Nel 2015, per promuovere la transizione verso un’economia più circolare, l’Unione Europea ha adottato il Pacchetto sull’economia circolare, le cui proposte ed indicazioni legislative sono state completate in quasi tre anni. A seguire, nel 2019, la relazione sull’attuazione del Piano d’Azione UE per l’economia circolare, attraverso 54 azioni specifiche, ha contribuito ad avviare un approccio sistemico attraverso intere catene del valore, oltre che ad integrare i principi della circolarità nella produzione e nel consumo di plastica, nella gestione dell’acqua, nei sistemi alimentari e nella gestione di numerosi altri flussi di rifiuti. Tuttavia, nessuna rilevanza viene data alle città e ai territori, nonostante questi ultimi rappresentino dei veri e propri luoghi di gestione e sfruttamento dei flussi di risorse.
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Le città e i territori
Le città sono sistemi complessi costituiti da economie, infrastrutture, paesaggi, reti, risorse e culture identitarie uniche, in cui diversi soggetti interessati (imprese, settore pubblico, istituti di conoscenza, cittadini e comunità) si muovono e operano in modo interconnesso ed interdipendente. Finora, nel contesto delineato dall’economia circolare, le città e i territori sono stati considerati solo in parte, senza considerare la dimensione morfologica, spaziale e fisica che incide e definisce i flussi di materia. Le città, infatti, consumano il 75% delle risorse globali, generano circa il 50-80% delle emissioni mondiali di gas serra e sono responsabili della produzione del 50% dei rifiuti, sia a livello locale che globale. Escludere le realtà urbane e territoriali dalle logiche e dai processi di trasformazione in ottica sostenibile, dunque, non solo limita la transizione verso l’economia circolare, ma contribuisce ad aumentare le difficoltà delle amministrazioni locali nell’adottare un approccio circolare per la governance urbana, che rimane ancora troppo spesso – in diversa misura – legata alla logica settoriale e lineare.
Le città e i territori invece, hanno la potenzialità di offrire concrete opportunità per migliorare l’efficienza delle risorse naturali e ridurre gli impatti ambientali. In quest’ottica, le azioni intraprese a livello comunale risultano fondamentali nel raggiungere obiettivi più sostenibili, perché strettamente legate al territorio e all’urbanistica, attraverso la definizione di flussi di materia ed energia che mantengono il loro valore restando in circolo e delineando aree e spazi flessibili e funzionali a tale scopo. Ad oggi, gli studi e le buone pratiche di economia circolare risultano avere una disconnessione spaziale che limita fortemente lo sviluppo, in quanto il territorio non è da considerare meramente un “contesto”, ma bensì un “agente” che può supportare o meno l’innesco di processi urbani di circolarità.
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Economia circolare e metabolismo urbano
Negli ultimi anni, è stato l’approccio del metabolismo urbano ad aver assunto un ruolo sempre più rilevante nello sviluppo di politiche territoriali volte all’utilizzo efficiente delle risorse, alla riduzione dei rifiuti e al consumo di suolo zero. Questo modello è riemerso negli ultimi dieci anni, ma le sue origini risalgono agli anni ’60. Il metabolismo urbano studia i flussi di materia, energia, cibo e rifiuti all’interno della città e del territorio di riferimento, basandosi su una metafora che concettualizza le città quali organismi viventi che, come tali, necessitano di risorse in input, producendo rifiuti come output.
Il metabolismo urbano può così essere visto come l’altra faccia dell’economia circolare, legata all’aspetto spaziale della circolarità dei flussi e al modellamento delle relazioni tra ambiente, economia e società. Economia circolare e metabolismo urbano sono approcci incentrati sul cambio di paradigma, da un modello lineare, insostenibile e dispendioso “take-make-dispose model” a uno circolare, sostenibile ed efficiente. In questo quadro la pianificazione deve supportare attraverso indicazioni, processi e norme la transizione al livello urbano e territoriale.
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Città e territori circolari
Le premesse per la realizzazione di città e territori circolari sono fortemente connesse a tematiche quali sviluppo sostenibile, resilienza e cambiamenti climatici. Attualmente non esiste una definizione chiara e condivisa di cosa costituisca una città o un territorio circolare. Nella letteratura scientifica molto spesso la città circolare è vista come un contesto in grado di mettere in pratica i principi dell’economia circolare, tentando di chiudere i cicli delle risorse che utilizza, oltre che realizzare engagement sociale con i suoi stakeholder (cittadini, comunità, imprese, amministratori e stakeholder della conoscenza). La Ellen Mac Arthur Foundation afferma che una città circolare incorpora i principi dell’economia circolare in tutte le sue funzioni, stabilendo un sistema urbano che è rigenerativo per definizione.
A prescindere dalle diverse definizioni presenti, in generale le città e i territori vengono definiti circolari per sottolineare l’innovativo modo di vedere, ponderare e soprattutto gestire le attività economiche e non, che hanno luogo nel territorio della città. Negli ultimi anni, numerose sono le città che hanno proposto strategie e intrapreso percorsi verso la circolarità come Rotterdam, Parigi, Londra, Madrid e altre. Inoltre, anche se prive di strategie circolari dedicate, in molte città di piccole e medie dimensioni sono state identificate azioni e attività promosse da enti internazionali come Climate-KIC, C40 Cities e 100 Resilient Cities. Tutte queste iniziative possono essere riassunte in quattro tipologie principali: strategie locali, riqualificazione urbana, appalti pubblici, gestione dei rifiuti. Nonostante le numerose iniziative e azioni intraprese negli ultimi anni, molti studi mostrano come le città e i territori siano al momento in una fase iniziale della transizione verso un modello circolare, e che la loro natura spaziale e urbanistica non è ancora incorporata interamente nell’approccio dettato dall’economia circolare.
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- di G. Lucertini, G. Di Giustino, E. Ferraioli, F. Musco, ricercatori del Dipartimento di Culture del Progetto, università Iuav di Venezia