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sabato, Dicembre 14, 2024

La proposta tedesca sulla plastica monouso: “I produttori paghino i costi del littering”

La tassa sulla plastica monouso pensata in Germania per aiutare i comuni a sostenere i costi del littering - ovvero i costi di raccolta e trattamento dei rifiuti abbandonati - attua la Direttiva Sup sulla responsabilità estesa del produttore, mentre in Italia è ancora tutto fermo

Tiziano Rugi
Tiziano Rugi
Giornalista, collaboratore di EconomiaCircolare.com, si è occupato per anni di cronaca locale per il quotidiano Il Tirreno Ha collaborato con La Repubblica, l’agenzia stampa Adnkronos e la rivista musicale Il Mucchio Selvaggio. Attualmente scrive per il blog minima&moralia, dove si occupa di recensioni di libri. Ha collaborato con la casa editrice il Saggiatore e con Round Robin editrice, per la quale ha scritto il libro "Bergamo anno zero"

Il governo tedesco ha approvato una proposta di legge che chiede ai produttori di articoli in plastica monouso, come bottiglie d’acqua e contenitori per la somministrazione di alimenti e bevande, ma anche salviette usa e getta e filtri delle sigarette, di pagare un’imposta annuale per aiutare i comuni a sostenere i costi della raccolta dei rifiuti abbandonati in strada: il cosiddetto littering.

In pratica rende i produttori responsabili della gestione dei propri prodotti immessi sul mercato anche quando questi vengono dispersi nell’ambiente  attraverso la copertura di una quota parte dei costi di pulizia delle aree pubbliche e di trattamento dei relativi rifiuti, nonché dell’informazione e della sensibilizzazione dei consumatori, in linea con quanto stabilito dalla direttiva europea 2019/904 sulla plastica monouso (nota come Direttiva Sup).

L’articolo 8 della direttiva sulla Responsabilità estesa del produttore dispone, infatti, che i produttori di specifiche tipologie di articoli monouso in plastica o contenenti plastica coprano “i costi delle misure di sensibilizzazione”, “i costi di rimozione dei rifiuti da tali prodotti dispersi e il successivo trasporto e trattamento di tali rifiuti”, compresa “la creazione e messa a disposizione, per gli utenti, di infrastrutture specifiche per la raccolta dei rifiuti”.

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La tassa sul littering è davvero efficace?

Il fondo, alimentato dai produttori, secondo le stime del ministero dell’Ambiente tedesco, arriverà a un ammontare di circa 450 milioni di euro l’anno. La proposta di legge è ancora in fase di elaborazione. Nel caso in cui venga approvata senza modifiche, il prelievo alle imprese che immettono per la prima volta tali prodotti nel mercato tedesco partirà dalla primavera del 2025 e sarà calcolato sulla base della quantità di articoli venduti nel 2024.

Il governo ha annunciato che sarà affiancata da altri interventi normativi con lo stesso intento di ridurre la produzione e il consumo di articoli in plastica monouso e incoraggiare, invece, l’utilizzo di alternative riutilizzabili. “La proposta di legge – precisa Enzo Favoino, di Zero Waste Europe – non è, infatti, da confondere con la tassa europea sulla plastica, pagata annualmente dal bilancio federale tedesco a Bruxelles , né con la plastic tax di cui si è discusso in Italia”. Spetterà, successivamente, a una specifica Commissione indicare con esattezza l’importo del prelievo, il sistema di punteggi e la definizione puntuale delle tipologie di prodotti che rientrano nel campo di applicazione della norma.

Sicuramente quelli indicati nella parte E dell’Allegato alla Direttiva Sup: contenitori, pacchetti e involucri per alimenti destinati al consumo immediato, bicchieri e bottiglie, borse per la spesa in plastica, ma anche palloncini, salviette umidificate e filtri per le sigarette. Secondo alcune associazioni come Plastic Europe, tuttavia, la tassa potrebbe non essere sufficientemente inclusiva e potrebbe spingere i produttori a sostituire la plastica utilizzata per la fabbricazione dei prodotti monouso con altri materiali, spostando e in taluni casi aggravando, gli impatti ambientali legati al ciclo di vita dei relativi prodotti.

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Comportamenti individuali virtuosi prima di tutto, ma non basta

Per quello, naturalmente, la prima causa è da cercare nei comportamenti incivili dei cittadini e nello scarso rispetto per lo spazio pubblico. Non si parla di numeri irrisori. La stima citata da funzionari del ministero dell’Ambiente italiano sui comportamenti corretti dei cittadini è intorno all’80% dei casi. Significa, quindi, che uno su cinque non si comporta in modo tale. E, addirittura, con le cicche di sigarette, si precipita al 34,6%. Senza dubbio anche le abitudini di consumo, tra fast food e grande distribuzione, facilitano l’eccesso di plastica monouso.

Né si può fare affidamento, come succede spesso in Italia, sulle iniziative di volontariato gestite da associazioni come Legambiente o Plastic Free o campagne di opinione come #GETBACK, lanciata da Zero Waste Europe. Per fare un esempio, la foce del fiume Garigliano, in provincia di Caserta, è una delle zone d’Italia con maggiore inquinamento da plastica. Ogni primavera e autunno i cittadini raccolgono tonnellate di rifiuti, ma è una goccia nel mare. Se non si agisce a monte, il problema si ripresenta alla foce, è il caso di dirlo.

