I leader del settore automobilistico stanno già investendo in un futuro sostenibile, molto più che altri comparti industriali. Lo certifica uno studio del Capgemini Research Institute (uno dei leader mondiale nei servizi di consulenza) dal titolo “The Automotive Industry in the Era of Sustainability”. Tuttavia, secondo lo studio, le aziende automobilistiche hanno ancora molta strada da fare per essere totalmente parte di un’economia circolare.
I livelli di investimento, implementazione e governance in tema di sostenibilità non sembrano ancora sufficienti per stare al passo con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Solo il 9% delle 500 aziende automobilistiche analizzate può essere infatti classificato come “high-performing sustainability leader”, mentre il restante 91% deve ancora raggiungere la maturità, con un 26% che appare in forte ritardo.
Ad esempio, nonostante il 74% dei produttori del comparto automobilistico abbia una strategia per i veicoli elettrici, solo per il 56% di loro questa è parte integrante della strategia di sostenibilità. Il report afferma che l’industria automobilistica dovrebbe incrementare i propri investimenti attuali almeno del 20% per poter raggiungere gli obiettivi definiti a livello internazionale.
Approccio sistemico
Uno dei modi più efficaci per rendere le aziende automobilistiche più sostenibili è quello di adottare un approccio sistemico orientato all’economia circolare.
Importanti marchi del settore hanno portato avanti dei progetti estremamente interessanti in tal senso. Pensiamo a Michelin, che riutilizza l’85% dei vecchi pneumatici, trattandoli nel proprio stabilimento nel Regno Unito e risparmiando 60 kg di emissioni di carbonio per pneumatico. O General Motors, che ha generato un miliardo di dollari dalla vendita di rifiuti riciclabili.
Su diversi aspetti sono stati fatti già importanti passi in avanti: dallo studio emerge, ad esempio, che il 75% degli intervistati ricicla “una quantità significativa” di rifiuti e rottami industriali e il 71% incentiva gli utenti finali a utilizzare parti e componenti ricondizionati. Le aziende intervistate hanno dichiarato però che solo il 32% della loro supply chain contribuisce attualmente all’economia circolare e appena il 36% di loro realizza partnership per garantire un secondo ciclo di vita alle batterie dei veicoli elettrici.
C’è ancora da lavorare dunque per poter essere totalmente parte di un’economia circolare. Come spiega Andrea Falleni, Amministratore Delegato di Capgemini Business Unit Italy, “per recuperare il ritardo e diventare un settore più rispettoso dell’ambiente, le aziende devono concentrarsi su due priorità chiave: collegare più saldamente le proprie strategie in ambito di sostenibilità con quelle riguardanti lo sviluppo di veicoli elettrici, e aumentare gli investimenti in iniziative di economia circolare”.
Leggi anche: L’automotive cambia pelle. Anche grazie all’economia circolare
Il modello di business
Abbracciare un modello di business circolare influisce sulla sostenibilità di molte aree chiave, dalla supply chain al riciclaggio, dall’approvvigionamento al post-vendita. Per un futuro circolare, l’industria automobilistica ha bisogno di puntare forte su tre aspetti chiave: la crescita di modelli ad alto utilizzo di veicoli (Mobility as a service e car sharing), la conversione della rete di distribuzione e manutenzione in centri di raccolta, rigenerazione e riciclaggio. E, infine, l’adozione di design modulari e materiali circolari a basso tenore di carbonio durante la progettazione del veicolo.
Molti ci stanno già lavorando. Renault, ad esempio, ha annunciato che convertirà il suo più antico stabilimento di assemblaggio a Flins, vicino a Parigi, per la creazione di una RE-Factory, incentrata interamente sull’economia circolare, con l’obiettivo di creare 3 mila posti di lavoro e raggiungere un bilancio di CO2 negativo entro il 2030.
Quasi tutti i costruttori poi, hanno centri per il remanufacturing. La stessa Renault è molto attiva da tempo nel recupero dei veicoli e dei componenti fuori uso e a fine vita. È stata la prima infatti, ad aver realizzato una fabbrica specializzata a Choisy-le-Roi, nella periferia di Parigi, dove offre una seconda vita ai ricambi da ben 70 anni, generando entrate per circa 250 milioni di euro l’anno. A questo scopo Renault controlla una rete di società specializzate nel settore come Indra, che gestisce 400 demolitori in Francia che trattano il 25% delle auto fuori uso di tutte le marche, di cui viene garantito il 95% del riciclaggio sulla massa totale dei veicoli.
