Il Rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2022 dell’’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) fornisce i dati, aggiornati all’anno 2021, sulla produzione, raccolta differenziata, gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di imballaggio. Ci dice che la produzione dei rifiuti urbani è tornata in linea coi valori pre-pandemia; che finisce in discarica una quota quasi doppia rispetto agli obiettivi europei; e che nel 2021 sono cresciuti, anche se di poco, i rifiuti inceneriti.
Vi raccontiamo il rapporto attraverso alcuni indicatori.
2,3% L’aumento della produzione dei rifiuti urbani in Italia. Secondo Ispra, dopo il 2020 caratterizzato dai drammatici effetti della pandemia, nel 2021 in Italia è tornata a crescere la produzione dei rifiuti urbani: +2,3% rispetto all’anno prima, 29,6 milioni di tonnellate in tutto. Questa crescita, sottolinea l’ISPRA, è, tuttavia, “inferiore a quella del PIL e dei consumi delle famiglie (rispettivamente 6,7% e 5,3%)”. Sono le Regioni del Sud a far registrare la crescita percentuale più consistente (+2,9%), seguite dal Centro (+2,5%) e dal Nord (+1,9%). In valore assoluto, il nord Italia produce quasi 14,2 milioni di tonnellate, il Centro oltre 6,3 milioni di tonnellate e il Sud oltre 9,1 milioni. Ad eccezione della Valle d’Aosta e dell’Emilia-Romagna, la cui produzione è rimasta pressoché stabile, tutte le Regioni hanno fatto rilevare un aumento dei rifiuti prodotti. Al Settentrione, i maggiori incrementi si osservano per il Trentino-Alto Adige (+5,9%), la Liguria (+3,9%) e il Piemonte (+2,9%); al Centro, per le Marche (+4,3%), il Lazio (+2,4%) e la Toscana (+2,1%) e al Sud per la Sardegna (+5%), la Calabria (+4,8%) e la Campania (+3,6%). Se osserviamo i Comuni con popolazione residente al di sopra dei 200 mila abitanti mostra, proprio la ripresa del pendolarismo e dei flussi turistici hanno avuto un ruolo particolarmente significativo nell’aumento del dato di produzione, che risulta più elevato (+2,8%)rispetto al valore registrato su scala nazionale (+2,3%). Catania e Palermo mostrano incrementi pari, rispettivamente, al 5,8% e al 5,1%, seguite da Genova, Roma e Napoli, rispettivamente, con aumenti del 4,1%, del 4% e del 3,6%. Milano e Prato fanno entrambe rilevare un incremento del 3,4%. Solo Trieste, Bari e Bologna fanno registrare cali, rispettivamente del 5%, 3,8% e 2%. Verona rimane con una produzione sostanzialmente stabile (-0,9%);
502 I chilogrammi pro capite di rifiuti urbani prodotti dagli italiani. Ogni cittadino italiano produce infatti 502 chilogrammi di rifiuti all’anno, dato che torna in linea coi valori pre-pandemia. La produzione pro capite più elevata è quella dell’Emilia-Romagna, con 641 chilogrammi per abitante per anno, stabile rispetto al 2020. Le altre Regioni con un pro capite superiore a quello medio nazionale sono Valle d’Aosta, Toscana, Liguria, Marche, Umbria, Lazio e Trentino-Alto Adige. I valori minori si registrano per la Basilicata (358 chilogrammi per abitante), il Molise (386 chilogrammi) e la Calabria (411 chilogrammi). I più alti valori di produzione pro capite si riscontrano per tre province dell’Emilia-Romagna: Reggio Emilia, con 763 chilogrammi per abitante, Ravenna con 735 chilogrammi e Piacenza con 720 chilogrammi. Le province con i più bassi valori sono tutte localizzate nel sud Italia: Potenza con 337 kg, Enna con 347 kg, Benevento e Isernia entrambe con 370 kg. Al Centro, solo Rieti e Frosinone, rispettivamente con 387 kg e 380 kg, mostrano una produzione inferiore a 400 kg per abitante;
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64% La quota nazionale della differenziata. La media nazionale della raccolta differenziata dei rifiuti urbani si attesta al 64%, con una crescita di 1 punto rispetto al 2020. Ci sono però, ovviamente, Regioni e Comuni ben al di sopra di questa soglia. Spiccano Veneto (76,2%) e Sardegna (74,9%), che registrano le percentuali più alte tra le nove regioni che superano l’obiettivo del 65% (fissato per il 31 dicembre 2012 dal testo unico ambientale). Sono prossime all’obiettivo l’Abruzzo (64,6%), la Toscana (64,1%) e la Valle d’Aosta (64%). La Basilicata, la cui percentuale mostra un incremento di oltre 6 punti, si colloca al 62,7%, mentre il Molise, la Puglia e la Liguria si attestano, rispettivamente, al 58,8%, al 57,2% e 55,2%. Per Molise e Puglia si registrano crescite delle percentuali di raccolta di 3,3 e 2,7 punti, rispettivamente. La Campania raggiunge il 54,6%, il Lazio il 53,4% e la Calabria, con una crescita di 1,5 punti, il 53,1%. Al di sotto del 50% si colloca solo la Sicilia (46,9%) che, tuttavia, fa registrare un aumento di 4,7 punti rispetto alla percentuale del 2020 (42,3%). In particolare, in questa Regione, nel quinquennio 2017-2021, la percentuale di raccolta differenziata è più che raddoppiata. Come negli anni precedenti, i livelli più elevati di raccolta differenziata si rilevano per la provincia di Treviso, che nel 2021 raggiunge l’88,6%, seguita da Mantova (86,4%) e Belluno (83,8%). Tra le città metropolitane, sempre in crescita la percentuale di Cagliari con il 74,4%.