La soluzione migliore, secondo Enzo Favoino, sarebbe puntare sul deposito su cauzione: “Di fatto ridurrebbe in maniera drastica il fenomeno del littering per i prodotti interessati, con conseguente alleggerimento per i costi a carico delle amministrazioni locali che dovranno raccogliere meno rifiuti dispersi nell’ambiente”. Ma ancora è tutto fermo: lo introduceva il decreto Semplificazioni nel 2021, ma senza decreto attuativo la norma non è mai diventata operativa.

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Italia ancora lontana da una legge simile a quella tedesca

Mentre non sempre la raccolta dei rifiuti è efficiente e l’immondizia si accumula in strada indipendentemente dai comportamenti virtuosi o meno dei cittadini. Il fatto è che a volte sono gli stessi comuni in difficoltà nella gestione del ciclo dei rifiuti, come ad esempio dimostra il caso di Roma. Ecco perché la tassa pensata in Germania potrebbe essere un sostegno finanziario da non sottovalutare per migliorare il servizio senza ricadere sulle tasche dei cittadini.

Senza dubbio sarebbe un passo avanti verso il recepimento della direttiva Sup “Il recepimento dell’art. 8 sulla copertura dei costi del littering – spiega Paolo Azzurro, responsabile area economia circolare di Anci Emilia-Romagna – , appare ancora fuori dal radar in Italia, nonostante il Decreto di recepimento della Direttiva SUP in Italia (D.lgs 8 novembre 2021, n.196), abbia allineato la scadenza relativa alla copertura dei costi del littering a quella più generale relativa all’allineamento dei sistemi collettivi già istituiti ai nuovi requisiti minimi in materia di EPR introdotti dalla Direttiva 851/2018 e disciplinati dal nuovo art. 178-ter del testo unico ambientale: tale scadenza (5 gennaio 2023) è molto vicina e con ogni probabilità non potrà essere rispettata”.

C’è da tenere conto, poi, dell’attività di lobby dei produttori e delle associazioni di categoria, che non vogliono saperne di spese aggiuntive. Imperial Tabacco ha già inviato al Senato una serie di osservazioni in cui propone emendamenti per il recepimento della Direttiva Sup, e la stessa Confindustria “non condivide l’approccio restrittivo e punitivo delle disposizioni comunitarie nei confronti dei prodotti monouso. Stesse criticità sono presenti anche nelle linee guida attuative della Direttiva Sup approvate dalla Commissione europea”, come si legge in un documento ufficiale dell’associazione degli industriali. 

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L’importanza di individuare con esattezza i costi del littering

Così, intanto, i costi restano totalmente in capo alla Pubblica amministrazione attraverso gestori del servizio di raccolta contrattualizzati, nonostante la direttiva Sup disponga che tali costi debbano essere coperti dai produttori. La Germania fa da apripista, ma la definizione degli importi previsti per ciascun produttore non sarà comunque semplice. Il motivo lo spiega sempre Paolo Azzurro: “Servono criteri solidi per ripartire il costo complessivo di gestione del littering tra le diverse tipologie di prodotti che rientrano nel novero di quelli coperti dall’articolo 8 della direttiva Sup, e gli orientamenti della Commissione che avrebbero dovuto specificare tali criteri, in consultazione con gli Stati membri, non sono ancora arrivati. Con molta probabilità, in Italia, sarà necessario anche l’intervento dell’Autorità nazionale di regolazione (ARERA) per la determinazione di tali costi, i quali, analogamente agli obblighi di copertura dei costi sostenuti dai Comuni per la gestione degli imballaggi intercettati attraverso la raccolta differenziata, non dovranno superare quelli necessari per fornire i servizi di rimozione e trattamento in modo economicamente efficiente”.

Ovvero: i produttori di sigarette dovranno pagare i “costi efficienti” di rimozione e trattamento per la quota di mozziconi abbandonati, quelli di bottiglie di plastica per le bottiglie di plastica e così via. È evidente, al di là della complessità insita nel concetto di “efficienza dei costi”,  come nel momento della pulizia della strada questa divisione non venga fatta, quindi serviranno accurati studi sul peso e la composizione del littering per capire cosa sia imputabile a chi e poi calcolarne i costi da spalmare sui diversi soggetti.

Finora ci sono pochi studi a riguardo. Uno studio interessante è quello realizzato da Eunomia per Wrap UK, in cui è stata elaborata una metodologia per il calcolo dei costi della rimozione del littering, declinato per le singole tipologie di prodotti dispersi nell’ambiente. Nel Regno Unito la stima dei costi sostenuti dalla pubblica amministrazione per la rimozione dei rifiuti abbandonati è pari a circa 660 milioni di sterline (corrispondenti a circa 790 milioni di euro, poco meno di 12 euro pro capite). Gli imballaggi rappresentano circa il 58% in peso e l’82% in volume di tutti i rifiuti abbandonati raccolti.

In attesa di quanto farà nel dettaglio la Germania, visti i numeri del fenomeno, non sarebbe il caso di rimandare troppo. Come già fatto invece con la plastic tax, la leva fiscale che introduceva un’imposta di 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica contenuta nei Macsi, i manufatti in plastica con singolo impiego (monouso), ormai con molta probabilità affossata in maniera definitiva.

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