I timori delle associazioni ambientaliste di tutta l’Unione europea sulla Taxonomy Regulation sembrano destinati ad avverarsi. Alcune dichiarazioni di figure di spicco della Commissione degli ultimi giorni lasciano poco spazio ai dubbi e vanno in una precisa direzione.
Opposta a quella auspicata dalle associazioni e organizzazioni non governative a difesa dell’ambiente e in linea con i capi di Stato e di governo europei, che anche in occasione della Cop26 di Glasgow hanno ribadito come intendano portare avanti la transizione ecologica.
L’oggetto del contendere da alcuni mesi sono gas e nucleare: queste due fonti di energia possono ottenere fondi pubblici ed essere incluse nella tassonomia, ovvero il sistema di riferimento individuato dalla Commissione europea per stabilire quali attività siano sostenibili ecologicamente e quali invece dannose per l’ambiente?
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Tre differenti posizioni sulla tassonomia
Sicuramente no per le ong e le associazioni ambientaliste, che già parlano di fallimento della Taxonomy Regulation e di vero e proprio “tradimento” dello spirito originario di una misura che, tra l’altro, dovrebbe rappresentare l’architrave di tutto il progetto di “finanza sostenibile” (leggi qui il nostro Speciale) dell’Unione europea e rendere finanziabili solo le attività necessarie a garantire la transizione ecologica e raggiungere i target fissati dagli Accordi di Parigi e dal Green Deal.
Assolutamente sì per alcuni Stati ormai noti. Primi tra tutti i Paesi dell’Est Europa per quanto riguarda il gas. Una posizione che non dispiace in realtà anche a nazioni come la Germania, che ha investito molto nel gasdotto Nord Stream 2, o l’Italia, un importante hub di gas nel Mediterraneo.
Tanto che il presidente del Consiglio Mario Draghi, nel corso dei lavori di apertura della Cop26 in Scozia, ha parlato di “transizione ecologica realistica”, leggi: che includa il gas. E le idee del ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani sono note da tempo. Sebbene si sia limitato a dichiarare che “c’è una Tassonomia che dirà cosa può essere definito realmente verde”, Cingolani è fermamente convinto che nei prossimi anni la differenza tra la produzione energetica con le fonti rinnovabili e il totale dei consumi si dovrà coprire con il ricorso al gas.
A guidare le nazioni pro nucleare è, invece, la Francia. Secondo quanto riportato dalla stampa, in un documento non ufficiale presentato all’ultimo Consiglio europeo da Parigi, la Francia ha proposto di riconoscere l’atomo fonte di energia “verde” rispetto all’obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra, e il gas naturale fonte di transizione, con la possibilità di costruire impianti fino al 2030, sebbene con un tetto alle emissioni. Un tentativo di superare lo scontro che da primavera oppone i sostenitori del gas a quelli del nucleare, di fatto accettando entrambe le posizioni.
Nì per la Commissione europea, che finora ha tergiversato, rimandando una decisione nella speranza di riuscire a trovare la sintesi tra visioni diametralmente opposte. O, forse, solo per rimandare un problema scottante.
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Da Bruxelles spinte a favore di nucleare e gas
Eppure, anche a Bruxelles qualcosa si sta muovendo. E non nel verso auspicato da ambientalisti e ong. È sufficiente inanellare le ultime dichiarazioni arrivate da figure di spicco della Commissione europea. Alcuni giorni fa la commissaria per i Servizi finanziari Maired McGuinnes ha confermato al Financial Times l’ipotesi di creare una categoria ad hoc per nucleare e gas.
Una sorta di categoria “ambra”. Non si tratta di una patente “verde” come nel caso delle rinnovabili, ma assicura ugualmente un ruolo, sebbene provvisorio, alle due fonti di energia nella transizione ecologica, con l’obiettivo di non scoraggiare gli investimenti dei privati.
La Commissione europea difende il pragmatismo della decisione, sostenendo che le fonti di energia rinnovabili da sole non riuscirebbero ad assorbire tutti i finanziamenti e perciò “un sacco di soldi e finanziamenti che non andrebbero da nessuna parte”, ha detto McGuinnes, limitando l’efficacia degli interventi verso la neutralità climatica.
La commissaria europea all’Energia Kadri Simson ha inoltre ricordato come “ogni Stato può scegliere il proprio mix energetico e definire il proprio percorso verso la decarbonizzazione. Il nucleare – ha chiarito Kadri Simson – è riconosciuto come fonte a basso impatto di emissioni ma ci sono opinioni divergenti per quanto riguarda le scorie”.
In attesa dei risultati definitivi del Centro comune di ricerca, la commissaria ha comunque fatto una notevole apertura quando ha dichiarato che “il mix energetico ha bisogno di più rinnovabili ed energia pulita”, ma al tempo stesso ha aggiunto che “parallelamente avremo bisogno di una fonte stabile in questa fase transitoria, come il nucleare e il gas naturale”.
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Il documento informale della Commissione e le nuove soglie
E dal Centro comune di ricerca, come del resto era trapelato da tempo, non è arrivato nessun ostacolo per quanto riguarda l’energia nucleare. A Bruxelles, riportano fonti giornalistiche, sta girando in queste ore un documento informale che includerebbe in tassonomia sia gas sia energia nucleare.
Per quanto riguarda l’atomo non c’è ancora molta chiarezza, ma si parla di quattro ambiti in cui andranno fissati i valori limite: operazioni del sito nucleare (utilizzo, costruzione, dismissione), stoccaggio di scorie e combustibile nucleare esausto, estrazione e processamento dell’uranio, riprocessamento di combustibile esausto.
Più precise le informazioni per quanto riguarda il gas. Resta la soglia massima di 100 gCO2e/kWh per gli impianti a gas (cogenerazione inclusa), sotto la quale possono rientrare nella tassonomia verde. Tuttavia, il gas viene riconosciuto come “attività di transizione” se gli impianti hanno emissioni dirette minori di 340 gCO2e/kWh ed emissioni annuali più basse di 700 kgCO2/kW. Per gli impianti di cogenerazione invece le emissioni sull’intero ciclo di vita devono essere minori di 250-270 gCO2e/kWh. Inoltre una clausola tassativa vieta dopo il 31 dicembre 2030 la costruzione di nuove centrali a gas.
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Il problema delle materie prime e il rincaro della bolletta
Sebbene tutto sia ancora da decidere, la posizione della Commissione europea appare estremamente ammorbidita rispetto alle fasi iniziali della discussione. Sicuramente c’entra la volontà di chiudere l’accordo e trovare una sintesi, e probabilmente anche un cedimento alle costanti pressioni di nazioni influenti come la Francia.
Tuttavia, l’intervista al Financial Times di McGuinnes lascia intendere come si sia aggiunta nelle ultime settimane una nuova variabile. “Stiamo ascoltando i cittadini e le imprese sui costi energetici più elevati. Dobbiamo assicurarci di non creare timori che la transizione ecologica rappresenti un problema perché, invece, è la soluzione”, ha ammesso la commissaria.
Insomma, l’aumento del costo dell’energia elettrica e del metano potrebbe produrre nell’opinione pubblica un’ostilità verso le fonti di energia più pulite ma considerate costose. E lo spettro dei “gilet gialli” potrebbe tornare ad attraversare il continente: uno scenario che Macron, ma anche gli altri leader europei, vogliono evitare. E così, sebbene sia chiaro che nucleare e gas non possono essere considerate fonti di energia “green”, restano per molti Paesi la soluzione più a basso costo per sostituire il carbone.
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