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lunedì, Dicembre 16, 2024

La blockchain? Può essere la chiave per la circolarità

È la tecnologia erroneamente correlata solo alle criptovalute, ma in realtà potrebbe essere un ottimo strumento per favorire la transizione circolare. Come la gestione dei processi e dei sistemi di approvvigionamento di materie prime e di materie prime seconde nelle diverse fasi del trattamento dei rifiuti

Antonio Carnevale
Antonio Carnevale
Nato a Roma, giornalista pubblicista dal 2012, autore radiofonico ed esperto di comunicazione e new media. Appassionato di sport, in particolare tennis e calcio, ama la musica, il cinema e le nuove tecnologie. Da qui nasce il suo impegno su StartupItalia! e Wired Italia, dove negli anni - spaziando tra startup, web, social network, piattaforme di intrattenimento digitale, robotica, nuove forme di mobilità, fintech ed economia circolare - si è occupato di analizzare i cambiamenti che le nuove tecnologie stanno portando nella nostra società e nella vita di tutti i giorni.

Chi si occupa di blockchain ne è sicuro. In pochi decenni questa tecnologia, che spesso viene associata (erroneamente) solo al mondo delle criptovalute, trasformerà ogni attività e influenzerà la vita di tutti noi.

La blockchain infatti è spesso considerata, a ragione (e a breve vedremo perchè), la chiave per migliorare la fiducia, la trasparenza e la sicurezza nelle transazioni, dal momento che rientra nella galassia del cosiddetto “Internet del valore”, quei sistemi cioè che mettono in condizione di scambiarsi valore in Rete con la stessa facilità con cui circolano le informazioni.

Un volano per la transizione

Proprio per queste sue caratteristiche potrebbe rivelarsi un utile strumento per favorire la transizione verso un’economia circolare. Ecco perché di recente il Re-think Circular Economy Forum ha organizzato un webinair coinvolgendo esperti del settore per esplorare il potenziale e gli attuali limiti nell’utilizzo di questa tecnologia nel supportare e accelerare le catene di fornitura circolari.

Come sottolinea Katerina Serada, ricercatrice e policy analyst della no profit focalizzata sull’economia circolare Tondo, “la blockchain può aiutare a implementare percorsi di circolarità”. Ad esempio, migliorando la gestione delle catene di distribuzione, “che giocano – aggiunge Serada – un ruolo fondamentale nel raggiungimento di una transizione di successo verso un’economia circolare su larga scala”.

In sostanza, le nuove tecnologie stanno aprendo la strada a un aumento senza precedenti del trattamento dei volumi e dei tipi di dati disponibili, creando diverse possibilità per monitorare i progressi in modo tempestivo e affidabile, informare gli utenti finali e proteggere l’ambiente. Tra queste tecnologie la blockchain può rappresentare uno strumento incredibilmente utile per agevolare la transizione verso il paradigma dell’economia circolare.

Ma che cos’è la blockchain?

Facciamo un passo indietro. Che cos’è la blockchain? Cercando di dare una definizione estremamente semplificata, si tratta di una tecnologia che consente la creazione e la gestione di ampi database – la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia – per la gestione di qualsiasi tipo di scambi o transazioni tra più soggetti.

Un database decentralizzato, condiviso, distribuito (perché i dati non sono memorizzati su un solo computer bensì su più macchine collegate tra loro, definite come “nodi”), dove i partecipanti possono vedere e convalidare tutte le transazioni. Questo meccanismo consente la tracciabilità completa delle operazioni e, al tempo stesso, ogni blocco di dati è anche un archivio per tutti i dati passati dalla rete, dal momento che il contenuto, una volta scritto, non è più né modificabile né eliminabile.

Le informazioni non possono essere alterate, rubate o manomesse ed è sempre chiaro da dove provengono. Si tratta di un’innovazione potente e complessa, che mira a ridisegnare i confini della negoziazione e dello scambio di informazioni nell’epoca moderna. Questa tecnologia può essere applicata a qualsiasi risorsa che deve essere archiviata, distribuita o negoziata, che sia denaro, beni, proprietà, lavoro o persino voti.  E, infatti, le applicazioni della blockchain sono sempre più numerose. Ci sono già progetti che utilizzano questa tecnologia per settori come la sanità, la logistica e la pubblica amministrazione.

Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, nel triennio 2016-2018 sono stati 579 i progetti basati su questa tecnologia in tutto il mondo. L’Italia è risultata il terzo Paese europeo per numero di progetti: sono 19 quelli già operativi, ma ampliando l’orizzonte anche alla formazione e alla consulenza si arriva a quota 150. In totale si tratta di un mercato che entro il 2027, tra pochi anni insomma, potrà valere il 10% del Pil mondiale.

Tracciare la materia per allungarne a vita

In quest’ottica, le modalità attraverso le quali sarà possibile utilizzare la tecnologia blockchain in chiave sostenibile sono molteplici. Le nuove tecnologie di “certificazione” sembrano perfette, ad esempio, per gestire i processi e i sistemi di approvvigionamento di materie prime e di materie prime seconde nelle diverse fasi del trattamento dei rifiuti.

