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venerdì, Novembre 15, 2024

Packaging e alternative alla plastica, sono davvero più sostenibili?

Studio dell’Imperial College: sostituire imballaggi in plastica potrebbe avere conseguenze negative. Rimuovere, ridurre e riciclare, l’unica via da seguire

Lucia Guarano
Lucia Guarano
Giornalista e autrice, ha firmato per Round Robin editrice il romanzo-inchiesta: “La Guerra è finita”, candidato al premio Strega 2016. Ha collaborato con numerose testate internazionali (Al Jazeera English, Al Arabiya, The National, T- Qatar - The New York Times Style Magazine e Qatar Tribune) e nazionali (Giornalettismo, Huffington Post, Apcom). Ha tradotto dall’inglese il graphic novel “La Lucha” (Ed. Verso Books). Nel 2020 ha firmato, “Ilaria Alpi. Armi e veleni, le verità interrotte”, inchiesta a fumetti uscita in edicola, in allegato al Fatto Quotidiano.

Le politiche ambientali stanno lentamente iniziando a posizionarsi al centro delle agende dei Paesi più industrializzati – come dimostra ad esempio il Green Deal europeo e, più recentemente, la proposta di Regolamento sugli imballaggi. Uno dei temi più controversi è sicuramente la riduzione della plastica, materiale economico e facile da produrre, ma al contempo causa di danni incalcolabili all’ambiente. Le stesse aziende si stanno adeguando per ridurre in modo significativo la produzione di plastica e la sua sostituzione con materiali alternativi: alluminio, carta, bioplastiche, vetro e altri materiali.

Ma quanto sono effettivamente più sostenibili della plastica?

Packaging ed emissioni di C02, plastica e alternativa a confronto

Guardando l’intero ciclo di vita dei prodotti in plastica a base di combustibili fossili, quasi i due terzi delle emissioni di gas serra vengono prodotte nelle prime fasi di estrazione della materia prima e produzione della resina, mentre la conversione in tubi, bottiglie, borse e altri prodotti genera poco meno di un terzo delle sue emissioni, con il resto proveniente dalla fase di smaltimento. Un dato che conferma gli enormi vantaggi del riciclaggio della plastica, che eviterebbe oltre il 60 per cento delle emissioni derivanti dal processo di estrazione e produzione.

Nonostante il grande impatto delle materie plastiche sull’ambiente, il loro utilizzo nel packaging offre anche diversi vantaggi. E, ridurre il suo utilizzo passando a materiali diversi potrebbe anche avere conseguenze negative. È quanto emerge dallo studio “Examining Material evidence. The Carbon fingerprint” condotto dall’Imperial College e Veolia nel 2020.

I risultati dimostrano infatti che, se si vuole realmente affrontare il tema dell’impatto ambientale della plastica, rimuovere, ridurre, riutilizzare o riciclare gli imballaggi in plastica, è l’unica via da seguire.

Considerando che solo il 9 per cento circa della plastica viene attualmente riciclata, c’è molto che può essere fatto. E dove sono presenti i giusti driver politici, questo sta già accadendo.

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I vantaggi della plastica

La plastica è un materiale versatile che può essere facilmente reso sottile e leggero. È durevole e fornisce protezione dagli elementi contaminanti. È più flessibile e più leggero di alternative come vetro e carta, riducendo così i costi di trasporto e le emissioni che ne derivano. Senza imballaggio, è più probabile che il cibo si danneggi e diventi inutilizzabile e, considerando che lo spreco alimentare contribuisce al cambiamento climatico e al consumo di acqua ed energia, ogni sforzo fatto per mitigare questi effetti può fare la differenza.

Emissioni di CO2: plastica VS alluminio, vetro e carta

Tutti gli imballaggi per alimenti e bevande, siano essi di plastica o di altro materiale, hanno un impatto ambientale.  Secondo quanto si legge nello studio, quando si considera la riduzione dell’uso della plastica, è quindi importante considerare anche il “Carbon footprint” dei materiali che potrebbero sostituirla. L’analisi sottolinea anche come le lattine di alluminio e i contenitori di cartone, nonostante siano spesso esplicitamente indicati come alternative alle bottiglie di plastica, contengano in realtà notevoli quantitativi di plastica.

Per evidenziare la differenza nell’impatto di CO2, lo studio ha calcolato le emissioni che sarebbero state emesse nel 2016 se ogni bottiglia in PET da 500 ml prodotta nel mondo fosse sostituita da materiale alternativo.

