“L’Italia fa il suo ingresso nel mercato del debito sovrano collegato alla finanza sostenibile, attraverso i nuovi BTP Green, fornendo un ulteriore impulso alla strategia del nostro Paese per conseguire la neutralità climatica entro il 2050 e raggiungere gli obiettivi dello European Green Deal, all’interno del percorso delineato già da alcuni anni, soprattutto con le linee di azione del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima”.
La nota con la quale il ministero dell’Economia e delle Finanze annuncia l’emissione dei cosiddetti green bond risale al 25 febbraio. E fornisce il quadro legislativo sul quale poggia un’iniziativa non certo inedita ma comunque significativa. Specie perché le emissioni di buoni poliennali avvengono in un anno fondamentale per il nostro Paese. Innanzitutto perché tra meno di due mesi, come sanno bene i lettori di EconomiaCircolare.com, il governo Draghi dovrà consegnare il proprio Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza all’Europa, in modo da indicare come intende investire i 209 miliardi del Next Generation EU.
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Inoltre la presidenza del G20, che vedrà l’appuntamento conclusivo a Roma il 30 e il 31 ottobre, non solo tocca quest’anno all’Italia ma si articolerà intorno al trinomio People, Planet e Prosperity. Gli appuntamenti ambientali del 2021 non finiscono qui: vale la pena ricordare la COP26, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà a Glasgow, nel Regno Unito, dall’1 al 12 novembre 2021, sotto la presidenza del governo del Regno Unito.
Prima della COP26 nel nostro Paese si svolgeranno due eventi preparatori molto importanti, entrambi a Milano: dal 28 settembre al 2 ottobre 2021 ci sarà la Pre-COP e a seguire l’evento internazionale dedicato ai giovani, intitolato “Youth4Climate: Driving Ambition”.
Come a dire: la sfida che si prospetta, specie nella fase post-pandemica che ci si accinge a vivere, è epocale. E l’economia circolare in questo senso gioca un ruolo fondamentale.
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A cosa serviranno i titoli di Stato green
Con l’emissione di titoli di Stato green, l’Italia finanzierà le spese statali destinate a contribuire alla realizzazione degli obiettivi ambientali delineati dalla tassonomia europea delle attività sostenibili. Sono gli obiettivi che recentemente la Commissione europea ha ribadito nella guida agli Stati membri che è servita a delineare la rotta dei rispettivi PNRR, soprattutto nella fase del “danno non significativo”.
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Gli obiettivi ambientali dei green bond sono: mitigazione dei cambiamenti climatici, adattamento ai cambiamenti climatici, uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e dell’ambiente marino, transizione ad un‘economia circolare, prevenzione e controllo dell’inquinamento, protezione, miglioramento e ripristino della biodiversità, degli ecosistemi e dei servizi ambientali.
L’utilizzo dei proventi raccolti tramite le emissioni di titoli green aiuterà l’Italia a sostenere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. Per poter esser considerate eleggibili in linea con quanto previsto dal Quadro di riferimento, le spese devono rientrare in uno dei seguenti settori green: fonti rinnovabili elettriche e termiche, ffficienza energetica, trasporti, prevenzione e controllo dell’inquinamento ed economia circolare, tutela dell’ambiente e della diversità biologica, ricerca. Si tratta di spese che devono essere ricomprese all’interno del Bilancio dello Stato per un periodo che va dal terzo anno prima a quello successivo all’anno di emissione.
Per l’emissione dei titoli di Stato green è stato poi istituito un Comitato Interministeriale che dovrà fornire le informazioni necessarie sulle spese potenzialmente ammissibili al finanziamento. Il Comitato dovrà anche sostenere il Mef sul tracciamento di queste spese, per verificare insomma se e come verranno utilizzate, e analizzare il loro impatto. Grazie a queste informazioni, con cadenza annuale, verrà infine pubblicato un report che illustrerà obiettivi e indicatori.
