fbpx
lunedì, Dicembre 16, 2024

Raccolta differenziata del tessile? “Un’opportunità per il settore e per l’Italia”

Il Circular Talk sulla sfida della raccolta differenziata dei rifiuti tessili e del loro riciclo, in onda ieri nella cornice delle Digital Green Weeks di Ecomondo, racconta una svolta complessa per la filiera nazionale, ma ricca di opportunità

EconomiaCircolare.com
EconomiaCircolare.com
Redazione EconomiaCircolare.com

La parola forse più pronunciata è stata “opportunità”, parola che potremmo indicare come la cifra del Circular Talk “Obiettivo 2022. Il tessile è pronto per applicare l’obbligo di raccolta differenziata?” in onda ieri e organizzato da EconomiaCicolare.com in collaborazione con Ecomondo. Incontro svolto nella cornice delle Digital Green Weeks, gli appuntamenti digitali che accompagneranno verso l’edizione ‘in presenza’ della fiera italiana della sostenibilità, dal 26 al 29 ottobre. Vediamo di quali opportunità si è discusso e anche dei problemi che portano con sé.

Perché il tessile

Perché EconomiaCircolare.com ed Ecomondo, che da quest’anno hanno avviato una collaborazione, si interessano di tessile? Il motivo lo spiega, in apertura del talk, Raffaele Lupoli, direttore editoriale di EconomiaCircolare.com: “Il tessile è il quarto settore produttivo per utilizzo di materie prime e risorse idriche dopo quello alimentare, le costruzioni e i trasporti”.

Vista la rilevanza del settore, il pacchetto di direttive europee sull’economia circolare ha stabilito che ogni Stato membro dovrà istituire la raccolta differenziata dei rifiuti tessili a partire dal 1° gennaio 2025. E l’Italia ha scelto di anticipare la data al primo gennaio 2022: tra soli 7 mesi.

Siamo pronti? Il nostro settore tessile – “un brand che ci distingue nel mondo”, come ricorda Alessandra Astolfi, Group Brand Manager Green & Technology Division di Italian Exhibition Group primo player fieristico italiano per manifestazioni organizzate direttamente, tra cui appunto Ecomondo – soffrirà questa data come un’imposizione?

Leggi anche: Circolarità del settore tessile? Ecco perché servono norme europee

Una strada in salita? I dati

“Allo stato attuale la raccolta del tessile è strutturata solo parzialmente sul territorio nazionale”, spiega Valeria Frittelloni, direttrice del Centro nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare di Ispra. La media nazionale pro capite è di 2,6 kg/abitante: “Non altissima. Al nord siamo a 2,88; 2,95 al centro, e solo 2 al sud. Ci sono eccellenze con valori fino a 4 kg/abitante in alcune Regioni come Trentino e Val d’Aosta, ma anche Regioni che sono molto indietro come la Sicilia: 1 kg/abitante”. Per questo, aggiunge, “costruire un sistema di raccolta dei rifiuti tessili entro il 2022 non sarà tanto facile”. Ma questi obiettivi, che l’Italia ha deciso addirittura di anticipare rispetto alle scadenze europee, “per l’Italia sono una grande opportunità, in un settore di grande valore per in nostro Paese, in cui ci siamo sempre distinti”. Stando alle analisi merceologica che Ispra effettua sui rifiuti urbani “ci sono gradi possibilità di miglioramento, visto che abbiamo riscontrato un media del 5,7% di rifiuti tessili nell’indifferenziato”.

Leggi anche: È ora di vestire circolare. L’Europa lancia la roadmap per il settore tessile

Know how secolare e azzardi del presente

“Il riciclo tessile è un lavoro che noi sappiamo fare bene, con un know how che portiamo avanti da circa 200 anni in toscana”, ricostruisce Filippo Bernocchi, docente del Master circular economy Luiss Business School: “Occorre però che il tutto venga messo a sistema. E anticipare al 2022 l’avvio della raccolta, prima che l’Europa pubblichi la propria strategia, è forse un po’ azzardato. Di certo ha smosso le acque, ma il lavoro da fare è molto”. A partire dal “coacervo di norme su cui è necessario intervenire con la semplificazione”. La strada per costruite il sistema di raccolta è stata già indicata, aggiunge: “L’Ue nelle varie direttive ha affermato che la responsabilità estesa del produttore è lo strumento più agevole per raggiungere gli obiettivi fissati, obiettivi abbastanza ambiziosi”. Sarà allora importante, secondo Bernocchi, “partire dalle esperienza consolidate come quelle degli imballaggi, evitare conflitti di interesse, distribuire equamente la catena del valore tra i diversi componenti”. E magari evitare il paradosso che il cittadino/consumatore, “su cui vanno a gravare economicamente i servizi, debba pagare due volte, come consumatore che acquista e come cittadino che paga la tariffa sui rifiuti”.