Secondo quanto emerso, se tutte le bottiglie di plastica utilizzate a livello globale fossero state realizzate in vetro, l’aumento delle emissioni (87,4 milioni di tonnellate di CO2 all’anno) equivarrebbero ad alimentare 22 nuovi impianti a carbone.

Dal confronto tra bottiglie di plastica e imballaggi in carta emergono invece prestazioni simili in termini di emissioni, ma i primi risultano molto più facili da riciclare e dovrebbero dunque avere un minor impatto se si considerasse anche la fine del loro ciclo di vita dei prodotti in plastica.

“Il packaging migliore in assoluto non esiste”

“Risulta molto difficile dare una risposta univoca alla domanda su quale sia in assoluto il materiale per packaging migliore da un punto di vista ambientale – hanno spiegato a Economiacircolare, Elena Baldereschi, Fabio Iraldo, Andrea Fontanella, Francesco Testa e Francesca Albano, di Ergo e della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – Per poter cercare di rispondere occorre condurre uno specifico studio LCA. Tuttavia anche in questo modo potrebbe non esserci una risposta univoca, magari risulterà che in alcune categorie di impatto un materiale sia vincente rispetto ad un altro e in altre viceversa. Ogni caso va analizzato singolarmente e con le dovute assunzioni e limitazioni”.

Gli esperti hanno anche sottolineato come lo studio dell’Imperial College sembrerebbe valutare la sola fase di produzione e non l’intero ciclo di vita. “Spesso gli impatti non dipendono solo dalla produzione o dalle materie prime, ma anche dal peso del prodotto, che influenza l’impatto dei trasporti, dalle distanze di approvvigionamento o dalle modalità di smaltimento a fine vita – hanno evidenziato – Inoltre lo studio prende in considerazione unicamente le emissioni climalteranti, tralasciando tutte le altre categorie come ad esempio l’impronta idrica, il consumo di suolo, l’eutrofizzazione, ecc.”

“In conclusione, non esistono leggi universali sull’impatto dei materiali. L’LCA è un utile strumento che permette di capire caso per caso qual è la o le soluzioni da preferire, dove si concentrano i maggiori impatti, per poter poi intervenire con azioni di miglioramento, e quali sono le categorie maggiormente influenzate”.

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Economia circolare per tutti i materiali

Sul ruolo e il futuro della plastica si concentra anche uno studio di Green Alliance, ente di beneficenza e think tank indipendente, intitolato, “Riparare il sistema. Perché un’economia circolare per tutti i materiali è l’unico modo per risolvere il problema della plastica“.

L’analisi punta a dimostrare i rischi di rimuovere semplicemente la plastica da un sistema già disfunzionale, sostituendola con altri materiali che svolgono essenzialmente le stesse funzioni, enfatizzando la necessità di un approccio che affronti l’impatto di tutte le risorse.

Le strategie dedicate solo alla plastica non funzioneranno, si legge nel report: le politiche devono puntare a migliorare la sostenibilità dei materiali comuni in uso, aumentando la quantità di acciaio riutilizzato, migliorando la riciclabilità di vetro, carta e alluminio, e affrontando il tema della plastica non da imballaggio.

La maggiore consapevolezza sulla crisi climatica a livello pubblico fornisce oggi ai responsabili politici un mandato unico per cambiare direzione e ridurre l’impatto ambientale del nostro utilizzo delle risorse. “Ciò richiede un cambiamento fondamentale a livello sistemico per ridurre le emissioni e gli impatti sulla salute causati da estrazione, lavorazione, trasporto e utilizzo delle risorse – si legge ancora nello studio – Significa, soprattutto, evitare che i materiali vengano scartati e diventino rifiuti, puntando su riutilizzo e sull’economia circolare. E ancora, puntare sulla riduzione: riduzione dei livelli complessivi di utilizzo dei materiali, degli impatti del ciclo di vita e dei danni che i diversi materiali possono causare”.

La ricerca indica anche nuovi principi guida per un approccio sistemico in grado di garantire che l’uso del materiale soddisfi tre requisiti generali: sicurezza, sostenibilità ed efficienza.

Infine dovrebbero essere sviluppati infrastrutture e sistemi migliori con un minore utilizzo di materiali e incentivi fiscali sfruttati al massimo delle loro potenzialità.

Leggi anche: Plastica: il Global Commitment è un mezzo fallimento

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