“L’economia circolare è uno dei grandi driver di politica industriale e sostenibilità, poiché contribuisce a rafforzare la competitività dei settori produttivi, a consolidarne l’indipendenza strategica e, al contempo, genera effetti positivi sull’ambiente”. A ribadire il valore dell’economia circolare, non solo per la sostenibilità ambientale ma anche come leva strategica per la competitività e l’indipendenza industriale, è Confindustria. Con il secondo Rapporto sull’economia circolare (“Economia Circolare: Strategie e Prospettive per l’Industria“), arrivato sei anni dopo una prima edizione (2018) e presentato al Parlamento europeo il 18 marzo scorso.
Il rapporto, spiega la confederazione, esamina il tema dell’economia circolare “non solo dal punto di vista strettamente ambientale, ma anche di politica industriale, interessando temi strategici, quali l’energia, i trasporti, la logistica, le infrastrutture e gli appalti pubblici”.
Benefici plurimi dell’economia circolare
Confindustria rileva i numerosi benefici – ambientali, sociali, economici – indotti da un modello di produzione e consumo improntato all’economia circolare. Eccoli.
Benefici ambientali:
- Riduzione dei rifiuti: l’economia circolare minimizza la produzione di rifiuti attraverso il riuso, la riparazione e il riciclo;
- Conservazione delle risorse naturali: grazie ai materiali riciclati e rigenerati, diminuisce la domanda di risorse naturali vergini:
- Riduzione delle emissioni di gas serra: l’adozione di pratiche circolari comporta un minore consumo energetico e una riduzione delle emissioni legate alla produzione e allo smaltimento dei prodotti, contribuendo alla lotta contro il cambiamento climatico.
Benefici sociali:
- Creazione di posti di lavoro verdi: l’economia circolare stimola la nascita di nuove professioni e settori legati al riciclo, alla riparazione e alla gestione sostenibile delle risorse;
- Miglioramento della qualità della vita: promuovendo l’uso di prodotti più durevoli e riparabili, si aumenta la qualità e la sostenibilità dei beni di consumo, riducendo l’impatto ambientale e migliorando il benessere delle comunità;
- Promozione di una cultura della sostenibilità: l’economia circolare incoraggia pratiche di consumo responsabile e consapevole.
Benefici economici:
- Risparmio sui costi di produzione: riducendo la dipendenza da materie prime vergini e adottando materiali riciclati, le aziende possono abbassare i costi di produzione;
- Innovazione e competitività: l’economia circolare stimola l’innovazione nei processi produttivi e nello sviluppo di nuovi prodotti, rendendo le aziende più competitive;
- Resilienza economica: adottando pratiche circolari, le economie diventano meno vulnerabili alle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime e agli shock della catena di approvvigionamento.
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Plurime criticità dell’economia circolare
A fronte di questi importanti vantaggi. l’associazione degli industriali italiani segnala anche importanti criticità e ostacoli per la transizione verso un’economia circolare.
Schematizzando, di stratta di:
Criticità normative, burocratiche e finanziarie:
- Quadro normativo complesso e poco chiaro: Le norme su sottoprodotti, End of Waste e materie prime seconde sono soggette, secondo la Confederazione, a interpretazioni discordanti;
- Burocrazia eccessiva: le imprese devono fare fronte alla richiesta di documentazione spesso ridondante che le scoraggia;
- Permessi ambientali: autorizzazioni come VIA e AIA sono troppo lenti se paragonati ai tempi dell’innovazione e della competitività;
- Finanziamenti insufficienti. Le misure europee a favore dell’economia circolare sono, secondo Confindustria, spesso sottofinanziate, rendendo difficile il percorso della sostenibilità, soprattutto per le PMI.
Ostacoli alla sperimentazione e all’innovazione
- Autorizzazioni troppo lente. Le imprese faticano a testare nuove tecnologie e processi a causa di iter autorizzativi lunghi e rigidi. La normativa vigente che dovrebbe facilitare la sperimentazione, si legge nel report di Confindustria, è poco applicabile perché “si riferisce a impianti veri e propri, non ad una prima breve campagna di sperimentazioni in un impianto esistente, come spesso è invece necessario fare”;
- Regulatory sandbox. Secondo le imprese “sarebbe auspicabile poter adottare una nuova modalità procedurale più snella”. Viene ad esempio proposto l’uso della “regulatory sandbox” (“previsto tra le azioni della Strategia per l’Economia Circolare (SEC) dell’allora Ministero della Transizione Ecologica nel giugno del 2022”). Il concetto di sandbox, spiega il documento, “viene inteso quale spazio protetto di sperimentazione per l’impresa sotto la vigilanza dell’autorità competente che ha concesso una deroga normativa sperimentale con limiti temporali e prescrizioni definite”.
