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domenica, Dicembre 22, 2024

Infrastrutture e mobilità sostenibile, 62 miliardi per “ridisegnare l’Italia dei prossimi 10 anni”

Un ruolo centrale nel Piano nazionale di ripresa e resilienza lo avrà il ministero retto da Enrico Giovannini. Sarà il "primo per investimenti", come si legge nelle slide in cui vengono illustrati i progetti futuri: dal ritorno della "cura del ferro" all'elettrificazione dei porti, fino all'attenzione per le ciclovie

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Redazione EconomiaCircolare.com

Nel dibattito pubblico di questi mesi sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, consegnato il 30 aprile dal governo Draghi alle istituzioni europee, il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims) è stato in parte trascurato. La parte del leone, soprattutto nell’attenzione ai progetti proposti, l’ha fatta certamente il ministero della Transizione ecologica. Al massimo le proteste si sono concentrate sul taglio netto dei fondi destinati all’economia circolare, come ha raccontato la nostra testata. Eppure al Mims, proprio negli ultimi giorni a cavallo del dibattito parlamentare di fine aprile, è stato destinato un capitolo a parte dei fondi. EconomiaCircolare.com ha potuto visionare le slide con le quali il ministro Enrico Giovannini ha disegnato la propria idea di sviluppo: “infrastrutture, mobilità, logistica, abitazioni di qualità per un Paese più prospero, equo, sostenibile e resiliente”.

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62 miliardi di euro, per ridurre le disuguaglianze tra Nord e Sud

Già il titolo del documento del Mims è molto ambizioso: “dieci anni per trasformare l’Italia” – mentre il sottotitolo è un equilibrismo, “per il benessere delle persone e delle imprese, nel rispetto dell’ambiente”. Il ministero ci tiene subito a ribadire la propria centralità: a esso sono destinati 62 miliardi di euro, che ne farebbero “il primo ministero per investimenti” (anche se forse il collega Cingolani avrebbe da obiettare). Quel che è certo è che Giovannini, soprattutto grazie alla sua intensa esperienza alla guida di Asvis, propone una “visione integrata” in linea soprattutto con gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile. Un riferimento importante che altri ministeri hanno invece trascurato. Va sottolineato, poi, che la mole di denaro in arrivo per infrastrutture e mobilità non arriva solo dal Piano e, come già accennato in precedenza, è stata decisamente aumentata negli ultimi giorni. Un risultato che si può già ascrivere alla capacità di incisione del titolare del dicastero.

“Rispetto alle risorse previste a legislazione vigente per gli investimenti di competenza del Mims, il Pnrr aggiunge 47 miliardi di euro – si legge nella nota del ministero – Inoltre, nella versione definitiva del Piano le risorse per infrastrutture, mobilità e logistica sono aumentate di 14 miliardi rispetto alla bozza approvata dal precedente esecutivo il 12 gennaio scorso. I progetti del ministero si finanziano per 41 miliardi con le risorse europee del programma Next Generation Eu (40,7 miliardi) e con quelle del React Eu (313 milioni), cui si aggiungono risorse nazionali per quasi 21 miliardi di euro, di cui 10,6 miliardi dal Fondo complementare e 10,3 miliardi dallo scostamento di bilancio. I fondi nazionali perseguono i medesimi obiettivi di quelli europei, ma in alcuni casi finanziano progetti relativi a un orizzonte temporale più lungo rispetto al termine del 2026 imposto dal Pnrr, come il completamento dell’Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria. Il 56% delle risorse (34,7 miliardi di euro) è destinata a interventi nel Mezzogiorno, segno della volontà del governo di avviare concretamente politiche per il superamento dei divari tra le diverse aree del Paese”.

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Il ritorno della cura del ferro

Cosa si può fare con 62 miliardi di euro? Soltanto la lista della spesa è già piuttosto lunga: “l’estensione dell’alta velocità ferroviaria e il potenziamento delle reti regionali; il rinnovo dei treni, degli autobus e delle navi per la riduzione delle emissioni; gli investimenti per lo sviluppo dei porti, della logistica e dei trasporti marittimi; gli interventi di digitalizzazione per la sicurezza di strade e autostrade; la transizione ecologica della logistica; lo sviluppo della mobilità ciclistica e delle strade provinciali per migliorare la viabilità delle aree interne; la qualità dell’abitare e le infrastrutture sociali; la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche”.

