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domenica, Dicembre 15, 2024

Crisi alimentari, 258 milioni di persone in 58 Paesi non mangiano a sufficienza

I dati diffusi dalla FAO parlano chiaro, e sono in aumento rispetto al passato: shock climatico, conflitti e fattori economici alla base del disastro

Andrea Martire
Andrea Martire
Laureato in Scienze Politiche, ha avuto una lunga collaborazione con "Il Caffè Geopolitico", testata di settore. Lo spinge uno spiccato interesse per lo studio del territorio urbano di Roma est, in cui vive e a cui ha dedicato 4 libri tra il 2017 e il 2022. Impiegato nell'associazionismo sindacale agricolo, ha esordito con un saggio ad Expo Milano nel 2015. È presidente di un'associazione che cerca di valorizzare quello che altri chiamano "periferia"

Reso pubblico il Rapporto globale sulle crisi alimentari (Global Report on Food Crises – GRFC), elaborato dalla Global Network Against Food Crises (GNAFC) – un’alleanza internazionale tra Nazioni Unite, Unione Europea, agenzie governative e non governative, che lavora per affrontare insieme le crisi alimentari. Il report è stato diffuso dalla FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

Il dato è tragico: il rapporto illustra che il numero di persone che vivono in condizioni di insicurezza alimentare acuta e che necessitano di assistenza alimentare, nutrizionale e di sostentamento urgente è aumentato per il quarto anno consecutivo nel 2022, con oltre un quarto di miliardo di persone che si trovano ad affrontare una situazione di fame acuta e persone in sette Paesi sull’orlo della fame.

Il rapporto svela che nel 2022 circa 258 milioni di persone in 58 Paesi e territori debbono affrontare un’insicurezza alimentare acuta a livelli di crisi o peggiori (IPC/CH fase 3-5), rispetto ai 193 milioni di persone in 53 Paesi e territori nel 2021. Si tratta del numero più alto nei sette anni di storia del rapporto. Nel 2022, la gravità dell’insicurezza alimentare acuta è dunque aumentata al 22,7%, dal 21,3% del 2021, rimando inaccettabilmente alta e rendendo evidente la tendenza al deterioramento dell’insicurezza alimentare acuta globale.

Questa settima edizione del Rapporto globale sulle crisi alimentari è un pungente atto d’accusa contro l’incapacità dell’umanità di progredire verso l’Obiettivo di sviluppo sostenibile n. 2 di porre fine alla fame e raggiungere la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione per tutti“, si legge in una nota del segretario dell’Onu, l’ingegnere portoghese Antonio Guterres.

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I Paesi più colpiti

Secondo il rapporto, più del 40% della popolazione in fase IPC/CH 3 o superiore risiedeva in soli cinque Paesi: Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, parti della Nigeria (21 Stati e il Territorio Federale della Capitale – FCT) e Yemen. In altri sette Paesi le persone hanno rischiato di soffrire la fame e l’indigenza o di raggiungere livelli catastrofici di fame acuta (IPC/CH Fase 5) in qualche momento del 2022.

Più della metà delle persone a rischio si trovava in Somalia (57%), mentre tali circostanze estreme si sono verificate anche in Afghanistan, Burkina Faso, Haiti (per la prima volta nella storia del Paese), Nigeria, Sud Sudan e Yemen. In più, circa 35 milioni di persone hanno potuto sperimentare livelli di emergenza di fame acuta (IPC/CH Fase 4) in 39 Paesi, di cui più della metà in soli quattro Paesi: Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Yemen.

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La sofferenza dei bambini

Inoltre, in 30 dei 42 principali contesti di crisi alimentare analizzati nel rapporto, oltre 35 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni hanno sofferto di deperimento o malnutrizione acuta, di cui 9,2 milioni con deperimento grave, la forma di denutrizione più pericolosa per la vita e che contribuisce maggiormente all’aumento della mortalità infantile.

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Fattori chiave: il climate change e gli shock economici

Conflitti ed eventi climatici estremi continuano a causare insicurezza alimentare e malnutrizione; pensiamo alla siccità che sta condizionando i raccolti un po’ ovunque e agli eventi atmosferici sempre più catastrofici come le alluvioni per avere un’idea dei danni provocati dal climate change.

I conflitti, gli shock economici globali ed eventi climatici estremi sono sempre più intrecciati, alimentandosi a vicenda e creando effetti negativi a spirale sull’insicurezza alimentare acuta e sulla nutrizione. Quel che è peggio è che non ci sono indicazioni che questi fattori si attenueranno nel 2023. Per il futuro si prevede infatti che i cambiamenti climatici provocheranno ulteriori estremi climatici, le economie nazionali e globali si troveranno di fronte a una prospettiva negativa, mentre i conflitti e l’insicurezza probabilmente persisteranno.

Ci sono, evidentemente, anche le ricadute economiche della pandemia СOVID-19 e gli effetti a catena della guerra in Ucraina, ad essere diventati i principali fattori della fame, in particolare nei Paesi più poveri del mondo, soprattutto a causa della loro forte dipendenza dalle importazioni di cibo e fattori di produzione agricoli e della vulnerabilità agli shock dei prezzi alimentari globali.

Le condizioni climatiche estreme sono state il principale fattore di insicurezza alimentare acuta in 12 Paesi, dove 56,8 milioni di persone si trovavano in fase IPC/CH 3 o superiore o equivalente, più del doppio del numero di persone (23,5 milioni) in otto Paesi nel 2021. Questi eventi estremi hanno incluso siccità prolungata nel Corno d’Africa, inondazioni devastanti in Pakistan e tempeste tropicali, cicloni e siccità nell‘Africa meridionale.

Gli shock economici hanno superato i conflitti come principale causa di insicurezza alimentare acuta e malnutrizione in diverse grandi crisi alimentari. Gli shock economici globali cumulativi, tra cui l’impennata dei prezzi alimentari e le gravi perturbazioni dei mercati, minano la resilienza e la capacità di risposta dei Paesi agli shock alimentari.

I risultati del rapporto confermano che l’impatto della guerra in Ucraina ha avuto ripercussioni negative sulla sicurezza alimentare globale, a causa dell’importante contributo di Ucraina e Russia alla produzione e al commercio mondiale di combustibili, fattori di produzione agricoli e prodotti alimentari essenziali, in particolare grano, mais e olio di girasole.

La guerra in Ucraina ha interrotto la produzione agricola e il commercio nella regione del Mar Nero, innescando un picco senza precedenti dei prezzi alimentari internazionali nella prima metà del 2022. Sebbene da allora i prezzi dei prodotti alimentari siano scesi, la guerra continua a incidere indirettamente sulla sicurezza alimentare, soprattutto nei Paesi a basso reddito che dipendono dalle importazioni di prodotti alimentari, la cui fragile capacità di ripresa economica era già stata colpita dalla pandemia COVID-19.

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