marcovecchio, presidente di Assovetro, uno dei grandi lavori portati avanti è quello di collaborazione con comunità ed enti locali per una costante e crescente sensibilizzazione al riciclo.
In termini di riutilizzo del riciclato, è da rilevare come sia alta l’efficienza nel reimpiego delle risorse: per una tonnellata di vetro fuso, è necessario un input di 1,1 tonnellate di materiali.
In base a quanto riportato dai dati anticipati del rapporto di Sostenibilità, dal 2016 al 2020 la proporzione tra la componente proveniente da riciclo utilizzata per produrre una nuova tonnellata e materie prime vergini, è passata da essere lo 0,564 su 0,545 allo 0,622 su 0,502 con una riduzione quindi delle seconde.
Un ulteriore dato da registrare è quello relativo all’ aumento delle certificazioni ambientali, oltre il 41% nel biennio 2019-2020.
A ciò si aggiungono i dati relativi alle emissioni di CO2 per tonnellata di vetro fuso. Secondo i dati delle 19 aziende coinvolte nel rapporto – che rappresentano il 90% della presenza industriale installata in Italia – le emissioni di CO2 per tonnellata tra il 2016 e il 2020, sono calate del 6,2% – pari a 0,381 tonnellate di CO2 eq. nel 2020 – e del 50% negli ultimi 40 anni.
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Perché il riciclo del vetro è utile ad abbattere i costi dell’energia
Forse non tutti sanno che utilizzare rottami di vetro non è solo un utilissimo riuso di materie prime seconde. Vi è anche una questione di risparmio energetico, fondamentale in tempi di strategie di lotta al climate change e ancor più attuale con la crisi energetica in corso. L’impiego di rottame di vetro nella composizione della miscela vetrificabile consente infatti il conseguimento di importanti economie, sia indirette, con la sostituzione di materie prime ad alto contenuto energetico, sia dirette, legate cioè ad una riduzione dell’energia di fusione, spiegano da Assovetro. Ciò consente di capire quanto fondamentale sia investire per incrementare il tasso di riciclo, non solo in relazione agli aspetti ambientali, ma anche economici.
Un ulteriore dato interessante è quello relativo all’occupazione. A fine 2020, le Aziende italiane del vetro cavo e del vetro piano impiegavano, complessivamente, 11.738 addetti, con una crescita del 3,9% rispetto al 2016. Sotto il profilo contrattuale, i due comparti si caratterizzano per la predominanza di forme contrattuali stabili, con il 93,6% della forza lavoro impiegata con contratti di lavoro a tempo indeterminato; la percentuale sale al 96,7% se si considera la forza lavoro direttamente contrattualizzata dalle vetrerie, al netto cioè dei lavoratori impiegati con contratti di somministrazione, recita il report, a conferma di quanto spiegato da Marco Gisotti, esperto di green jobs il quale sottolinea spesso come le professioni verdi in Italia non solo siano in crescita ma abbiano in generale contratti più stabili.
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