Il 23 aprile il Parlamento Europeo ha approvato con una risoluzione il cosiddetto Regolamento Ecodesign (Ecodesign for Sustainable Product Regulation, ESPR) che abroga la direttiva 2009/125/CE sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia e amplia significativamente la portata dei prodotti a cui si applica, al fine di migliorarne la circolarità, le prestazioni energetiche e altri aspetti di sostenibilità ambientale, agevolando anche il tracciamento delle sostanze problematiche lungo la catena di approvvigionamento.
Cosa prevede il Regolamento Ecodesign
“Il presente regolamento – recita l’articolo 1 comma 1 – stabilisce un quadro per la definizione delle specifiche per la progettazione ecocompatibile che i prodotti devono rispettare per essere immessi sul mercato o messi in servizio, con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità ambientale dei prodotti al fine di rendere i prodotti sostenibili la norma; di ridurre l’impronta di carbonio complessiva e l’impronta ambientale dei prodotti durante il loro ciclo di vita; garantire la libera circolazione dei prodotti sostenibili nel mercato interno”.
Passato con 455 voti a favore, 99 contrari e 54 astenuti, il Regolamento introduce nuovi requisiti di ecoprogettazione e standard minimi in materia di durabilità, riparabilità, efficienza energetica e riciclo, contrastando le pratiche di obsolescenza prematura, per evitare che i prodotti perdano la loro funzionalità a causa di caratteristiche di progettazione, indisponibilità di pezzi di ricambio o mancanza di aggiornamenti software. Introduce, tra l’altro, il ricorso al passaporto digitale del prodotto come strumento di trasparenza e tracciabilità, prevede la definizione di requisiti obbligatori in materia di appalti pubblici verdi e stabilisce il divieto di distruggere le merci invendute, in particolare indumenti, calzature e accessori.
Requisiti di progettazione ecocompatibile
Le specifiche per la progettazione ecocompatibile dovranno migliorare i seguenti aspetti del prodotto:
a) durabilità;
b) affidabilità;
c) riutilizzabilità;
d) aggiornabilità;
e) riparabilità;
f) possibilità di manutenzione e ristrutturazione;
g) presenza di sostanze preoccupanti;
h) uso dell’energia ed efficienza energetica;
i) uso dell’acqua ed efficienza idrica;
j) uso delle risorse ed efficienza delle risorse;
k) contenuto riciclato;
l) la possibilità di rifabbricazione;
m) la riciclabilità;
n) la possibilità di recupero dei materiali;
o) impatti ambientali, comprese l’impronta di carbonio e l’impronta ambientale;
p) la produzione prevista di rifiuti
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Quali prodotti sono interessati dal Regolamento Ecodesign
L’ESPR si applica a tutti i prodotti immessi sul mercato dell’UE, indipendentemente dal fatto che siano realizzati all’interno o all’esterno dell’Unione, compresi i componenti e i prodotti intermedi. Introduce requisiti di progettazione ecocompatibile in via prioritaria per alcuni prodotti ad alto impatto ambientale.
L’articolo 18 comma 5 prevede che nel primo piano di lavoro per l’attuazione del regolamento con l’adozione di atti delegati la Commissione darà priorità ai seguenti gruppi di prodotti:
- a) ferro e acciaio;
- b) alluminio;
- c) prodotti tessili, in particolare indumenti e calzature;
- d) mobili, compresi i materassi;
- e) pneumatici;
- f) detersivi;
- g) vernici;
- h) lubrificanti;
9. i) prodotti chimici;
10. j) prodotti connessi all’energia per i quali devono essere fissate specifiche per la progettazione ecocompatibile per la prima volta o per i quali le misure esistenti adottate ai sensi della direttiva 2009/125/CE devono essere riviste ai sensi del presente regolamento;
11. k) prodotti delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e altri dispositivi elettronici.