Il parere dei tecnici
Lo scorso 25 febbraio i green bond sono stati illustrati alla stampa italiana, ovviamente online. Mentre l’1 marzo si è tenuta la Global Investor Call, in inglese, rivolta agli azionisti internazionali.
“La finanza ha da tempo avviato un percorso importante verso la sostenibilità del modello di sviluppo in cui viviamo, nonché per risolvere le sfide che sono sollevate dall’emergenza climatica e ambientale – ha ricordato Alessandro Rivera, direttore generale del Tesoro – Questo percorso riguarda tutti i soggetti che fanno parte della finanza: sia emittenti che risparmiatori, compreso il complesso e variegato mondo dell’intermediazione. Sono stati poi introdotti numerosi strumenti che facilitano la transizione ecologica. Il ruolo degli Stati diventa dunque importante, specie nell’emissione di titoli cosiddetti green che hanno un notevole grado di sicurezza e di affidabilità, oltre ad assicurare un deciso grado di liquidità. L’iniziativa dei BTP Green consente dunque all’Italia di consolidare una reputazione sull’impegno affinché le politiche economiche rispettino gli obiettivi ambientali”.
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L’emissione di BTP Green è stata prevista nel nostro ordinamento già nel dicembre 2019, con la Legge di Bilancio 2020 che ha introdotto la possibilità di emissioni destinate a finanziare interventi con un positivo impatto ambientale. Più in generale nel 2020 le emissioni di green bond a livello mondiale hanno superato i 400 miliardi di dollarim così come accertato dall’agenzia di rating Moody’s. Segno che le attenzioni della finanza su un tema non più rinviabile sono aumentate, ma anche concreto rischio che sul “greenwashing” da tempo denunciato dalle associazioni ambientaliste si stiano concentrando ora anche le attenzioni di chi, con le proprie scelte economiche, ha favorito invece finora le emissioni di gas serra. Basti pensare che nel 2019 il volume di affari dei green bond era stato di 209 miliardi di dollari.
Se nell’anno della pandemia c’è stato quasi un raddoppio ciò significa quasi una “rivoluzione” in ambito finanziario, i cui effetti si vedranno nel tempo. Solo in Italia negli ultimi due anni le obbligazioni green sono state di 20 miliardi di euro. Ecco perché lo strumento del Green Bond Framework, ovvero il Quadro di riferimento per le emissioni dei nuovi BTP Green, assume particolare rilevanza. A illustrare il documento, sempre nell’appuntamento del 25 febbraio, è stato Davide Iacovoni, responsabile della Direzione Debito Pubblico.
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“Si tratta di un documento abbastanza snello, che si compone di otto sezioni – ha spiegato Iacovoni – Sappiamo bene che in Europa si lavora alla definizione di green bond standard, attraverso la definizione di una tassonomia comune che potrebbe concludersi entro l’anno, tuttavia per entrare nel mercato ci siamo rifatti all’Icsma, cioè lo standard attualmente più diffuso. L’utilizzo dei proventi delle emissioni andrà anche al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Onu 2030, in particolare abbiamo selezionato quelli su acqua e igiene, energia pulita e accessibile, città e comunità sostenibili, la vita sull’acqua e sulla terra. Il nostro impegno è quello di pubblicare annualmente un report che puntualmente darà tutte le informazioni circa l’allocazione delle risorse, su quali progetti verranno destinati e come stanno andando. In più sarà definito l’impatto ambientale di queste spese mediante indicatori riconosciuti a livello internazionale”.
È stato confermato poi che le prime emissioni, così come anticipato a dicembre 2020, dovrebbero aversi entro il primo trimestre. I green bond, infine, non finanzieranno ovviamente i progetti che sono inseriti nel Recovery Plan.
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Il Quadro di riferimento
Se l’avvio dei green bond è imminente, la sensazione è che, al di là degli annunci, manchi ancora una definizione chiara di quali progetti concreti saranno finanziati dai nuovi titolo di Stato. Per avere un’idea più chiara diventa allora utile consultare il già citato “Quadro di riferimento”, pubblicato dal ministero lo scorso mese.