Anche sul versante pubblico, la tecnologia blockchain potrebbe aiutare a creare un sistema che sfrutti e implementi il concetto di identità digitale quale strumento di amministrazione condivisa, contrastando l’evasione fiscale e garantendo la semplificazione dei servizi in tutti i settori della pubblica amministrazione. Ma andiamo con ordine.

In vari settori dell’economia si comincia a utilizzare la tecnologia blockchain per tracciare l’intero percorso di vita di un prodotto. Del resto, la tracciabilità è una prerogativa di questa tecnologia: per ciascun elemento si può “seguire” l’intero percorso di vita, risalendo alla sua esatta provenienza.

Una condizione essenziale per favorire la circolarità. La tracciabilità – dall’approvvigionamento dei materiali, alla produzione, al consumo e alla gestione del fine vita – è il primo passo per garantire recupero, riuso e riciclo di materia, evitare gli sprechi ed effettuare un corretto smaltimento.

La blockchain può fornire una piattaforma che consenta ai diversi soggetti la possibilità di verificare che ogni scambio in una filiera sia avvenuto autenticandolo, senza bisogno di un intermediario che lo garantisca. E quando sai cosa sta succedendo in tempo reale riguardo al tuo prodotto e alla sua composizione, aumenta il valore di questo prodotto.

Semplificatore di processi

Questo processo è diventato fondamentale, perché la globalizzazione ha reso la gestione degli approvvigionamenti di materie prime e beni intermedi molto complessa, con una sempre maggiore richiesta di coordinamento tra i vari soggetti della catena. Si pensi, ad esempio, alla complessità della supply chain (il complesso delle operazioni, risorse e persone che serve a fornire un prodotto o servizio al cliente) di un smartphone progettato negli Stati Uniti, assemblato in Cina e venduto in Europa.

Una procedura ormai superata, secondo Serada. “Le catene di distribuzione – spiega – riflettono una complessa rete di relazioni d’affari inserite in un processo di creazione e fornitura di valore guidato dall’ottimizzazione dei costi”. Ma questa logica, basata su un modello di sviluppo lineare, ha generato nel tempo “livelli insopportabili di esternalità negative e costi sociali, che contribuiscono in modo significativo al cambiamento climatico, alla perdita delle biodiversità e al degrado ambientale”.

La tecnologia blockchain può quindi rendere l’approvvigionamento e tutta la fase di realizzazione di un prodotto verificabile ad ogni passaggio, accessibile in tempo reale, più economico – perché elimina la necessità di audit di soggetti terzi – ed efficiente per le aziende virtuose, per dimostrare i loro comportamenti ambientali ed etici.

“La tecnologia blockchain ha già offerto delle soluzioni efficaci per la gestione di catene di fornitura – ricorda la stessa Serada – migliorando la trasparenza, la tracciabilità e l’affidabilità per tutta la catena del valore attraverso la riduzione delle asimmetrie informative, il monitoraggio delle scorte e dei diritti di proprietà dei prodotti, consentendo una consegna più rapida delle merci e migliorando il coordinamento tra le parti interessate”.

Una storia digitale dei prodotti

Lo sa bene Mesbah Sabur, co-fondatore di Circularise, società olandese che sta applicando la tecnologia blockchain al tema dell’economia circolare, con l’obiettivo di garantire la tracciabilità e la provenienza dei prodotti in diversi settori tra cui plastica, tessile e automotive. “Circularise si impegna a rendere possibile la trasparenza e la comunicazione nelle catene del valore utilizzando blockchain e zero-knowledge”, ha spiegato Sabur durante il webinair. Cosa significa? Attraverso il monitoraggio delle transazioni, il team di Circularise sta sviluppando un protocollo open source e una rete decentralizzata per rendere trasparenti le catene di approvvigionamento globali consentendo a marchi, fornitori e produttori di scegliere materiali sani, sostenibili e circolari. Tra i suoi clienti ci sono Porsche AG, Borealis, Covestro e Domo Chemicals: sfruttando la blockchain, Circularise garantisce la privacy e la riservatezza degli attori coinvolti da un lato, e trasparenza e collaborazione all’interno delle loro catene di approvvigionamento dall’altro.

Come abbiamo visto, però, Circularise (fortunatamente) non è la sola. Se pensiamo alle catene di approvvigionamento nel settore del tessile e dell’abbigliamento – uno dei più impattanti sull’ambiente, responsabile del 10% delle emissioni globali di CO2 e del 20% dello spreco idrico mondiale – viene subito in mente l’esempio del brand di moda inglese Martine Jarlgaard. Questa azienda ha deciso di utilizzare la blockchain per creare una “storia digitale” dei singoli capi di abbigliamento.

In pratica utilizzando questa tecnologica viene tracciato ogni passaggio: dall’approvvigionamento della materia prima alla filatura, dalla maglieria alla finitura. Aumentando così la trasparenza del processo produttivo e offrendo queste informazioni direttamente ai clienti. Tutte le operazioni della supply chain vengono registrate con un ID univoco sulla blockchain. I clienti possono usare un’etichetta contenente un QR code per reperire tutte le informazioni sul prodotto.

