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La grave crisi economica conseguente la pandemia Covid-19 sta portando alla messa in campo di ingenti fondi di risanamento, che rappresentano una grande opportunità per la necessaria evoluzione del sistema produttivo in linea con gli obiettivi del Green Deal Europeo, orientati a trasformare i modelli di consumo attuale al fine di evitare la generazione di rifiuti e lo sfruttamento delle risorse naturali. Tra i principali ambiti di azione vi è sicuramente il settore edilizio, che è responsabile, a livello europeo, di più del 50% dell’estrazione delle materie prime (COM 98, 2020) e costituisce una delle fonti principali di generazione di rifiuti: a livello europeo circa il 35% del totale e a livello italiano il 42,5% (Rapporto Rifiuti Speciali, 2020).
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Le leve e gli ostacoli
In Italia, il Green Public Procurement (GPP, D.Lgs. 50/2016), mettendo la pubblica amministrazione come soggetto trainante, e i Criteri Ambientali Minimi in edilizia (CAM, DM 6/11/2017 n. 259), imponendo requisiti di circolarità nelle gare di appalto pubbliche, costituiscono una leva fondamentale per un cambiamento verso pratiche circolari. Nei CAM, infatti, vengono richiesti piani per disassemblaggio e demolizione selettiva a fine vita, percentuali minime di disassemblabilità e prefabbricazione dei componenti, percentuali minime di contenuto di materia recuperata o riciclata, nonché la redazione di “pre-demolition audit”. Inoltre, svolgono un ruolo chiave anche i certificati di sostenibilità degli edifici (Green Building Rating System), promossi dagli stessi CAM per l’ottenimento di criteri premiali e notevolmente influenti sul mercato immobiliare che tende ad aumentare il valore degli immobili dotati di tale certificazione.
Tuttavia sussistono ancora ostacoli di applicazione, perché sono ancora poco diffuse sul mercato soluzioni tecniche reversibili che garantiscano il recupero dei componenti a fine vita e mancano filiere stabili per lo sviluppo di soluzioni tecnologiche a livello dell’edificio e processi circolari a livello del prodotto (dal recupero in sito alla trasformazione delle materie prime seconde).
Attualmente, purtroppo, nel settore edilizio il tema della circolarità dei materiali risulta applicato, in maniera puntuale, solamente sui rifiuti da costruzione e demolizione attraverso pratiche di downcycling, come ad esempio il riciclo degli inerti per sottofondi stradali o opere di colmatazione, senza una effettiva valutazione del reale beneficio ambientale, economico e sociale ottenuto.
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Ripensare l’ambiente costruito e l’edificio
L’ambiente costruito deve essere quindi interamente ripensato, definendo nuove strategie di progettazione, nuovi modelli di business e nuove relazioni tra gli attori del processo nella gestione dei flussi di risorse. Questo ovviamente comporta delle ricadute sul progetto e sul processo edilizio, in particolare sui relativi aspetti decisionali ed operativi, sulla visione del fine vita, sugli strumenti utilizzati per la tracciabilità delle informazioni, sulle valutazioni di supporto alle scelte progettuali (sia spaziali sia tecnologiche).
In particolare, è importante modificare le dinamiche all’interno dell’intero processo progettuale ed operativo, definendo “a monte” scelte specifiche che configurino un processo circolare.
L’edificio deve essere concepito come una “banca materiali”, progettato in funzione della disassemblabilità dei diversi materiali e dei singoli componenti, per poterne promuovere il recupero a fine vita, evitando i rifiuti da costruzione, che rappresentano un’inefficienza del processo progettuale e costruttivo, e riducendo al massimo i rifiuti da demolizione, che rappresentano una mancata programmazione del fine vita degli edifici.
L’applicazione di circolarità inoltre non deve essere limitata ad una sola strategia, ma deve costituire un intervento complessivo e multidisciplinare in grado di agire lungo l’intero ciclo di vita dell’edificio, ovvero che consideri la produzione dei materiali di cui è costituito l’edificio, la fase di costruzione, la fase d’uso ed il fine vita, tenendo conto di tutti gli impatti ambientali che ciascuna fase provoca.
In caso contrario, il rischio è quello di modificare le pratiche attuali solo apparentemente in modo circolare, creando in realtà impatti in altre fasi del ciclo di vita. La diffusione di valutazioni del ciclo di vita ambientale ed economico in questa fase di transizione è quindi fondamentale per valutare l’effettiva sostenibilità delle strategie circolari introdotte (applicando il Life Cycle Assessment e il Life Cycle Cost come strumenti di supporto utili alla quantificazione degli impatti ambientali ed economici).
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Un futuro di collaborazione
Risulta necessario, pertanto, uno sforzo rivolto verso una collaborazione tra i diversi operatori del processo edilizio, al fine di cooperare per la definizione di soluzioni tecnologiche reversibili e per instaurare networking per lo sviluppo di nuovi modelli di business intesi come assetti organizzativi e gestionali che facilitino l’attivazione di processi di riuso, riciclo e re-manufacturing. In questo contesto sta lavorando la ricerca Re-NetTA. Re-manufacturing Networks for Tertiary Architectures (New organisational models and tools for re-manufacturing and re-using short life components coming from tertiary buildings renewal) condotta dai dipartimenti ABC, DIG e Design del Politecnico di Milano e finanziata da Fondazione Cariplo, individuando e diffondendo nuovi modelli di business collaborativi attraverso il supporto di stakeholder della filiera.
Siamo chiamati dunque ad un grande sforzo che non implica solo un’innovazione tecnologica, ma anche una innovazione culturale, che apra ad uno sguardo diverso, e un programma educativo e formativo, che si concretizzi in un nuovo stile di vita e in un diverso modo di operare e di guardare ai bisogni.
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