[di Chiara Parella]
Il consumatore italiano sente il bisogno di consumare cibo sano e sicuro. La Grande Distribuzione non aiuta la soddisfazione di questa necessità. L’Alveare che dice sì propone un nuovo modello
Sinossi
Il nuovo millennio ha generato in Italia consumatori mutevoli ed eterogenei dal punto di vista della scelta e del comportamento di consumo di alimenti, ma con una caratteristica in comune: la ricerca continua di un prodotto che permetta la soddisfazione del bisogno di “mangiare sano”. Questo requisito rappresenta una necessità fondamentale, che però spesso e volentieri non viene realizzata totalmente durante l’acquisto presso supermercati/ipermercati. Il nuovo modo di fare la spesa presso L’Alveare che dice sì ha l’obiettivo di salvaguardare la località dei prodotti alimentari, mettendo a disposizione del consumatore finale una rete di produttori provenienti dai territori circostanti i luoghi di distribuzione delle spese di ogni Alveare. Questo circolo virtuoso che si crea tra produttore locale, utente finale e gestore dell’Alveare mantiene viva l’economia locale del territorio offrendo settimanalmente un prodotto sano, a km zero e genuino.
Il politeismo alimentare
In un’epoca dal ritmo spesso incalzante e senza tregua, le abitudini e gli stili di vita alimentare corrono di pari passo alla conduzione della routine della vita. Gli anni 2000 insieme alla crisi del 2008 e alle instabilità degli equilibri internazionali hanno prodotto un consumatore tanto eterogeneo quanto alla ricerca di un punto di riferimento alimentare. Davanti ai nostri occhi si delineano profili di consumo molto diversi tra loro: “Soggettive, eterogenee, mutevoli, tendenzialmente più equosociali ed eco responsabili, è questo in estrema sintesi il contenuto principale delle abitudini alimentari degli italiani, intese come le scelte e i comportamenti di acquisto e consumo di alimenti.”, dice il Primo Rapporto sulle Abitudini Alimentari degli Italiani, redatto da Censis – Coldiretti. Il consumatore medio racchiude all’interno della sua filosofia alimentare tanti aspetti, che toccano le tre leve caratteristiche del modello del consumo:
- Dove acquistare = il luogo di acquisto
- Cosa acquistare = tipologia di alimento
- Quando acquistare = il tempo di acquisto
- Per la maggior parte degli italiani, fare la spesa significa recarsi al supermercato. Infatti, come dichiara il Rapporto Censis, oltre il 53% lo utilizza come canale preferenziale per gli acquisti di alimenti essenziali o beni di prima necessità, al secondo posto (43%) troviamo invece l’ipermercato, seguito dal negozio specializzato (fornaio, salumiere, macellaio, etc..) e poi il negozio tradizionale di generi alimentari (meno del 19%). Perché questa classifica? Le ragioni di queste scelte sono riassumibili attraverso due aspetti: i prezzi convenienti (38,5%) e il variegato carnet di promozioni e sconti (37%).
- Il “cosa acquistare” è lo scenario più affascinante, in quanto è quello che esprime meglio questa sorta di “politeismo alimentare” che si è instaurato nel processo di acquisto alimentare degli italiani. Non c’è una monotona uniformità seguita giorno dopo giorno, e nemmeno un fil rouge che metta insieme i tasselli dei vari acquisti concepiti, piuttosto si percepisce che ogni consumatore si costruisca per sé un bagaglio di esperienze, test, o tentativi differenti tra loro, che hanno poco a che fare con uno schema predefinito a cui affidarsi. Questo è dimostrato dal fatto che:
– “tra le persone che dichiarano di acquistare regolarmente prodotti Dop, Igp, comportamento che denota grande attenzione alla qualità, una quota non lontana da un terzo acquista regolarmente anche cibi precotti, addirittura ben più di due terzi acquista regolarmente scatolame, e oltre tre quarti surgelati;
– tra coloro che acquistano regolarmente prodotti dell’agricoltura biologica, circa tre quarti acquista anche surgelati, circa due terzi anche scatolame, e una percentuale simile prodotti con marchio del distributore;
– tra gli acquirenti regolari di prodotti del commercio equo e solidale una nettissima maggioranza acquista i prodotti a marchio commerciale del distributore, espressione della nuova forza della Gdo, oltre tre quarti acquista prodotti surgelati ed oltre due terzi scatolame.”, dichiara il rapporto Censis.
