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venerdì, Novembre 15, 2024

Il caro materie prime? Influenza anche raccolta e riciclo dei RAEE. Ecco perché

La denuncia di Erion: ”L’eccezionale incremento del valore delle materie prime spinge in alto i flussi clandestini di RAEE”

Daniele Di Stefano
Daniele Di Stefano
Giornalista ambientale, un passato nell’associazionismo e nella ricerca non profit, collabora con diverse testate

Abbiamo già raccontato, e misurato sulle nostre vite, le conseguenze della crisi internazionale delle materie prime, legata in parte alla pandemia in parte alla guerra in Ucraina: dai prezzi dell’energia e dei prodotti, alla mancata disponibilità dei materiali, agli intoppi nei cantieri. Forse meno atteso dai più il fatto che questa crisi stia mettendo in difficoltà anche la raccolta dei rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE). L’allarme è arrivato qualche giorno fa durante la presentazione del Bilancio di Sostenibilità 2021 di Erion, sistema multiconsortile per la gestione del fine vita dei prodotti elettrici ed elettronici. I risultati del bilancio, ha spiegato Dario Bisogni, presidente di Erion WEEE, “mettono in luce ancora una volta le conseguenze del fenomeno dei flussi paralleli che, se non contrastato da adeguati controlli, contribuisce ad allontanare l’Italia dal target di raccolta fissato dall’Unione Europea (più di 10 kg pro-capite all’anno) e impedisce di rimettere in circolo materie prime seconde importanti per superare la carenza e la dipendenza da altri Paesi”.

Cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta.

Meno RAEE nella raccolta differenziata e caro delle materie prime

Gli obiettivi europei di raccolta differenziata dei RAEE (fissati al 65% della media dell’immesso al consumo degli ultimi tre anni) prevedono che nel 2021 fossero conferite 640 mila tonnellate di RAEE. “Ma in Italia ne abbiamo raccolti solo 400 mila. Rispetto a quanto fissa la Comunità europea c’è un gap di 240 mila tonnellate. Non è poco”, racconta ad EconomiaCircolare.com Giorgio Arienti, direttore generale di Erion WEEE. Al di là degli obiettivi di raccolta, un dato sulle quantità di rifiuti elettronici che, in base ai consumi, gli italiani avrebbero dovuto consegnare nei punti di raccolta può venire da un’indagine effettuata qualche anno fa da Erion, “indagine che mostra come ciascun italiano butta via ogni anno 14 chilogrammi di RAEE a testa. Fatte le dovute moltiplicazioni, probabilmente dalle case degli italiani escono attorno a 800-900 mila tonnellate” di questi prodotti. Se con la raccolta differenziata ne abbiamo ottenuti 400 mila, che fine hanno fatto gli altri 4-500mila? E tutto questo cosa c’entra con l’aumento del costo delle materie prime? “Abbiamo notato – chiarisce il direttore generale di Erion WEEE – che l’andamento della raccolta segue in mondo inversamente proporzionale il valore materie prime: quando questo valore va in alto, noi raccogliamo poco, quando scende, a noi viene invece dato tanto”.

Come sappiamo – e come spiega Erion stessa in un report dell’anno scorso – su scala europea esiste ancora un divario importante tra i prodotti elettrici ed elettronici immessi sul mercato e quelli raccolti, soprattutto in Paesi che come l’Italia hanno un numero di centri di raccolta minori. Ma evidentemente a destare particolare preoccupazione è la fluttuazione della raccolta in parallelo alla fluttuazione dei prezzi. Con l’aumento dei prezzi, è il ragionamento di Erion, aumenta l’interesse del mercato parallelo, quando invece i prezzi scendono il mercato parallelo fa un passo indietro, “non gli interessa più mettere le mani sulle materie prime. Cosa che abbiamo visto in tutti questi anni e che quest’anno ha avuto una conferma eclatante”, conclude Arienti.

Non solo. Il manager sottolinea che “quest’anno stiamo raccogliendo ancora meno del 2021, mentre mercato continua ad andare bene”. E riflette: “Forse gli italiani, dopo i progressi fatti negli ultimi 10 anni, hanno improvvisamente disimparato a fare raccolta dei RAEE. No”.

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Dove finiscono i RAEE

Secondo le ricostruzioni dei Erion, sono diversi i flussi che drenano RAEE alla raccolta differenziata. Innanzitutto, spiega ancora Arienti, “c’è il comportamento scorretto di noi cittadini: i piccoli RAEE come la radiosveglia, lo spazzolino elettrico, il cellulare, finiscono spesso nel sacco nero, o raccolti con la plastica.  Insomma nel posto sbagliato. In questo caso la soluzione si chiama educazione”. Se questo comportamento molto diffuso è legato a minore consapevolezza, altri flussi sono più border line e inclinano verso l’illegalità.