C’è anche la Mercedes, che nel suo Core Consolidation Center di Offenbach riceve dai rivenditori nel mondo tutte le parti che i clienti hanno utilizzato e restituito, che vengono poi ricondizionate e spedite al centro ricambi usato vicino a Stoccarda.
Ecco una breve carrellata delle iniziative più significative.
Leggi anche: Ok del Parlamento Ue al Piano d’azione per l’economia circolare. Cosa cambia per l’Italia?
Renault
Apriamo proprio con la casa francese, che tra riciclaggio dei tessuti, ricondizionamento dei ricambi, riutilizzo delle batterie dei veicoli elettrici, sviluppo di offerte di car sharing sempre più sostenibili, è in prima linea in tema di economia circolare.
Detto di RE-Factory, primo stabilimento europeo dedicato all’economia circolare nella mobilità, che verrà realizzato entro il 2024 per affiancare i veicoli per tutto il loro ciclo di vita – dall’approvvigionamento alla manutenzione, dalla sostenibilità delle batterie alla fase di rigenerazione e riciclo – e della fabbrica di Choisy-le-Roi, Renault sta lavorando anche per raddoppiare il suo consumo globale di plastica riciclata.
“Di fronte alla sfida della transizione energetica, le industrie svolgono un ruolo di primaria importanza per far evolvere le loro modalità di produzione e ridurre l’impatto ambientale”, ha spiegato Jean-Philippe Hermine, Direttore strategia e Piano ambientale del Gruppo Renault. “Con il sostegno dei nostri partner Filatures du Parc ed Adient Fabrics France, dimostriamo che è possibile realizzare modelli di sviluppo circolari e competitivi incentrati sulle risorse, dotandosi al tempo stesso di un vantaggio competitivo prezioso in un momento in cui la disponibilità e il costo delle materie prime diventa una vera e propria sfida strategica”. Prossimo step: ridurre gli impatti ambientali dei veicoli per l’intero ciclo di vita e diminuire del 25% la propria carbon footprint a livello mondiale nel 2022 rispetto al 2010.
Leggi anche: “Ecco le strategie per rendere un business circolare”. Il report dell’Eea
Volkswagen
Entro il 2050 il Gruppo Volkswagen intende diventare carbon neutral, ovvero a impatto zero in termini di CO2 con tutte le proprie attività. Il primo passo, da concretizzare entro il 2025, è ridurre le emissioni delle auto e dei veicoli commerciali leggeri – lungo l’intera catena del valore – del 30% rispetto al 2015.
Nell’ottica di una riduzione sistematica delle emissioni lungo l’intero ciclo di vita di ogni veicolo, la casa tedesca sta portando avanti un grande lavoro in materia di impianti sostenibili. Ad esempio, lo stabilimento di Zwickau, in Germania (dove è stata avviata la produzione della nuova elettrica ID 3), diventerà non solo il più grande impianto in Europa dedicato alle auto elettriche, ma anche il più efficiente e sostenibile. La produzione verrà assicurata attraverso il consumo di energia proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili. Grazie all’elettricità generata da centrali eoliche, idroelettriche e fotovoltaiche, si ha una riduzione delle emissioni di CO2 pari a 106 mila tonnellate ogni anno.
L’adeguamento delle strutture porterà a una riduzione delle emissioni di CO2 dei siti produttivi tedeschi di Braunschweig, Emden, Hannover, Kassel, Salzgitter e Wolfsburg pari al 50%, mentre quelle degli impianti del Gruppo Volkswagen nel mondo scenderanno del 15%. Ma non è tutto: saranno significativamente ridotti, in media del 50%, anche il consumo di acqua e la produzione di scarti. Entro il 2025 le emissioni di tutti gli stabilimenti saranno dimezzate rispetto al 2010: l’impianto Audi di Bruxelles è un esempio virtuoso in tal senso: già oggi è carbon neutral.
Gruppo Volkswagen sta lavorando anche sulla fase del riciclo. Dopo aver lanciato nel 2009 il progetto di ricerca LithoRec, che ha come obiettivo il riciclo delle batterie agli ioni di litio, ora sta lavorando alla realizzazione di un impianto pilota all’interno dello stabilimento di Salzgitter per ottimizzare il processo e utilizzare le materie prime recuperate per ridurre ulteriormente la sua impronta ambientale.