- Il momento dell’acquisto e del fare la spesa sono a cadenza per la maggior parte delle volte settimanale (60,7%), ma anche giornaliera (27%) e in alcuni casi addirittura mensile (10%).
La questione del “mangiare sano”
Nella molteplicità di stili di consumo alimentare diversi, di cui abbiamo appena accennato, vi è una tendenza, che dagli inizi del nuovo millennio sta avendo molto successo e si sta facendo strada sempre più chiaramente nel panorama del mercato alimentare. I consumi degli italiani infatti sono frutto di diversi tipi di collage di acquisti e consumi complessi e assolutamente incompatibili tra loro. In primo luogo, però gli italiani vogliono essere “consumatori responsabili”, attenti alla cosiddetta “etichetta”, quindi alle diciture riportare sull’involucro del prodotto, al packaging, al suo impatto ambientale, alla tecnologia di produzione e ai legami sociali che esso implica. Molta importanza viene data anche al rapporto tra cibo e territorio, quindi al luogo in cui viene prodotto quel determinato alimento, e di conseguenza al percorso che fa per essere sugli scaffali del supermercato/negozio, e a quanta distanza c’è tra la fine della produzione e l’arrivo sullo scaffale. Inoltre, i consumatori italiani ritengono fondamentale sapere la shelf-life, ovvero “la vita sullo scaffale” del prodotto, quindi sapere quanto durerà fresco l’alimento che acquistano.
Il consumatore è sicuramente molto più istruito e più educato rispetto a trent’anni fa. Le informazioni sono più accessibili e l’interesse per questa tematica è davvero vivo. Le modalità di consumo alimentare sono decisamente cambiate negli ultimi 50 anni. Basta pensare alla soddisfazione dei bisogni di base, che il dopoguerra portava con sé e alla conseguente povertà, che coinvolgeva la totalità del paese. Seguita poi dalla crescita del reddito delle famiglie, che ha causato la crescita spasmodica dei consumi fino ai primi anni novanta, in cui la Grande Distribuzione Organizzata è nata. Oggi la tendenza è quella di consumare in modo meno incontrollato rispetto ad un tempo e di cercare di sapere qualcosa di più su quello che si mangia. Il consumatore è un salutista, che motiva prima di tutto a sé stesso perché sceglie di mangiare quello piuttosto che l’altro. Da qui scaturisce la classica frase, che quasi tutti abbiamo pronunciato almeno una volta:
“Vorrei mangiare sano, ma non ci riesco” o “Vorrei mangiare sano, ma non so dove comprare”
La continua ricerca della sicurezza durante il processo di acquisto è uno dei requisiti più basilari. Come far sentire il consumatore al sicuro quando entra a far la spesa?
La spesa all’Alveare, salutare e sicura
«I problemi in agricoltura sono davvero molti. Abbiamo la sensazione che la situazione ci scappi di mano, che le decisioni non siano alla nostra portata. In questo contesto L’Alveare che dice Sì! permette ai cittadini di cooperare per re-inventare il mondo agricolo in modo efficiente e veloce.» Queste sono le parole di Guilhem Chéron, che nel 2011 ha fondato in Francia La Ruche qui dit Oui!, in Italia tradotto in L’Alveare che dice Sì. Il progetto è nato dall’idea di salvaguardare l’agricoltura e i contadini che fanno parte di questo mondo così variopinto, molto spesso non conosciuto così in profondità da tanti consumatori che però sono alla ricerca di un prodotto salubre e sicuro. L’obiettivo dell’alveare è quello di salvaguardare la categoria dei produttori locali, che sono costretti a confrontarsi quotidianamente con un modello di società sempre più volta all’industrializzazione della produzione. La valorizzazione di queste aziende agricole parte proprio dal legame che hanno con i loro territori di appartenenza, grazie al quale riescono a produrre in modo unico e sostenibile. Il segreto del successo di questo progetto è quello della comunicazione presso il consumatore della filiera corta di tutti i prodotti all’interno di ogni alveare. Infatti la distanza media che i produttori percorrono per consegnare i loro prodotti all’interno degli alveari è di soli 35 km (ad esempio contro i 9.115 km percorsi dagli ingredienti di uno yoghurt industriale prima di arrivare nel nostro frigo)! La loro forza quindi sta all’interno del rapporto tra prodotto e territorio, un legame inscindibile e soprattutto stabile. In Francia ci sono più di 700 alveari distribuiti su tutto il territorio. In Italia sono stati aperti i primi alveari nel 2014 in città come Torino e Milano, arrivando a totalizzare ad aprile 2018:
- l’apertura di 112 alveari;
- 482 produttori locali iscritti alla piattaforma online ed operativi;
- 182 utenti iscritti alla rete;
- 027 ordini dall’inizio del 2018 fino ad aprile.