Rifiuti sotto controllo

È evidente come, applicare questa tecnologia al sistema di catalogazione e tracciabilità dei rifiuti, possa garantire fiducia e trasparenza anche in un settore da sempre caratterizzato da notevoli incertezze, a livello interpretativo e gestionale. Inoltre, l’utilizzo della blockchain applicata al sistema di tracciabilità dei rifiuti potrebbe avere un ruolo fondamentale nell’integrazione dell’economia circolare nel modello di business delle imprese, in quanto permetterebbe, come spiega Serada, “di realizzare e tracciare un sistema chiuso e funzionale alla certificazione di tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto”.

La startup TWO, ad esempio, utilizzando la tecnologia dell’internet of things e della blockchain, equipaggia i bidoni della raccolta dei rifiuti con sensori che forniscono informazioni dei livelli di riempimento. Inoltre, il tracciamento gestito dalla blockchain permette di avere informazioni in tempo reale sui soggetti che gestiscono i rifiuti e loro relative autorizzazioni, sui percorsi e sulle destinazioni, dagli impianti di preselezione fino al conferimento agli impianti di trattamento (impianti di riciclo, per la valorizzazione energetica o discarica).

In questo modo si garantiscono sostenibilità e tracciabilità, si è in grado di contrastare i reati, dall’evasione fiscale alle frodi, fino agli smaltimenti illeciti. La blockchain può quindi rendere la gestione dei rifiuti accessibile in tempo reale, trasparente – perché consente di visionare in tempo reale le autorizzazioni dei soggetti gestori e mostra la movimentazione dei rifiuti sul territorio – sicura e più efficiente, semplificando la gestione della documentazione. Può essere, insomma, anche un efficace strumento di prevenzione del traffico illecito di rifiuti e del fenomeno delle cosiddette ecomafie.

La certezza dei dati consente ai produttori, ai riciclatori e a tutti i soggetti coinvolti nella filiera dei rifiuti, nonché ai consumatori, di affermare con sicurezza la legalità del processo e la circolarità degli eventuali prodotti derivanti dai rifiuti. Questa nuova tecnologia potrebbe poi supportare anche la tracciabilità internazionale nell’ambito delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti, dei sottoprodotti o prodotti derivanti da processi End of Waste, garantendo che il materiale venga trattato dagli altri paesi in maniera conforme al proprio ordinamento.

Incentivo a condotte virtuose

È evidente dunque come la blockchain, inserendosi nella catena di valore di questa filiera, offra vantaggi enormi alle imprese. Ma può essere utilizzata anche come strumento per incentivare cittadini e imprese ad adottare comportamenti virtuosi. Un esempio è quello di OpenLitterMap, un progetto che premia gli utenti per il riciclaggio dei propri rifiuti con una moneta virtuale – i Littercoin – che gli garantisce sconti presso alcuni esercizi attenti alle tematiche ambientali.

In definitiva, lo sviluppo della Blockchain rappresenta, senza dubbio, una delle più importanti innovazioni tecnologiche che possano supportare la piena realizzazione del nuovo paradigma economico circolare. Del resto, nella recente Comunicazione della Commissione europea dell’11 marzo 2020 recante “un nuovo piano d’azione per l’economia circolare per un’Europa più pulita e più competitiva”, si legge che “modelli innovativi basati su una relazione più stretta con i clienti, la personalizzazione di massa e l’economia collaborativa e della partecipazione, e supportati dalle tecnologie digitali, come l’Internet delle cose, i big data, la blockchain e l’intelligenza artificiale, accelereranno non solo la circolarità ma anche la dematerializzazione della nostra economia, consentendo all’Europa di ridurre la dipendenza dalle materie prime”.

Purtroppo – e qui arrivano le note dolenti – il quadro normativo di riferimento, anche a livello nazionale, è ancora in divenire. Questo è sicuramente uno dei problemi principali legati al suo utilizzo in tempi brevi. Per affrontare le sfide sostenibili con l’aiuto della blockchain, pubblico e privato dovranno collaborare e costruire piattaforme per raggiungere questo obiettivo. Inoltre, sarà fondamentale un cambiamento di mentalità per far collaborare le parti interessate.

Dall’iper-competizione alla collaborazione

Fino ad oggi, infatti, le catene di approvvigionamento hanno seguito per lo più un modello ultracompetitivo di business, limitando le opportunità di sfruttare sinergie e condividere informazioni. Un modello, ora possiamo dirlo con certezza, assolutamente controproducente. Esempi come Circularise insegnano che per spingere gli attori della supply chain verso la collaborazione bisogna sfruttare la blockchain per consentire la privacy e la riservatezza tra coloro che vogliono rimanere anonimi, non si fidano e non vogliono condividere i loro dati, per migliorare trasparenza e collaborazione all’interno delle catene di approvvigionamento.

Progettata correttamente, una blockchain potrebbe consentire ai suoi partecipanti di collaborare senza compromettere vantaggi competitivi chiave o innescare problemi di riservatezza e privacy. E i benefici sarebbero tali da convincere facilmente i partecipanti, senza bisogno di ulteriori incentivi.

© Riproduzione riservata

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