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lunedì, Dicembre 16, 2024

Centri del riuso in attesa del Recovery e del decreto attuativo (forse) in arrivo

Al Circular Talk di ieri il focus su centri del riuso ha messo in luce le enormi potenzialità di un settore capace di coniugare sostenibilità ambientale e tutele sociali. "Nei 7 miliardi previsti dal PNRR sull'economia circolare la riparabilità avrà un ruolo importante" ha assicurato la sottosegretaria al MiTe Ilaria Fontana

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Redazione EconomiaCircolare.com

“Le istituzioni devono dare il buon esempio, anche nell’economia circolare”. Ilaria Fontana è da poco stata nominata sottosegretaria al ministero della Transizione ecologica, in quota 5stelle (seppur ancora senza deleghe). E al nostro Circular Talk sui Centri del riuso (per chi vuole recuperarlo interamente può farlo qui), raccogliendo alcuni dei tanti spunti di riflessione lanciati dal presidente di Zero Waste Europe Rossano Ercolini, ha fornito un quadro ampio di quello che il governo Draghi intende mettere in campo per valorizzare il riuso e il riutilizzo o, come sarebbe meglio dire, la preparazione al riutilizzo così come stabilito dalla Direttiva Quadro (Framework Directive) 2008/98/CE, poi recepita dal nostro Testo unico ambientale  all’art. 183. Il punto di partenza in questo caso è quello dei Criteri Ambientali Minimi.

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“Sarebbe meglio che si cominciasse a parlare di affidamento dei servizi e non di beni – ha spiegato Fontana – Prendiamo ad esempio una società che paga il servizio di un pc. Nel farlo dovrà privilegiare la riparazione del computer e non più la sua sostituzione con un nuovo. Anche questo cambio nelle pubbliche amministrazioni sarà fondamentale per incentivare la decima R dell’economia circolare, ovvero la riparabilità, e quindi costruire una cornice che dallo Stato coinvolga le aziende e comporti un’influenza positiva anche nella vita del singolo cittadino, nonché un’opportunità lavorativa nuova”.

Il Circular Talk di ieri, organizzato da EconomiaCircolare.com, ha mostrato le enormi potenzialità dei centri del riuso. E non solo. Nonostante il mercato dell’usato valga già oggi – senza incentivi legati alla riduzione dei rifiuti e nonostante i limiti normativi – 24 miliardi di euro l’anno (1,3% del PIL), occupi 80mila addetti e consenta di evitare 4,5 milioni di tonnellate di CO2, da oltre 10 anni si attende il decreto ministeriale per la preparazione al riutilizzo, previsto in attuazione della direttiva quadro sui rifiuti dal decreto legislativo 205/2010.

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Al Circular Talk del 15 aprile non si poteva non fare riferimento al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che il governo Draghi dovrà consegnare alle istituzioni europee il prossimo 30 aprile. “La pandemia ha accelerato un processo che in realtà era inevitabile, cioè la necessità di cambiare paradigma – ha aggiunto Fontana – In questo senso il Pnrr è una grandissima opportunità. L’Italia ha previsto 7 miliardi per l’economia circolare, ed è chiaro che la riparabilità dovrà avere un ruolo importante. Anche per superare quello che è un equivoco ancora molto diffuso, secondo il quale l’economia circolare riguarda solo la gestione dei rifiuti. Nei prossimi giorni in ogni caso definiremo la cornice degli interventi, che poi dovranno essere particolareggiati”. La sottosegretaria al Mite è poi scesa nel dettaglio delle proposte.

“Con il recepimento del pacchetto economia circolare dello scorso agosto 2020 – ha osservato – i centri del riuso hanno ricevuto una spinta notevole per quanto riguarda la semplificazione burocratica nella apertura, ora infatti basta una SCIA al Comune mentre prima la pratica era decisamente più complessa. Il decreto sui centri di riuso è in fase conclusiva di istruttoria da parte della direzione economia circolare del Ministero. Una maggiore attenzione va posta sui RAEE ove si sta invece ragionando sull’opportunità di definire un decreto ad hoc perché effettivamente le operazioni di preparazione al riutilizzo potrebbero comportare delle criticità nella gestione dei marchi di conformità, nonché dell’aggiornamento dei prodotti ai requisiti minimi tecnici da garantire rispetto alle nuove direttive europee rispetto a quando furono inizialmente messi sul mercato. Questo aspetto comporta un ulteriore step svolto da tecnici specializzati, diversamente da quanto necessario per le altre categorie merceologiche. Il riuso come scambio di oggetti tra privati essendo considerata una donazione, ad esempio, non ha ovviamente queste criticità a livello normativo. È doveroso ricordare che parlare di valorizzare dei beni che altrimenti diventerebbero rifiuti non può limitarsi alla gratuità. L’economia circolare è davvero il faro per la ripartenza”.

