“Le plastiche derivanti da biomasse, biodegradabili e compostabili possono apportare vantaggi rispetto alle plastiche tradizionali. Tuttavia, dobbiamo valutare a fondo se queste materie plastiche sono all’altezza delle loro promesse e in quali condizioni. Dobbiamo anche fare chiarezza sul mercato, in modo che i consumatori e le imprese possano comprendere facilmente le differenze tra queste materie plastiche”. Con queste parole Virginijus Sinkevicius, il commissario per l’Ambiente, gli oceani e la pesca per l’Unione europea, ha lanciato nella giornata del 18 gennaio la consultazione pubblica sulle bioplastiche.
Ciò avviene a pochi giorni di distanza dal recepimento italiano della direttiva Sup, entrato in vigore il 14 gennaio, sotto osservazione proprio da parte della Commissione europea perché il nostro Paese ha aggiunto alcune norme che intendono salvaguardare la filiera delle bioplastiche e l’industria cartaria. In particolare la Commissione aveva contestato il comma che salvaguardava dal divieto di immissione sul mercato i “rivestimenti in plastica aventi un peso inferiore al 10 per cento rispetto al peso totale del prodotto, che non costituiscono componente strutturale principale dei prodotti finiti” e quello che prevede ““un elenco di eccezioni per taluni prodotti biodegradabili e compostabili per i quali la materia prima rinnovabile raggiunge una certa percentuale”.
La consultazione pubblica lanciata ieri potrebbe fare chiarezza anche su questi aspetti, che riguardano un fetta ampia della nostra industria? Per capirlo andiamo a vedere cosa prevede nello specifico la consultazione.
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Entro l’estate un quadro più chiaro
La consultazione è stata lanciata e resa pubblica sul sito web della Commissione europea (la si può trovare a questo link) ed è aperta per 8 settimane, fino al 15 marzo 2022. L’obiettivo del nuovo quadro — che si colloca all’interno della cornice più generale del Green Deal europeo e di quello più specifico del Piano d’azione per l’economia circolare – è quello di affrontare le sfide emergenti in materia di sostenibilità legate all’uso della plastica derivante da biomasse, biodegradabile e compostabile, in modo da promuovere l’innovazione, rafforzare la certezza degli investimenti nel mercato interno e aumentare la protezione dell’ambiente.
Scrive la Commissione che “le plastiche derivanti da biomasse, biodegradabili e compostabili rappresentano attualmente l’1% del mercato mondiale ed europeo della plastica, con una crescita complessiva prevista del 5-8 % tra il 2020 e il 2025. Attualmente, questi tipi di plastica sono utilizzati prevalentemente per imballaggi specifici e scopi agricoli, offrendo vantaggi come la biodegradabilità o la compostabilità”.
La consultazione fa seguito alla pubblicazione della tabella di marciaCche delinea l’obiettivo del quadro, cioè quello di determinare se davvero e in che modo l’uso di tali plastiche è più sostenibile rispetto alla plastica monouso, il cui contrasto resta lo scopo principale dell’Unione europea. Sono tre i nodi politici, secondo la Commissione europea, che la consultazione pubblica dovrà aiutare a sciogliere.
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Somiglianze e differenza tra plastiche e bioplastiche
Lo scopo della consultazione pubblica, dunque, è quello di fare chiarezza su determinati aspetti relativi alle affinità e divergenze tra plastiche tradizionali e bioplastiche. In particolare la Commissione intende interrogarsi su:
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- la sostenibilità delle materie prime biologiche utilizzate per la produzione di bioplastiche; scrive la Commissione che “l’utilizzo di materie prime biologiche anziché di materie prime a partire da combustibili fossili può contribuire a ridurre l’impatto ambientale della plastica durante l’intero ciclo di vita. Tuttavia, occorre prendere in considerazione l’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita, compresi i cambiamenti nell’uso del suolo, la biodiversità e gli impatti climatici e la dispersione dei rifiuti. Attualmente a queste materie plastiche non si applicano criteri di sostenibilità dell’Ue, mentre i consumatori si aspettano che siano pienamente sostenibili.
- l’efficacia reale della trasformazione ambientale delle bioplastiche; per la Commissione “queste materie plastiche possono apportare benefici per l’ambiente solo se la loro biodegradazione può essere verificata mediante norme. Sebbene esistano norme europee per alcuni mezzi come il compostaggio industriale, non esistono norme europee per la plastica biodegradabile in altre condizioni, come l’ambiente marino. Inoltre, l’economia circolare e i principi della “gerarchia dei rifiuti” suggeriscono solo l’uso di tali materie plastiche per scopi limitati e specifici per i quali la riduzione, il riutilizzo e il riciclaggio non sono realizzabili o auspicabili” (e in questo passaggio pare di vedere una sorta di contrarietà alla scelta italiana attuata con la direttiva Sup)
- confusione diffusa; qui la Commissione specifica che “anche se queste plastiche hanno molte somiglianze, hanno anche molte differenze. I consumatori e gli utilizzatori di tali materie plastiche non hanno attualmente accesso a informazioni chiare e affidabili al momento dell’acquisto o dello smaltimento di tali materie plastiche. L’etichettatura può essere utile solo quando è chiara e completa. Inoltre, se tali materie plastiche vengono smaltite in modo errato, ciò potrebbe portare alla contaminazione incrociata dei flussi di rifiuti e quindi a una minore circolarità della plastica”
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