Dal produttore al consumatore nel vero senso della parola
L’Alveare che dice sì si basa su un sistema commerciale composto da tre attori: i produttori della zona circostante l’alveare, gli utenti iscritti e il gestore dell’alveare. Chiunque può aprire un alveare nel proprio paese o nella propria città e una volta presa questa decisione si diventa responsabili al 100% della gestione: dalla scelta del luogo in cui aprirlo (bar, ristorante, oratorio, e così via…) a quali produttori fare iscrivere. La filosofia è quella di scegliere in primo luogo un posto di aggregazione, come ad esempio un bar, che dia la disponibilità ad ospitare gratuitamente una volta a settimana la distribuzione delle spese alimentari, che gli utenti ordinano attraverso la piattaforma online, che funziona come un vero e proprio e-commerce dalla peculiarità però “local”. Il gestore, poi, sceglie i vari produttori che popoleranno l’alveare e che quindi apporteranno qualsiasi tipo di bene, come frutta e verdura, formaggi caprini e vaccini, carni, dolci, bevande come vino, succhi di frutta, latte e uova. Ogni produttore carica sul portale il suo listino, tenendo presente che l’Alveare aggiungerà solamente un ricarico del 20%, suddiviso tra il 10% per il gestore e un altro 10% per l’Alveare Madre. Una volta a settimana le vendite vengono aperte ed ogni utente può comprare online qualsiasi prodotto, sapendo che all’interno dell’alveare vengono offerti solamente beni a km zero, di stagione, coltivati/prodotti in maniera salubre e non intensiva e appartenenti al territorio, dove è situato l’alveare. Per ritirare la spesa, basta presentarsi al proprio alveare al giorno stabilito dal gestore e, tra una chiacchera e l’altra con i vari produttori, si ritirano i pacchetti preparati da ognuno di loro. Il consumatore in questo modo “tocca con mano” il lavoro operato dalle aziende agricole, acquisisce informazioni su quello che compra e può fare a sua volta domande soddisfacendo le proprie curiosità. I produttori hanno un ruolo predominante sul panorama locale, avendo a disposizione una vetrina settimanale in cui farsi conoscere. Di settimana in settimana il ciclo ricomincia. Inoltre, stagione dopo stagione, i cataloghi dei produttori variano, sempre nel rispetto del ritmo che le coltivazioni necessitano di avere. In questo modo si crea un circolo virtuoso, che comprende:
- I produttori, che operano adeguandosi alla natura e alla ciclicità delle stagioni;
- I gestori degli alveari, che dirigono e portano avanti la filosofia di offrire ogni settimana ai propri utenti un insieme di beni alimentari freschi, tracciati e a km zero
- I consumatori, che vengono rassicurati al momento dell’acquisto perché conoscono da vicino il prodotto e hanno modo di sapere tutto quello di cui hanno bisogno.
L’Alveare che dice sì è in continua espansione in tutta Italia, aspira a diventare il modello di consumo vincente da adottare in un periodo storico un po’ buio ed introverso e ha l’obiettivo di restituire al consumatore finale gusti e sapori di un tempo non per forza così lontano.