Leggi anche: In arrivo la legislazione UE per ridisegnare un mercato unico di prodotti sostenibili e circolari

Un campione in casa, ma l’arbitro a volte tifa contro

Se, come dice Bernocchi, il riciclo del tessile è un lavoro che sappiamo fare bene allora il “distretto tessile di Prato si configura oggi come un modello di economia circolare attivo da due secoli”, rimarca Fabrizio Tesi, presidente ASTRI, Associazione Tessile Riciclato Italiana. Un modello tutto italiano, che proprio in vista degli obiettivi europei “può essere clonato e replicato in molte parti d’Italia” per spingere il nostro Paese all’avanguardia non solo nella tessile e nella moda ma anche nella sostenibilità della moda. Ma c’è un problema. “Capita, e non di rado, che alcuni attori della filiera del riciclo tessile, a causa delle interpretazioni date da alcuni enti di controllo alla cessazione della qualifica di rifiuto, vengono accusati di traffico illecito di rifiuti”. La questione, insomma, è quella annosa di “norme poco chiare”, che scoraggiano anche le nuove generazioni dall’intraprendere un’attività sottoposta alla volubilità delle opinioni di chi deve fare controlli.

Leggi anche: Vecchi tessuti e tradizioni tornano in vita grazie a Tèssere

La parola magica: ecodesign

“L’economia circolare si fa solo se c’è una progettazione attenta”, spiega ancora Tesi: “Quando si progetta un capo lo si deve pensare per facilitare la riciclabilità, solo in questo modo potremo dare risposta adeguata in termini ambientali ma anche economici. Oggi dobbiamo riportare in auge l’ecodesign”.

Concorda pienamente un altro campione italiano della filiera, Giulio Bonazzi, presidente e amministratore delegato di Aquafil, multinazionale italiana dei filati riciclati a partire dalle moquettes e dalle reti da pesca: “Se ho una giacca la cui parte esterne è realizzata con un tipo di tessuto, la fodera interna con un altro tipo, il supporto del collo in altro materiale ancora. Se poi anche un tessuto in cotone è cucito con filo di poliestere, come possiamo riciclare?”. Per questo “è necessario che i prodotti siano pensati per essere riciclati: non dovranno più essere solo belli o prestazionali. L’ecodesign è un momento fondamentale per l’economia circolare. Su questo siamo ancora molto indietro, ma se cominciamo prima degli altri probabilmente arriviamo prima degli altri”.

Leggi anche: “L’ecodesign può cambiare il mondo e guidarci verso l’economia circolare”. Parola della Ellen MacArthur Foundation

Tessile o tessili?

La complessità della sfida non sfugge ai partecipanti al Circular Talk “Obiettivo 2022. Il tessile è pronto per applicare l’obbligo di raccolta differenziata?” di  EconomiaCicolare.com ed Ecomondo. “Il tema del riciclo del tessile è molto complesso. Credo che ancora non siamo pronti per raccogliere i prodotti tessili – riflette Bonazzi –.  Anche perché parliamo di una platea di prodotti amplissima: non solo abbigliamento ma anche moquettes, anche prodotti tecnici, prodotti di arredamento”. Partendo da questa osservazione, Bonazzi ci proietta nel vivo del processo di riciclo: “Come organizzeremo i centri di raccolta? Come faremo il sorting, la differenziazione tra i diversi prodotti?”. Lo segue Emanuele Giletti, amministratore delegato Giletti S.p.A., leader biellese nella produzione di filati: “C’è tessile post-consumo e tessile pre-consumo: sono due cose diverse, con problemi diversi, che oggi in vista del 2022 non vengono ancora distinte”.

© Riproduzione riservata

spot_img

POTREBBE INTERESSARTI

Ultime notizie

La Community di EconomiaCircolare.com