Audi
Come anticipato, anche Audi – che fa sempre parte del gruppo Volkswagen – sta portando avanti la sua rivoluzione verde. Solo per fare un esempio, i rivestimenti dei sedili della nuova A3 sono realizzati grazie a un processo di trasformazione che interessa circa 45 bottiglie di plastica da 1,5 litri. Ogni sedile è composto per l’89% da bottiglie di plastica riciclata.
Anche Audi mira a ridurre le proprie emissioni del 30% nei prossimi cinque anni e portarle a zero entro il 2050. Una parte importante di questo processo è rappresentata dall’elettrificazione della gamma. Obiettivo: portare sul mercato trenta modelli elettrificati entro il 2025.
Audi poi sta lavorando anche sull’approvvigionamento: ogni fornitore è valutato secondo un indice di sostenibilità che ne certifica l’idoneità. Inoltre, collabora con partner esterni per creare un sistema di riciclo completo. Il brand costruisce le auto in modo che possano essere disassemblate rapidamente e facilmente negli impianti di raccolta ufficiali, alla fine del proprio ciclo di vita.
Infine, attraverso l’applicazione dei concetti dell’economia circolare e dell’efficienza nella produzione, gli stabilimenti stanno progressivamente riducendo le emissioni di CO2, i consumi di energia e di acqua, l’uso di solventi organici e la creazione di rifiuti. Entro il 2025, l’obiettivo è raggiungere emissioni nette di carbonio pari a zero in tutti gli impianti Audi.
Leggi anche: Il Massachusetts estende il diritto a riparare le auto. I produttori protestano
Skoda
Il brand ceco – anch’esso fa parte del gruppo Volkswagen – è costantemente impegnato nella riduzione dell’impatto ambientale delle proprie auto con una strategia a 360 gradi: dall’estrazione delle materie prime alla fine del ciclo di vita.
Škoda racchiude tutte le proprie attività in favore dell’ambiente nella strategia “GreenFuture”, basata su tre pilastri: “GreenProduct” ha l’obiettivo di creare vetture più sostenibili in termini di consumi, materiali impiegati e riciclabilità; “GreenRetail”, che promuove i comportamenti virtuosi nelle concessionarie e nei Service Partner; “GreenFactory”, che mette insieme tutte le attività volte alla conservazione delle risorse durante i processi produttivi.
Tutti i parametri chiave, come il consumo di energia, di acqua e la quantità di scarti generata, sono costantemente monitorati e ottimizzati. Lo stesso principio si applica alle emissioni di CO2 e alle cosiddette particelle volatili (VOCs) che sono generate durante le fasi di verniciatura. L’obiettivo a lungo termine è rendere completamente carbon neutral il consumo di energia degli impianti di produzione di veicoli e componentistica entro la fine di questo decennio.
Il brand dall’inizio dell’anno ha riciclato in modo pressoché totale tutti i rifiuti prodotti utilizzati durante i cicli produttivi, negli impianti e stabilimenti. In questo senso, un vero modello per tutti gli altri costruttori. “Abbiamo raggiunto un traguardo importante nella strategia GreenFuture e, nello specifico, nell’area GreenFactory”, spiega Michael Oeljeklaus, membro del Board Škoda per produzione e logistica. “Siamo in grado di riciclare al 100% tutti gli scarti generati durante la produzione di un’auto. Questo è un importante passo in avanti e dimostra il nostro impegno verso il rafforzamento della cosiddetta economia circolare”.
FCA
Anche Fiat-Chrysler Automobiles (FCA) ha deciso di investire nell’economia circolare. Lo stabilimento di Cassino, dove si producono le Alfa Romeo Giulietta, Giulia e Stelvio, è “zero waste” dal 2000. Neanche un grammo di scarti o rifiuti industriali viene inviato a discarica. Dato che il 100% dell’energia elettrica utilizzata dallo stabilimento proviene da fonti rinnovabili e il 100% delle emissioni legate all’uso di energia termica sono compensate, lo stabilimento di Cassino è anche “zero CO2 emission”.
Il gruppo italo-statunitense sta portando avanti una vera e propria strategia di design di processo circolare puntando su numerosi elementi. Come la scelta di materiali per alcuni veicoli bio-based (cioè di origine naturale), facilmente riciclabili, fibre naturali come il kenaf e la juta, o materia rinnovata come il nylon riciclato oppure la riduzione del consumo di acqua nella filiera (-27,5% dal 2010) e di scarti (-18,7%), con taglio delle emissioni di quasi un decimo. Il remanufacturing si concentra soprattutto per i ricambi, riducendone così i costi per i consumatori e il volume di scarti destinati alla discarica.