Innanzitutto si apprende che “le spese ammissibili includono le spese fiscali, le spese in conto capitale, le spese correnti e i trasferimenti (ad esempio i sussidi) a favore di soggetti esterni o interni alla pubblica amministrazione, nella misura in cui siano finanziate dalla fiscalità generale e contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi ambientali individuati. Esse escludono invece le spese, o le quote di spese, per le quali lo Stato italiano dispone di forme di gettito o finanziamento specificatamente dedicate (ad esempio le quote di spesa finanziate dal ricavato dalle aste di quote di emissione di CO2). Inoltre, i ricavi netti delle emissioni di titoli di Stato green possono essere destinati ad agenzie pubbliche, imprese pubbliche e private, autorità locali, istituti di istruzione e ricerca, così come alle famiglie”.
Tra le spese ammissibili vengono citate le “energie a basse emissioni di carbonio come eolica, solare, idroelettrica, geotermica, idrogeno e altri (ad esempio pompe di calore)”, gli “incentivi per l’acquisto di auto ibride o elettriche da parte di privati o aziende”, le “spese per rimboschimento o interventi di protezione del patrimonio forestale e silvicoltura, faunistico e ittici”.
Le voci indicate dal comitato restano tuttavia generiche, e soprattutto non ci sono relazioni con gli aspetti sociali ad esse correlate – ad esempio tutele di reddito per i lavoratori, il contrasto ai paradisi fiscali, il benessere delle comunità locali, eccetera. Così, come spesso accade, i No sono più chiari dei sì.
“Il comitato – si legge ancora nel documento del Mef – ha deciso di escludere dal presente Quadro di riferimento ogni tipologia di spesa che possa rientrare in una delle seguenti categorie:
- estrazione, lavorazione e trasporto di combustibili fossili;
- fissione nucleare;
- impianti di energia (incluse le biomasse) con livelli di emissione CO2 superiori a 100g CO2/kWh;
- lavorazione e produzione di bevande alcoliche;
- contratti militari;
- gioco d’azzardo;
- produzione di armi;
- lavorazione e produzione di derivati del tabacco;
- attività mineraria”
I “bond circolari”
E per ciò che riguarda l’economia circolare? Con una leggera forzatura si potrebbe dire che i green bond sono anche l’occasione per i primi “bond circolari”. Fondamentale risulta, anche in questo caso, la categoria degli esclusi, vale a dire “gli impianti di incenerimento, discarica, termovalorizzazione e dissalazione“.
Nel Quadro di riferimento l’economia circolare rientra in due punti, il 4 e il 6. Nel primo di questi viene associato alla prevenzione e al controllo dell’inquinamento. Se l’obiettivo è quello di un generale “un maggior impegno per ridurre la produzione di rifiuti nei settori ad alto potenziale di riciclaggio e favorire la transizione verso un’economia circolare (ad esempio imballaggi e plastica”, tra gli esempi di tipologie di spese che potranno essere finanziate si indicano il “credito d’imposta per incentivare un maggiore utilizzo di imballaggi riciclabili”, il “credito d’imposta per le imprese che acquistano prodotti riciclati e riutilizzati”, nonché le “spese fiscali (ad esempio deduzione fiscali di investimenti o oneri accessori”.
Più interessante appare il filone della ricerca che sarà sostenuta dallo Stato attraverso i bond. In questo caso bisogna menzionare le “spese per progetti di ricerca su paradigma da lineare a circolare” e le “nuove tecnologie mirate a preservare e valorizzare il capitale naturale, le biodiversità e gli ecosistemi”. Anche in questo caso, però, mancano dettagli più precisi.
D’altronde l’inferno può essere lastricato di buone intenzioni, no? Ciò può valere anche per l’economia circolare. Ecco perché, proprio per valorizzare uno strumento fondamentale come quello dei green bond, è auspicabile un programma più preciso di cosa concretamente verrà finanziato attraverso di essi.
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