Tutti i maggiori Paesi europei hanno presentato alla Commissione europea i loro Recovery plan in cui definiscono come vogliono spendere le risorse del NextGenerationEu (NGEU): per Italia, Spagna, Germania e Francia gli investimenti verdi costituiscono una priorità ma con differenze sostanziali nella declinazione delle voci di spesa. In questa analisi analizzeremo soltanto la spesa finanziata dal NextGenerationEu.
I Recovery Plan in Europa: un confronto tra Italia, Spagna, Germania e Francia
L’Italia è tra i Paesi ad aver ricevuto il maggior numero di risorse europee: 204,5 miliardi di euro, con 191,5 miliardi provenienti dal Recovery and resilience facility (Rrf) e la quota restante dal ReactEU.
In termini assoluti l’Italia è al primo posto per gli investimenti green a cui sono riservati oltre 59 miliardi di euro delle risorse dell’Rrf, seguita dalla Spagna che dedica alla sostenibilità oltre 31 miliardi delle risorse totali richieste (70 miliardi). La Francia si trova al terzo posto della classifica grazie ad un investimento di ben 21 miliardi dell’Rrf a favore della transizione ecologica, circa la metà della somma totale richiesta alla commissione (40 miliardi). All’ultimo posto c’è la Germania con 11 miliardi di risorse su un totale di 28 miliardi.
In termini percentuali, invece, la situazione è ben diversa, l’Italia dedica alla transizione ecologica circa il 31% delle risorse dell’Rrf, 59 miliardi a cui si somma un altro miliardo del ReactEU; la Germania investe nelle politiche verdi il 39% del suo Piano di ripresa (Darp), mentre la quota della Spagna si attesta intorno al 44% dell’intero “Plan de recuperacion” (Prtr). La più virtuosa resta la Francia con oltre il 50% d’investimenti “green” del suo “Plan de relance”.
Un confronto dettagliato sulle singole misure risulta complesso perché i quattro Paesi non classificano allo stesso modo le componenti !verdi” dei capitoli di spesa. Possiamo però paragonare alcune delle voci di investimento più importanti a partire proprio dal Pnrr italiano.
Mobilità sostenibile e transizione energetica
La fetta di investimenti più consistente del nostro Pnrr è rivolta alla mobilità sostenibile e alla transizione energetica (23,78 miliardi di euro). Come si legge nel Piano “per quanto riguarda i trasporti, l’Italia ha il numero di autovetture ogni mille abitanti più alto tra i principali Paesi europei e una delle flotte di autoveicoli più vecchie dell’Europa occidentale. Nel 2018, infatti, i veicoli altamente inquinanti erano pari al 45 per cento della flotta totale e al 59 per cento del trasporto pubblico”.
Per arginare questo ritardo e promuovere lo sviluppo di un trasporto locale più sostenibile, l’Italia ha deciso di investire 8,58 miliardi di euro nel rafforzamento della mobilità pulita (circa il 4,4% delle risorse totali del Pnrr) che saranno destinate soprattutto al rinnovo dei mezzi pubblici (treni, alta velocità, bus, metro) e solo in minima parte al settore della mobilità elettrica. Anche in Francia la priorità va ai trasporti con 7 miliardi (circa il 17% dell’Rrf) di risorse per la mobilità, di cui la prevalenza andranno al sistema ferroviario (oltre 4 miliardi). La Spagna investe 13,2 miliardi sulla mobilità elettrica e il trasporto pubblico (19% dell’Rrf) ma a puntare tutto su questa voce di spesa è la Germania, che alla mobilità sostenibile ed elettrica (5,4 miliardi) dedica il 19,3% delle risorse dell’Rrf.
Idrogeno e fonti rinnovabili
Per quanto riguarda il settore energetico le differenze tra i Paesi sono notevoli. Entro il 2030 il nostro Paese mira a coprire con le risorse rinnovabili il 30% dei consumi finali e a questo obiettivo riserva oltre 5,9 miliardi (3%), di cui 1,2 per il biometano; con altrettante risorse per lo sviluppo della rete elettrica, circa 4,11 miliardi (2,1%) e dell’idrogeno (circa 3,19 miliardi; 1,6%), mentre alla ricerca lascia appena 2 miliardi.
La Spagna, che entro il 2030 vorrebbe soddisfare grazie alle rinnovabili oltre il 40% dei consumi, ha una strategia d’investimento simile, e dedica 3,1 miliardi allo sviluppo delle rinnovabili, con una spesa ridotta rispetto all’Italia per quanto riguarda il rafforzamento della rete elettrica (1,3 miliardi) e l’idrogeno (1,5 miliardi). Ma a scommettere sull’idrogeno è soprattutto la Germania con 3,2 miliardi, circa l’11,5% delle risorse del Darp. Il Paese infatti ha bisogno di rendersi il più indipendente possibile a livello energetico, dato che a partire dal 2022 dovrà abbandonare la produzione di energia elettrica da fonti nucleari e ci sono ancora centinaia di impianti a carbone ancora attive da dismettere. Fiduciosa nel potenziale energetico dell’idrogeno anche la Francia che chiede alla Commissione lo stanziamento di 2 miliardi, con altrettanti investimenti per lo sviluppo del settore aeronautico.
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Riqualificazione energetica degli edifici
La riqualificazione e l’efficienza energetica degli edifici è una priorità per tutti e quattro i Paesi: la Francia vi investe il 14% delle risorse, seguita dalla Spagna (6,8 miliardi pari al 9,7% del totale), dalla Germania (2,5 miliardi pari all’8,9% dei sussidi) e infine dall’Italia che si colloca all’ultimo posto in termini percentuali con 15,3 miliardi, circa l’8% del Pnrr.
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Recovery plan ed economia circolare: un confronto
L’economia circolare è la grande esclusa nel Piano per la ripresa dell’Italia, come raccontato da Econmiacircolare.com il governo Draghi ha addirittura ridotto gli investimenti. Il premier e i titolari di Mef e Mite a questa componente assegnano 5,46 miliardi (il 2,9% del totale del Pnrr), ma la prevalenza dei Fondi saranno destinati ad interventi di emergenza, come la creazione di impianti di smaltimento dei rifiuti, mentre per la prevenzione e la riorganizzazione del sistema produttivo ci saranno soltanto 600 milioni da utilizzare nello sviluppo di “progetti faro”.
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Nel piano francese l’economia circolare rientra nella sezione “Ecologia e biodiversità” a cui il governo intende destinare 2,1 miliardi dell’Rrf (circa il 5%), la declinazione delle voci di spesa appare molto più dettagliata rispetto al piano italiano, con un’attenzione decisamente maggiore alla prevenzione e all’allungamento del ciclo di vita dei prodotti.
Nel piano tedesco non è presente una sezione dedicata, mentre in quello spagnolo l’economia circolare ha un ruolo più evidente, legato soprattutto alle politiche industriali e al sistema di riorganizzazione della produzione agricola. Stupisce, però, come solo nel caso dell’Italia l’economia circolare costituisca una voce di spesa chiara, mentre negli altri Paesi è “confusa” con politiche legate alla mobilità, ai rifiuti e al sostegno all’impresa. La spiegazione positiva di questa assenza sta nel fatto che l’economia circolare pervade effettivamente tutte le fasi del sistema economico, quella negativa ci porta invece a pensare che questo nuovo modello economico sia ancora ampiamente sottovalutato dai più grandi Paesi europei.
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