Peugeot
La casa francese, da poco unita in matrimonio con FCA per dare vita a Stellantis, punta sull’allungamento della vita della componentistica. La casa del Leone offre infatti ai proprietari di auto la possibilità far riparare le proprie vetture Peugeot con pezzi di ricambio originali rigenerati: l’esatto opposto dell’obsolescenza programmata. In catalogo ci sono 2 milioni di pezzi di ricambio, ognuno con un anno di garanzia. Inoltre, dopo la riparazione Peugeot, col progetto My Tree, si impegna a piantare un albero nell’ambito di un progetto di riforestazione in Senegal
Mercedes-Benz
Mercedes-Benz, o meglio il Gruppo Daimler AG, ha dato il via a un nuovo piano di sostenibilità per la mobilità del futuro, chiamato “Ambition 2039”. Entro quella data la marca tedesca intente rendere l’intera gamma neutrale in quanto a emissioni di carbonio.
Il processo di neutralizzazione delle emissioni di CO2, già iniziato, riguarderà però anche le fabbriche del Gruppo Daimler. La cosiddetta “Factory 56”, nata all’interno degli stabilimenti di Sindelfingen, utilizza energie rinnovabili ed è stata concepita sin dall’inizio per avere zero emissioni di CO2. Lo stesso concetto sarà poi, man mano, esportato a tutti gli impianti industriali del gruppo in Europa entro il 2022.
Daimler punta anche sul riciclaggio, oltre ad esigere ai propri fornitori lo stesso rigore ecologico. Una visione circolare che coinvolge tutto il processo produttivo e che cercherà di essere trasmessa anche ai clienti, attraverso il programma “Mercedes Me Charge” che, come sostiene la stessa azienda, permetterà di “caricare le proprie vetture ecologiche utilizzando corrente ecologica”. In sostanza, sarà possibile ricaricare i veicoli in stazioni pubbliche in tutta Europa, con energia prodotta attraverso fonti rinnovabili.
Bmw Group
Il brand tedesco mira ad avere più di sette milioni di veicoli elettrificati sulle strade entro il 2030, due terzi dei quali completamente elettrici.
Parallelamente alla forte crescita della mobilità elettrica, il gruppo Bmw sta espandendo costantemente le sue attività sostenibili. Gli investimenti si concentrano su tre aree principali: il rispetto degli standard ambientali e sociali, la protezione delle risorse naturali e la riduzione delle emissioni di CO2 nella catena di approvvigionamento.
Bmw si è posta l’obiettivo di aumentare in modo significativo la percentuale di materie prime riciclate utilizzate entro il 2030 e di utilizzare più volte le materie prime in un’ottica circolare. Inoltre, per la stessa data, si vogliono ridurre le emissioni di CO2 della catena di fornitura del 20% per veicolo rispetto ai livelli del 2019. Senza misure correttive, le emissioni di CO2 della catena di fornitura aumenterebbero di oltre un terzo: attraverso l’utilizzo di energie rinnovabili nella produzione delle celle della batteria della BMW iX c’è stata invece significativa riduzione delle emissioni.
Toyota
Il colosso nipponico pioniere dell’ibrido, con milioni di vetture vendute nel mondo, ha stretto un accordo con Panasonic per dare una seconda vita alle sue batterie. Inoltre, ha appena attivato una joint-venture con Subaru per realizzare una piattaforma elettrica destinata alla produzione di nuove autovetture 100% green. Quella dell’elettrificazione è l’obiettivo primario di Toyota: per favorire la transizione elettrica e potenziare le infrastrutture di ricarica ha sottoscritto una partnership in Italia con Edison, per installare oltre 300 colonnine di ricarica, ad accesso pubblico e alimentate da energia rinnovabile, presso tutti i concessionari e centri assistenza Toyota e Lexus.
Le sfide ambientali di Toyota per il 2050 comprendono anche l’azzeramento delle emissioni di CO2 nel ciclo di vita delle auto, il raggiungimento delle zero emissioni di CO2 negli impianti di produzione e di una gestione efficiente delle acque di scarico e dei consumi idrici durante la produzione.
© Riproduzione riservata