Come al solito, la differenza tra i buoni propositi e le azioni lo farà il come. Quali sono dunque le opere che il Mims prevede di realizzare nei prossimi anni, in parte in collaborazione con altri ministeri (Transizione ecologica, Transizione digitale, Cultura, Giustizia, Dipartimento per il Sud e la Coesione territoriale)? Innanzitutto torna di moda l’auspicata (e sempre rinviata) “cura del ferro”, che da sola permetterebbe, secondo le stime del ministero, “un risparmio di 2,3 milioni di tonnellate annue di emissioni di CO2”. Nello specifico ciò si articolerà in tre direzioni:

  • Sviluppo Alta Velocità e linee regionali (700 km)
  • Trasporto Rapido di Massa (TRM) nelle aree urbane (216 km di nuove linee tranviarie, metropolitane, filobus)
  • Acquisto di nuovi treni

Per le linee “ad alta velocità e ad alta capacità” vengono destinati ben 25 miliardi di euro. Tra queste la somma maggiore va all’eterno cantiere dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria – data per terminata praticamente da tutti i governi degli ultimi decenni -, a cui vanno 11,2 miliardi di euro. E in realtà in questo senso la strategia del Mims è un “eterno ritorno” di opere sempre promesse e mai realizzate del tutto: dalla “Palermo-Catania-Messina” (1,4 miliardi) alla “Roma-Pescara” (600 milioni) fino alla “Napoli-Bari” (1,4 miliardi). Sarà la volta buona? Vale lo stesso auspicio anche per il “potenziamento reti regionali ed elettrificazione con attenzione al Sud”, che prevede 5,45 miliardi di euro con altri cavalli di battaglia della politica: dall’elettrificazione di alcune tratte storiche (“Roccaravindola – Isernia – Campobasso” o “Barletta – Canosa”) al piano stazioni per riqualificare e rendere più accessibili punti nevralgici come quelli di Milazzo, Messina, Lamezia Terme e altri; dal rinnovo dei treni del trasporto pubblico locale al rinnovo del parco autobus, con l’acquisto di mezzi totalmente elettrici in città come Milano, Roma e Napoli.

Piccola (mica tanto) nota: non si fa menzione del più mastodontico elefante nella stanza, ovvero il Ponte sullo Stretto, mentre vengono previsti 100 milioni per il “rinnovo navi TPL nello stretto di Messina” e 700 milioni per il “rinnovo della flotta del Mediterraneo con navi a basso impatto ambientale”.

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L’attenzione ai porti, alle strade provinciali e alla ciclovie

Ogni capitolo del futuro italiano, così come disegnato dal MIMS, prevede la riproposizione, in chiave green, di progetti per troppo tempo rinviati. È il caso ad esempio dell’elettrificazione dei porti, più volte chiesto dall’Unione europea, al cui processo sono destinati 700 milioni di euro, o dell’efficientamento energetico e della gestione dei rifiuti nei porti (capitolo critico che ultimamente è stato sollevato da Report): in questo caso gli investimenti sono di 300 milioni. Interessante anche il capitolo destinato alla mobilità sostenibile nelle isole minori (400 milioni), così come il “ripristino e rinnovo delle infrastrutture danneggiate dai cambiamenti climatici dei porti di Venezia, Napoli, Marina di Carrara, Salerno, Manfredonia, Palermo e Catania” (altri 300 milioni).

Una rinnovata attenzione viene poi destinata alle “strade provinciali per connettere le aree interne con le principali direttrici di trasporto”, mentre un deciso rafforzamento viene inoltrato alle ciclovie, che siano urbane (200 milioni) o turistiche (600 milioni).

La ripartenza post-Covid è ora?

Di ripartenza post-Covid si parla da qualche mese. Eppure l’era pandemica è ancora in atto e, soprattutto, i segnali che possa diventare “sistemica” sono sempre più evidenti. Se col coronavirus e le sue varianti, insomma, dovremo convivere ancora a lungo serve una spinta affinchè le cause che ne hanno permesso la diffusione, e le conseguenze di un anno e mezzo di “sospensione” in cui abbiamo vissuto, possano essere risolte.

“Per assicurare una tempestiva attuazione del Piano – si legge sul sito del governo – il ministro Giovannini ha istituito all’interno del dicastero un Comitato Pnrr incaricato di seguire ogni fase di realizzazione dei progetti e di valutarne gli effetti in termini occupazionali (in particolare per giovani e donne), di riduzione delle disuguaglianze socioeconomiche e di impatto sull’ambiente, in linea con le indicazioni europee. Nello spirito del partenariato sociale, è stata poi istituita la “Consulta per le politiche delle infrastrutture e della mobilità sostenibili”, composta da numerose organizzazioni sindacali e imprenditoriali, associazioni ambientaliste e reti della società civile, con il compito di accompagnare l’attuazione del Piano fornendo indicazioni, suggerimenti e proposte“.

Se da una parte ci sarà tempo per il confronto, dall’altra il ministero, e con esso tutto il governo Draghi, intende accelerare. Affinché la ripartenza non sia un orizzonte ideale ma un obiettivo concreto.

“Grazie all’adozione del decreto-legge relativo al fondo complementare – sottolinea il ministro Giovannini – sarà possibile cominciare ad impiegare le risorse nazionali già nei prossimi mesi, stimolando così la ripresa economica e occupazionale, che nei settori delle costruzioni e dei trasporti è già in atto, come mostrano gli ultimi dati Istat. Peraltro, questi interventi si affiancheranno a quelli derivanti dal commissariamento delle opere bloccate da anni deciso due settimane fa e dall’assegnazione agli enti territoriali dei fondi per la manutenzione delle strade provinciali e il potenziamento del trasporto pubblico locale, a conferma dell’impegno del governo in questi primi due mesi di lavoro per la ripartenza dell’Italia”.

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