Prosegue l’approfondimento del nostro magazine dedicato alla campagna elettorale, ai programmi dei partiti e alla loro reale attenzione verso temi quali l’economia circolare, la crisi energetica e, più in generale, l’ambiente. Con l’obiettivo di raccontare non solo le intenzioni dei partiti, attraverso interviste a candidate e candidati, ma anche lo sguardo di quelle associazioni che si trovano ogni giorno ad affrontare questioni legate all’ambiente e al sociale, incontrando spesso resistenze della politica stessa.
A rispondere alle nostre domande è Francesco Ferrante, vicepresidente di Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica), l’associazione nata con lo scopo di promuovere lo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, in un’ottica di promozione di un sistema sociale ed economico sostenibile.
Questa campagna elettorale e i programmi presentati dai partiti, secondo voi, hanno visto assegnare all’economia circolare un ruolo adeguato? Perché? Quali partiti si sono in particolare distinti?
Noi coordiniamo associazioni di operatori che stanno sul mercato e sono abituati a confrontarsi con la realtà. Quindi ci piacerebbe giudicare atti concreti e non solo “promesse”. E da questo punto di vista non possiamo dirci soddisfatti perché i Governi degli ultimi dieci anni troppo poco hanno fatto sulle rinnovabili (anzi spesso osteggiate) e solo negli ultimi mesi si è visto qualche sforzo, ancora non sufficiente, sul fronte delle semplificazioni. Per non parlare dell’efficienza energetica del tutto negletta nelle scelte di politica industriale. Certo se ci dovessimo limitare a guardare i programmi è chiaro che troviamo più adeguati quelli che si agganciano maggiormente alle politiche europee di decarbonizzazione e del New Green Deal.
Le misure proposte per la progressiva riduzione delle forniture di gas russo (ad esempio i rigassificatori), sono un realistico compromesso tra l’urgenza del bisogno di energia e i tempi fisiologici del passaggio alle rinnovabili? O vengono usati dai partiti come occasione per prolungare lo status quo?
Lo capiremo dal tipo d’investimento che si vorrà fare e dai tempi di ritorno dello stesso. Quelli utili ad affrontare l’emergenza sono quelli che si riducono ai prossimi due/tre anni per tutto il resto le uniche risposte possibili e sensate sono investimenti sulle rinnovabili e per migliorare l’efficienza energetica della produzione, specie in un paese come il nostro dove la manifattura, fortunatamente, pesa ancora così tanto. Di sicuro vedremo presto se ci sarà una vera inversione di rotta. Poco prima della crisi del gas la maggior parte degli operatori che ancora utilizzavano centrali a carbone, in vista del phase out del 2025 di questa fonte, avevano richiesto autorizzazioni per centrali a gas. Vedremo se passata la tempesta odierna torneranno sui propri passi per convertirsi sul serio alle rinnovabili.
Il nucleare può essere una soluzione?
No. Nei Paesi occidentali sono falliti importanti operatori del settore (Areva e Westinghouse) e la francese EDF non porta i libri in tribunale solo perché ampiamente foraggiata dallo Stato. Questo per dire che quella soluzione oltre a essere tecnologicamente obsoleta è ormai anche antieconomica. Se poi si parla della fusione, ben venga la ricerca, ma sapendo che sono almeno cinquant’anni che si dice che la “fusione sarà pronta tra vent’anni”.
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Restiamo ancora sulla crisi energetica: le misure indicate dai partiti in questa campagna elettorale a favore dell’efficienza sono, secondo voi, adeguate? Vi convince il piano di riduzione dei consumi indicato dal governo, che spinge sulla sensibilizzazione dei singoli senza indicare misure coercitive?
Noi abbiamo difeso il Superbonus, anche se ne abbiamo criticato alcuni aspetti e ne abbiamo auspicato la riforma, proprio perché è stata in questi anni l’unica misura concreta a favore dell’efficienza energetica. Per il resto vediamo davvero troppo poco, ma soprattutto una scarsa dinamicità. Attendiamo da anni la riforma dei Titoli d’Efficientamento Energetico che se messi a punto potrebbero essere un’ottima leva per l’efficientamento. I governi, su questo fronte, sembrano più interessati a tutelare i produttori d’energia da fossile che ai cittadini e alle loro bollette.
Secondo voi le misure previste dai partiti per la transizione ecologica tengono in giusto conto anche la giustizia sociale e la difesa dei soggetti più deboli? Cosa bisognerebbe fare in tal senso?
Quello che noi non accettiamo è che la transizione ecologica sia descritta come “un bagno di sangue” dal punto di vista economico e sociale. È vero il contrario: “chi si ferma è perduto”. Volere difendere un sistema basato su sfruttamento dei fossili ci metterebbe alla retroguardia del mercato globale e quello sì che ci farebbe perdere posti di lavoro senza crearne di nuovi.
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