Il regolamento consentirà di definire i requisiti di prestazione e informazione per quasi tutte le categorie di beni fisici immessi sul mercato dell’UE (con alcune eccezioni, come alimenti e mangimi, farmaci, piante vive, animali, microrganismi, prodotti di origine umana e alcune tipologie di veicoli). Per i gruppi di prodotti che condividono caratteristiche comuni sufficienti, si potranno stabilire norme orizzontali “laddove le somiglianze tecniche dei gruppi di prodotti consentono di migliorarne la sostenibilità ambientale sulla base degli stessi requisiti. È importante sviluppare requisiti orizzontali, in particolare per quanto riguarda la durabilità e la riparabilità”. Si prevede anche che per facilitare il trasferimento delle informazioni a chi acquista o usa un prodotto si possano introdurre punteggi di riparabilità o durabilità in grado di restituire immediatamente il livello di performance garantito.
Quali sono i prossimi step del Regolamento Ecodesign
Dopo quella del Parlamento Ue, si attende entro maggio l’approvazione formale da parte del Consiglio europeo. Completata questa fase, il regolamento entrerà in vigore 20 giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale europea, ma per l’attuazione concreta nei singoli settori interessati si dovrà ancora attendere. Trattandosi di un regolamento quadro, infatti, spetta poi alla Commissione europea stabilire requisiti specifici per l’ecoprogettazione tramite atti delegati, per ciascun gruppo di prodotti separatamente, e i Paesi membri avranno 18 mesi per conformarsi ad essi.
Chi definisce i requisiti per l’ecoprogettazione
La Commissione adotterà un piano di lavoro entro nove mesi dall’introduzione dell’ESPR. Questo piano darà priorità ai gruppi di prodotti la cui ecoprogettazione contribuisce maggiormente a raggiungere gli obiettivi dell’UE in materia di clima, ambiente ed efficienza energetica e al loro potenziale di miglioramento senza costi sproporzionati. I requisiti per la progettazione ecocompatibile sono elaborati in un consesso denominato “Forum sulla progettazione ecocompatibile”, composto da esperti designati dagli Stati membri e da altri stakeholder: l’industria, le PMI, i sindacati, i commercianti, i rivenditori e le organizzazioni ambientaliste e dei consumatori. Sono previsti momenti di consultazione per verificare con le parti interessate la portata e l’applicabilità concreta delle nuove regole che andranno a comporre gli atti delegati. “Al fine di incoraggiare l’autoregolamentazione – recita la risoluzione votata dall’Europarlamento – come valida alternativa agli approcci normativi, il presente regolamento dovrebbe, basandosi sulla direttiva 2009/125/CE, includere la possibilità per l’industria di presentare misure di autoregolamentazione per i prodotti che non sono inclusi nel piano di lavoro”.
Che cos’è il Passaporto digitale del prodotto
L’introduzione del Passaporto digitale del prodotto (Digital Product Passport, DPP) consentirà ai consumatori di rinvenire facilmente le informazioni necessarie a decidere consapevolmente già prima dell’acquisto: basterà inquadrare codici a barre, Qr code o altri simboli posti sui prodotti, sulle loro confezioni o sui manuali per raggiungere un database che raccoglie informazioni come la durabilità e la riparabilità, il contenuto riciclato o la disponibilità di pezzi di ricambio. Il passaporto è potenzialmente in grado di ricostruire la filiera e la storia del prodotto “a livello di modello, lotto o articolo”, con dati sulle prestazioni e sugli impatti, sulle certificazioni e dichiarazioni di conformità, manuali d’uso e altre informazioni sul produttore, importatore o rappresentante autorizzato.
Il Regolamento Ecodesign prevede anche a possibilità di collegare il passaporto digitale del prodotto alle banche dati e agli strumenti esistenti dell’Unione, come il registro europeo dei prodotti per l’etichettatura energetica (EPREL) o la banca dati per le informazioni sulle sostanze problematiche (SCIP).
“L’identificazione univoca dei prodotti – specifica il colegislatore europeo – è un elemento fondamentale per consentire la tracciabilità lungo tutta la catena di approvvigionamento. Pertanto, il passaporto digitale del prodotto dovrebbe essere collegato a un identificatore unico del prodotto” e all’occorrenza a un identificativo unico dell’operatore e dello stabilimento, in modo da poter rintracciare gli attori e gli impianti di produzione legati a uno specifico prodotto.
Per i prodotti extra UE, gli importatori sono tenuti a verificare l’esistenza del Dpp e obblighi analoghi sono previsti in capo alle piattaforme di vendita on line.