Ostacoli al riutilizzo e riciclo
- Norme di prodotto che complicano l’uso di materiali rilavorati. Numerose imprese che hanno intrapreso iniziative per il riutilizzo dei prodotti a fine vita si sono scontrate “con significative difficoltà derivanti da vincoli normativi”. La regolamentazione attuale, infatti, “spesso ostacola la possibilità per le imprese di sperimentare e implementare nuove tecnologie in modo rapido ed efficace”. Confindustria fa riferimento, ad esempio, a sperimentazioni di breve durata che – dovendo sottostare ad una autorizzazione End of Waste “caso per caso” – comportano “la necessità di richiedere fidejussioni, verifica di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) oltre che le doverose prescrizioni dal punto di vista del controllo degli impatti sull’ambiente”. Di fatto, ricorda il report, “tale iter richiede oltre un anno di attività amministrativo-burocratica per autorizzare una prova di durata estremamente limitata, finalizzata esclusivamente a verificare se quanto ipotizzato in laboratorio possa essere effettivamente trasferito su scala industriale”;
- Difficoltà nel riconoscimento del valore delle materie prime seconde. Confindustria porta come esempio il metodo del mass balance, non ancora accettato pienamente a livello europeo;
- Assenza di classificazioni adeguate. Ad esempio per valorizzare le attività che utilizzano risorse circolari e rinnovabili, come la bioeconomia, “è necessario assicurare una classificazione dedicata e rappresentativa”. Secondo Confindustria serve quindi “una revisione del sistema di codifica NACE/ATECO, poiché tali attività sono identificate con gli stessi codici dei settori tradizionali”;
- Pregiudizi e resistenze culturali ancora ostacolano l’adozione diffusa del modello circolare da parte delle imprese e dei consumatori.
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Best practice
Un elemento distintivo del Rapporto è la raccolta delle buone pratiche del sistema confindustriale. Si tratta, spiega il report, “di esperienze che testimoniano l’impegno crescente dell’industria italiana verso la circolarità, coprendo ambiti quali bioeconomia, decarbonizzazione e integrazione dei trasporti con modelli circolari”. Un patrimonio di know-how che “evidenzia come il paradigma della circolarità si declini in modi diversi, adattandosi alle peculiarità dei vari settori”.
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Le raccomandazioni
“Per una transizione efficace e completa verso questo modello economico, è necessario un quadro normativo chiaro, incentivi mirati e significativi investimenti in innovazione e infrastrutture” afferma Confindustria. Che propone dieci raccomandazioni strategiche che “riflettono le istanze del mondo industriale e mirano a orientare il nuovo quadro regolatorio europeo sull’economia circolare”.
Eccole:
- Favorire la piena armonizzazione e semplificazione della copiosa regolamentazioneeuropea in materia di economia circolare
- Semplificare le procedure autorizzative di gestione dei rifiuti e garantire stabilità normativa
- Rimuovere le criticità sul permitting ambientale
- Razionalizzare istituti giuridici fondamentali per l’economia circolare, (ad esempio i sottoprodotti e gli end of waste) “che si dimostrano ancora incapaci nel sostenere adeguatamente la transizione circolare efficiente e competitiva”
- Sostenere ricerca e innovazione, “semplificando gli adempimenti necessari per la sperimentazione e per l’impiego dei materiali ottenuti nei progetti di ricerca”
- Sviluppare e coordinare misure e interventi di incentivazione, per “promuovere lo sviluppo dell’economia circolare e sostenere il mercato dei prodotti circolari e dei prodotti realizzati a partire da materie prime rinnovabili, anche attraverso gli appalti pubblici verdi e strumenti economici, finanziari e fiscali dedicati”. Confindustria propone di introdurre un sistema di certificati per valorizzare l’economia circolare e incentivare l’utilizzo di materie prime seconde (ad esempio “titoli di efficienza energetica circolare”)
- Rafforzare il ruolo degli appalti pubblici nella promozione della circolarità
- Coordinare le politiche di transizione energetica con quelle per l’economia circolare
- Allocare risorse adeguate per consentire all’industria di raggiungere gli obiettivi già previsti dalle normative europee
- Creare sinergie tra sostenibilità e sicurezza nell’approvvigionamento di materie prime, per garantire una sempre maggiore indipendenza dell’Italia e dell’UE.
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