Secondo flusso. Mettiamo il caso che sto cambiando abitazione, vogliamo dare via il frigo vecchio e, invece di rivolgerci ai servizi comunali o ai negozianti col ritiro uno contro uno, affidiamo tutto a chi viene a prendere il resto dei mobili. “Magari per avere il frigo paga anche qualcosa. Poi dal frigo prende il compressore e lo rivende, mentre butta via tutto il resto. Sono situazioni di piccolo cabotaggio che sottraggono RAEE ma che immagino molto diffuse”, commenta Arienti. Situazioni confermate da sondaggi Erion secondo i quali gli italiani non sanno che esiste la pratica dell’uno contro uno.

Flusso tre: “La dispersione nelle isole ecologiche”, legata ai furti notturni o ai soggetti che all’entrata, mentre si fa la fila, intercettano parte dei beni. “Dei frigo che portiamo via dalle isole ecologiche – sottolinea il manager Erion – più del 30% è cannibalizzato: manca il compressore. A quei frigo, dunque, mancano 5 chilogrammi. Si tratta di un fenomeno sistematico e serio”.

Situazione numero quattro. La legge, ricostruisce Arienti, stabilisce che chi fa raccolta dei RAEE, che siano Comuni o negozianti, non è obbligato a cederli ai consorzi che si occupano del fine vita di questi beni, ma li può vendere a chiunque abbia autorizzazione al trattamento di questi rifiuti. Soggetti che possono legittimamente andare dal Comune o dal negoziante e comprare i RAEE. “E chi acquista è in grado di fare un prezzo tanto più elevato tanto più bassi sono i costi di smaltimento, tanto più smaltisce male e non si cura degli aspetti ambientali”. Arienti fa l’esempio di una lavatrice: “Se la faccio mettere in una pressa e poi porto tutto in fonderia come se fosse solo ferro, non spendo niente e guadagno un tot al chilo”. Queste affermazioni hanno basi fondate. “Abbiamo fatto un’indagine con Altroconsumo, qualche anno fa con la complicità benevola di molte persone abbiamo posizionato 200 gps dentro apparecchiature elettriche ed elettroniche da dismette. E poi ne abbiamo seguito il viaggio. Non si tratta certo di un campione statisticamente significativo, ma ci ha aiutato a capire che fine fanno tanti RAEE”. Dove finiscono? “Se si andasse a guardare in altre filiere, se cercassimo RAEE nei mucchi di rottame ferroso o negli sfasciacarrozze, li troveremmo”. Motivo per cui, è l’appello, “le autorità dovrebbero presentarsi da chi tratta rottami, dagli sfasciacarrozze e fare controlli”.

Smaltimento corretto e obiettivi europei

Arienti snocciola altri dati a sostegno del suo ragionamento. Nel 2021 sono state vendute, riferisce, 275mila tonnellate di “grandi bianchi” (lavatrici, lavastoviglie, forni, …). Restando alle lavatrici: “Di solito il mercato è un mercato di sostituzione: butto il vecchio e prendo il nuovo – a parte i pochi che regalano la lavatrice vecchia o la portano nella casa al mare. Immaginiamo che la sostituzione non sia del 100% delle lavatrici ma al 90%: in Italia avremmo dovuto raccogliere 245mila tonnellate. E invece ne abbiamo raccolte 130mila”. Altro segnale che qualcosa, non poco, sfugge ai radar.

Un’altra parte dei flussi nascosti – “e qui siamo all’apice dell’illegalità” – finisce esportata illegalmente come fossero prodotti ancora funzionanti. “La legge vieta di esportare rifiuti se non a condizioni particolarmente stringenti. Allora per evitare i divieti si fa finta che siano apparecchiature usate, si caricano su container e si vendono a qualcuno che per pochi euro li compra, li porta in Africa o in Asia dove li scarica e poi li gestiscono i bambini”, spiega Arienti. Anche in questo caso la richiesta di Erion è il rafforzamento dei controlli.

Tutti questi flussi paralleli, come abbiamo visto, pongono il problema del corretto smaltimento, con evidenti danni ambientali, compromettendo anche il raggiungimento degli obiettivi di europei di raccolta. “Se qualcuno non dichiara le quantità di RAEE che gestisce – ragiona il manager – viene il sospetto che dal punto di vista ambientale non gestisca queste quantità come dovrebbe. O che dal punto di vista fiscale le gestisca in nero. Se faccio tutto in regola, perché non dichiarare?”. La richiesta di Erion è sempre di controllare, dove possibile, questi flussi paralleli: “Speriamo che l’Italia faccia un passo avanti su questo fronte”.

Leggi anche: L’allarme degli operatori sul caro energia: “A rischio i servizi di raccolta e trattamento rifiuti”

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