La notizia data da Fontana, ovvero che il decreto attuativo sui centri del riuso è finalmente in fase di elaborazione finale, non potrà che fare contenti gli operatori e le operatrici del settore. Finora, infatti, i centri del riuso hanno sopperito alle assenze istituzionali con tanto volontariato, altrettanta passione e una sostenibilità ambientale che ha fatto rima con quella sociale, così come ricordato da Antonio Pergolizzi, che per EconomiaCircolare.com ha scritto un dettagliato report.

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“Parlando con gli operatori ho potuto appurare che i centri del riuso sono un laboratorio di sostenibilità applicata – ha aggiunto il giornalista – La cosa che più mi sorprende è che sono la risposta migliore all’imperialismo economico che fa delle risorse naturali una facile rapina. In questi luoghi invece si impara ad apprezzare il valore delle cose e non solo il prezzo. Hanno un ruolo importante, dunque, ma non solo dal punto di vista simbolico. I centri consentono dunque di ridurre i rifiuti, anche se c’è un problema perché si trovano in una sorta di mondo di mezzo tra prodotto e rifiuto. Servirebbe certamente una migliore integrazione tra i gestori dei centri e i professionisti del riutilizzo, vanno in qualche modo riannodati i fili. Un salto di qualità di questo settore è la scommessa da vincere, arrivando alla professionalizzazione dei centri del riuso, in modo che possano creare economia, produrre dei margini e attrarre nuovi investimenti. Ragionando successivamente sugli schemi di governance che i centri dovranno assumere”.

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Per migliorare, però, bisogna sapere innanzitutto conoscersi. È con questo obiettivo che Danilo Boni – con l’aiuto tecnico informatico di Maurizio Bertinelli, e con il supporto del Centro di Ricerca Rifiuti Zero di Capannori e della rete di Zero Waste Italy – ha avviato un censimento nazionale dei centri del riuso e/o riparazione. Una mappa in divenire, alla quale si può segnalare un centro attraverso la mail censimentocdr@gmail.com, e che è stata illustrata da Boni al Circular Talk.

“Al nostro questionario finora hanno risposto 99 centri a livello nazionale – ha spiegato Boni – Vi è una predominanza nel centro-nord a livello regionale, soprattutto in Lombardia ed Emilia Romagna. Negli ultimi 10 anni c’è stato un deciso incremento di centri. La proprietà della struttura è divisa praticamente a metà tra privato e pubblico (comunale). La risposta da parte dei cittadini è stata molto positiva, certamente eterogenera visto che i centri svolgono varie funzioni”.

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Il passo successivo alla necessaria mappatura potrebbe essere quello di provare a creare una rete sinergica tra i vari centri del riuso, magari col coordinamento istituzionale, in maniera tale da avere una voce più forte in capitolo. Già così, però, dai centri del riuso vengono fuori una serie di proposte che aiuterebbero il settore a crescere ulteriormente. Le ha elencate, con tono appassionato e chiarezza espositiva, Rossano Ercolini, direttore del Centro ricerca rifiuti zero del Comune di Capannori.

“Quello che emerge è che senza una programmazione pubblica, né tantomeno investimenti, abbiamo un settore esteso in tutta Italia – ha detto Ercolini – Va considerato poi che da questo censimento mancano tutti i venditori ambulanti o i rigattieri, penso per esempio a Roma. Pur proponendo delle potenzialità notevoli, è evidente che il riuso non ha santi in paradiso e quindi non è mai stato supportato adeguatamente. Col Recovery Plan abbiamo però l’opportunità di raggiungere davvero la transizione ecologica. E quindi mettere a sistema il mondo del riuso. Sul piano normativo gli interventi necessari sono a costo zero. Basta burocrazia, serve agire ora. Serve poi elaborare incentivi a favore di chi ripara i prodotti. E in questo senso ad esempio basta copiare la Svezia. Così si potrà supportare il Sud, e le misure potrebbero essere ricavate da quell’ambito”.

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