[Questo contributo fa parte della tavola rotonda “In Circolo” dedicata all’ecoprogettazione]
La Settimana europea per la riduzione dei rifiuti ci propone un problema: come ottenere la riduzione dello spreco di materie prime per garantire la sostenibilità sul pianeta Terra della presenza di oltre 7 miliardi di esseri umani. La soluzione a questo problema, che appare più semplice e se volete “lapalissiana”, è la teoria della decrescita felice, basata sull’inversione del paradigma “più cresci, più consumi, più rifiuti” in “meno crescita, meno consumi e meno rifiuti”.
A mio modo di vedere questa soluzione è sbagliata e dannosa. Considerando che la popolazione mondiale è composta per la grande maggioranza da persone dotate di bassissima, bassa e medio bassa disponibilità economica e da una esigua minoranza di persone con medio alta, alta ed altissima disponibilità finanziaria, l’applicazione di un tale modello – semplificando – comporterebbe che i pochi ”ricchi” giocherebbero a fare la “decrescita felice” tagliando un po’ i loro consumi, mentre i “poveri” precipiterebbero ancor più nella povertà a causa della perdita di milioni di posti di lavoro causata dal crollo dei consumi.
La soluzione che mi convince è invece quella della transizione dell’economia da lineare a circolare, che “tiene insieme” consumi e sostenibilità, disaccoppiando la produzione di beni dal consumo di nuove materie prime. Materie prime rinnovabili esattamente come energie rinnovabili, in una circolarità di consumo e rigenerazione, utilizzo e riciclo, produzione e deproduzione.
In questo modo non si aumenta o crea povertà tramite la riduzione del lavoro, al contrario si generano enormi quantità di posti di lavoro. “Fare e disfare è sempre lavorare” diceva un vecchio e quanto mai attuale adagio popolare.
Cambiare le filiere e i modelli di consumo
Quello che dobbiamo fare, dunque, non è andare indietro, ma avanti, puntando ad una rapida transizione verso un modello circolare delle produzioni e dei consumi. Basta riciclare di più? Assolutamente no. Sono le intere filiere a dover cambiare in ogni anello, partendo dalla progettazione dei prodotti che sono ancora in gran parte pensati per il modello lineare. Sono “errori di progettazione”? No, per il modello lineare nel quale siamo ancora immersi. Sì, per il modello circolare che dobbiamo costruire.
Ma dovranno cambiare molte altre cose, compreso il modello di consumo e utilizzo dei beni, con un passaggio dal pagare per la proprietà di un bene al pagare per l’utilizzo del servizio che quel bene ci rende, fino al concetto di rifiuto stesso che non potrà più essere applicato a un prodotto post-consumo conferito correttamente per essere avviato alla preparazione per il riuso o al riciclo di qualità, ma solo alle frazioni di scarto generate da questi processi. Frazioni di scarto che, con il crescere della qualità dell’ecoprogettazione, dovranno ridursi sempre più, lasciando spazio a grandi quantità di “vere” materie prime seconde da reimmettere in produzione.
Così potremo “tenere insieme” sviluppo tecnologico ed economico, sostenibilità ambientale e creazione di posti di lavoro. Il lavoro da fare è enorme e serve una politica che creda davvero a questa prospettiva, operi conseguentemente e non la usi dialetticamente solo a fini di facile propaganda.
Se sarà così, la crescita circolare, quella sì, sarà felice.
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