Incentivi o spinta gentile? Quali sono i fattori che favoriscono maggiormente comportamenti virtuosi e sostenibili? Lo scorso 18 gennaio, la rivista “Global Environmental Change” ha pubblicato uno studio che valuta l’efficacia degli approcci economici tradizionali e comportamentali nell’ambito delle politiche per la promozione di condotte sostenibili.
Nella cornice del progetto di ricerca “PoliSpill” (Policy mix and behavioural spillovers), questa meta-analisi prende in esame 34 articoli scientifici che descrivono gli effetti individuali o sinergici dei due tipi di approcci, con il fine di comprendere come e quanto quelli comportamentali possano influenzare l’efficacia delle politiche o delle combinazioni di più politiche (policy mixes) volte a diffondere l’adozione di comportamenti sostenibili (pro-environmental behaviours). Uno dei risultati più interessanti suggerisce che per avere maggiore probabilità di successo nella promozione di questi ultimi è necessario combinare strumenti economici tradizionali con quelli comportamentali, in modo da produrre effetti di sinergia più ampi rispetto alla combinazione di interventi omogenei, cioè della stessa tipologia.
Incentivi e spinta gentile: alleati o nemici?
Raggiungere target ambientali ambiziosi, come quello della neutralità climatica entro il 2050, richiede un cambiamento considerevole dei comportamenti individuali che va incentivato attraverso l’attivazione di politiche economiche tradizionali (volte per esempio a ricompensare o tassare il cittadino) o economico-comportamentali (per obbligare, sollecitare o vietare alcune condotte). Spesso ciò che viene adottato è però una combinazione di più politiche omogenee e non, dato che in molti casi – come in quello riguardante la promozione di pro-environmental behaviours – si raggiunge un’efficacia maggiore rispetto a quella data dalla somma delle politiche singole.
Per valutare l’efficacia delle combinazioni di politiche, lo studio identifica innanzitutto quali approcci le compongono e quali di questi generano le sinergie più significative. Per esempio, gli sgravi fiscali (come il bonus “casa green”), i crediti d’imposta (per chi sostiene spese per l’acquisto di mezzi e servizi di mobilità sostenibile) e le tassazioni, come la carbon tax, sono tutti strumenti economici tradizionali che si concentrano sull’offrire motivazioni definibili “esterne”, dal momento che eccedono l’ambito della tutela ambientale e riguardano primariamente i soldi. Proprio in quanto tali, queste motivazioni esterne potrebbero non risultare sempre efficaci a lungo termine: utilizzati da soli, infatti, gli strumenti tradizionali potrebbero portare al cosiddetto “effetto di respinta motivazionale”, un fenomeno in cui gli incentivi economici riducono invece che aumentare la motivazione a impegnarsi nel comportamento oggetto della politica. Ricompensare le persone che conferiscono le bottiglie di plastica nell’ecocompattatore potrebbe far percepire loro il riciclo come un’attività da svolgere soltanto per ottenere un “premio” che, qualora rimosso, porterebbe alla perdita d’interesse e all’interruzione del riciclo stesso.
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La spinta gentile da sola potrebbe non bastare
Con l’avvento dell’economia comportamentale, la cassetta degli attrezzi utile a costruire politiche ambientali si è riempita di nuovi strumenti affiancabili a quelli tradizionali. Le spinte gentili (nudges) sono tra questi e consistono in cambiamenti sottili nel modo in cui si presentano le scelte alle persone, in modo da guidarle verso comportamenti positivi ma senza limitarle o forzarle nelle loro opzioni d’azione. Applicare le etichette energetiche sugli elettrodomestici, ad esempio, significa “spingere” verso la diffusione di informazioni chiare e facili da comprendere sul consumo energetico e, in ultima analisi, verso un comportamento d’acquisto più sostenibile. Gli stimoli (boosts) sono invece iniziative educative – corsi, workshop, campagne di sensibilizzazione… – volte ad aumentare le competenze e le capacità decisionali delle persone per permettere loro di fare autonomamente scelte sempre più consapevoli. In alcuni casi, anche gli approcci dell’economia comportamentale potrebbero rischiare l’inefficacia o un vero e proprio backfire (sinergia negativa) qualora attivate in maniera isolata: le spinte, per esempio, richiedono tempo per influenzare in modo significativo il comportamento delle persone e generare in loro cambiamenti duraturi. Anche se una campagna di sensibilizzazione sull’utilizzo del trasporto pubblico fornisce informazioni dettagliate su orari, tariffe e vantaggi, potrebbe non essere sufficiente, da sola, a convincere le persone a cambiare abitudini consolidate come l’utilizzo dell’auto personale.
Dalle politiche alle pratiche
La resistenza al cambiamento è proprio una delle caratteristiche più tipiche dell’essere umano e per provare a superarla bisogna combinare approcci tradizionali e comportamentali. A questo proposito, lo studio suggerisce che i policy mix che uniscono le spinte comportamentali agli incentivi economici si dimostrano particolarmente efficaci nel promuovere condotte più sostenibili, generando una sinergia positiva in cui le prime si concentrano sul rendere più facile, divertente o desiderabile l’adozione di tali condotte, mentre i secondi mirano a fornire un sostegno tangibile, affinché si percepisca un vantaggio immediato.
Simili mix di politiche, fatti di incentivi e spinta gentile insieme, hanno mostrato di essere di gran lunga più efficaci dell’intervento isolato che, nella combinazione dei fattori, ha riscosso maggior successo. Ciò indica che alcune politiche eterogenee che lavorano in tandem hanno più probabilità di riuscire a promuovere i cosiddetti pro-environmental behaviours e a farli durare nel tempo: una conclusione utile, questa, per tutti i decisori che cercano di progettare politiche ambientali in grado di influenzare positivamente i comportamenti e gli stili di vita, tenendo conto delle motivazioni monetarie e non, cioè della complessità che caratterizza ogni scelta di cambiamento verso la sostenibilità.
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