190mila Le tonnellate di rifiuto organico raccolte in più, nel 2021, rispetto a quelle del 2020. Si tratta di un aumento de 2,9%. La spinta della differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti. Nel 2021 la quota dei rifiuti organici avviati al trattamento cresce di 190 mila tonnellate, pari al 2,9%. Oltre la metà degli impianti operativi per la gestione dei rifiuti (657 in tutta Italia) si occupa di trattare questa frazione;
39% La porzione di rifiuti urbani costituita da rifiuti organici. L’organico, infatti, si conferma la frazione più raccolta in Italia: rappresenta il 39% del totale. Per la gran parte costituito dalla frazione umida da cucine e mense (69,9%). Le altre frazioni: carta e cartone rappresentano il 19,1% del totale degli urbani; segue il vetro con il 11,9% e la plastica che rappresenta l’8,8% del totale raccolto. Quest’ultima frazione continua a mostrare una crescita dei quantitativi intercettati in modo differenziato (+6,4%), con un ammontare complessivamente raccolto su scala nazionale pari a quasi 1,7 milioni di tonnellate. Il 95% dei rifiuti plastici raccolti in modo differenziato è costituito da imballaggi;
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19% La parte di rifiuti urbani che finisce in discarica. Nonostante nell’ultimo decennio il ricorso alla discarica si sia ridotto del 52%, questa forma di smaltimento che riguarda ancora quasi 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (il 19% dei rifiuti prodotti). Rispetto al 2020 ISPRA osserva una riduzione del 3,4%. Gli obiettivi europei prevedono di portare questa quota sotto il 10% entro il 2035. 126 le discariche operative;
18,3% Il 18,3% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito (5,4 milioni di tonnellate); il dato evidenzia, rispetto al 2020, un incremento di circa 85 mila tonnellate, pari all’1,6%. Su 37 impianti operativi, 26 si trovano al Nord, in particolare in Lombardia (13 impianti) e in Emilia-Romagna (7 impianti);
48,1% La quota di rifiuti urbani riciclati. I rifiuti avviati ad impianti che effettuano il recupero di materia costituiscono il 50% del totale dei rifiuti prodotti e raccolti in maniera differenziata. Il riciclaggio dei rifiuti urbani, calcolato secondo le nuove metodologie stabilite dalla normativa europea, si attesta al 48,1% a fronte di un obiettivo del 55% da conseguirsi nel 2025, del 60% nel 2030 e del 65% da raggiungersi nel 2035;
47% Gli imballaggi in plastica riciclati. Rispetto agli ambiziosi obiettivi di riciclaggio fissati in Europa, con l’applicazione delle nuove metodologie di calcolo per il riciclo, “gli obiettivi previsti per il 2025 – sottolinea ISPRA – sono praticamente già raggiunti per tutte le frazioni di imballaggio, ad eccezione della plastica”. Per questa frazione, infatti, si raggiunge un tasso di riciclaggio pari al 47%, a fronte di un target del 50%. Per questo ISPRA sostiene la necessità di intervenire “con nuove tecnologie di trattamento, soprattutto per quelle tipologie di rifiuti che sono ad oggi difficilmente recuperabili mediante processi di tipo meccanico”;
657 Gli impianti di gestione dei rifiuti urbani operativi nel 2021 sono 657: 349 al Nord, 116 al Centro e 192 al Sud. Sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata 356 impianti (293 impianti di compostaggio, 42 impianti per il trattamento integrato aerobico /anaerobico e 21 impianti di digestione anaerobica), 124 sono impianti per il trattamento meccanico o meccanico biologico, 126 sono impianti di discarica cui si aggiungono 37 impianti di incenerimento e 14 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani. ISPRA rileva che “l’aumento della raccolta differenziata ha determinato negli anni una crescente richiesta di nuovi impianti di trattamento, soprattutto per la frazione organica, ma non tutte le Regioni dispongono di strutture sufficienti a trattare i quantitativi prodotti”;
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3 Nel 2021 i rifiuti urbani esportati sono 3 volte superiori a quelli importati: l’Italia ne ha portati fuori 659 mila tonnellate, mentre l’import è di 219 mila. Campania e Lazio sono le due regioni che esportano maggiormente i propri quantitativi. Austria, Portogallo e Spagna i Paesi dove inviamo più rifiuti urbani;
194,5 Il costo medio nazionale annuo pro capite di gestione dei rifiuti urbani è pari a 194,5 euro/abitante, in aumento di 8,9 euro ad abitante rispetto al 2020. Come spiega ISPRA, i costi più elevati si rilevano al Centro con 230,7 euro/abitante, segue il Sud con 202,3 euro/abitante, mentre al Nord, dove si concentrano gli impianti di trattamento, il costo è pari a 174,6 euro/abitante.
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