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Chi decide quali informazioni vanno nel Passaporto digitale del prodotto?
Gli atti delegati determineranno nel dettaglio quali informazioni includere, chi le dovrà aggiornare e chi vi avrà accesso, perché, ad esempio, tramite il Dpp i consumatori potrebbero ricevere informazioni diverse rispetto a produttori, importatori, riparatori, riciclatori o autorità nazionali.
Ma il regolamento specifica: “Per garantire che il passaporto dei prodotti digitali sia flessibile, agile e orientato al mercato e si evolva in linea con i modelli di business, i mercati e l’innovazione, dovrebbe basarsi su un sistema di dati decentrato ed essere istituito e gestito dagli operatori economici. Tuttavia, a fini di applicazione e monitoraggio, è necessario che le autorità nazionali competenti e la Commissione abbiano accesso diretto a un registro di tutti gli identificatori univoci collegati ai prodotti immessi sul mercato o messi in servizio. A tal fine, la Commissione dovrebbe istituire e gestire un registro dei passaporti dei prodotti digitali per archiviare tali dati”.
Dove saranno raccolte le informazioni contenute in ogni Dpp?
I consumatori avranno la possibilità di confrontare le informazioni contenute nei passaporti su un portale web gestito dalla Commissione, nel quale si archivieranno tutte le informazioni dei diversi passaporti digitali. Questo garantisce la disponibilità delle informazioni contenute nel Dpp anche nel caso in cui le imprese che lo hanno prodotto cessino l’attività.
Il passaporto digitale rappresenta anche un importante elemento di supporto alle attività di controllo da parte delle autorità pubbliche, in primis quelle doganali.
Come funziona il divieto di distruggere l’invenduto?
Le nuove norme mirano a fermare la distruzione dei prodotti invenduti, uno spreco di risorse economiche che produce anche pesanti ricadute ambientali. Il Regolamento Ecodesign pone (all’articolo 23) un principio generale di prevenzione della distruzione e obbliga le grandi aziende a segnalare il numero e il peso dei prodotti di consumo invenduti scartati ogni anno almeno su una pagina facilmente accessibile del loro sito web e le ragioni per cui è stato necessario distruggerli. Le imprese devono anche comunicare la percentuale di prodotti di scarto consegnati, direttamente o tramite terzi, per essere sottoposti a preparazione per il riutilizzo, riciclo o altri tipi di recupero, compreso il recupero di energia.
Il divieto di distruzione riguarderà inizialmente il settore dal fashion: due anni dopo l’entrata in vigore del regolamento sarà vietato distruggere indumenti, accessori di abbigliamento e calzature invenduti, mentre in futuro potrebbero aggiungersi altre categorie, con una valutazione prioritaria per le apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Per evitare oneri amministrativi eccessivi a loro carico, le micro e piccole imprese saranno esentate dal divieto di distruzione (ma la Commissione può revocare l’esenzione se ravvisa che vi siano abusi). Per le medie imprese il divieto scatta invece sei anni dopo l’entrata in vigore del regolamento. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere misure nazionali riguardanti la distruzione di prodotti di consumo invenduti per prodotti che non soggetti al divieto previsto dal Regolamento Ecodesign.
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I prodotti usati e rifabbricati nel Regolamento Ecodesign
L’Europarlamento ha voluto inserire nella risoluzione un importante riferimento al settore dell’usato, riconoscendogli “un ruolo importante nel promuovere la produzione e il consumo sostenibili, anche nello sviluppo di nuovi modelli di business circolari” e nella sua capacità di contribuire “a prolungare la vita di un prodotto ed evitare che diventi un rifiuto”. Il testo chiarisce che, in quanto prodotti non nuovi, essi “possono circolare nel mercato interno senza doversi conformare agli atti delegati che stabiliscono specifiche per la progettazione ecocompatibile entrati in vigore dopo la loro immissione sul mercato”. Diversa invece la condizione dei prodotti rifabbricati, che essendo considerati prodotti nuovi, “saranno soggetti ai requisiti di progettazione ecocompatibile se rientrano nell’ambito di applicazione di un atto delegato”.
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