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venerdì, Novembre 15, 2024

Criticità e soluzioni nell’industria mineraria che deve diventare circolare

La rivista Nature spiega che una transizione verso una società a basse emissioni di carbonio implica un cambiamento che richiederà grandi quantità di metalli e minerali. Ma l'estrazione mineraria richiede una grande quantità di energia e produce grandi quantità di scarti con criticità ambientali durante il laborioso processo di estrazione e lavorazione. Ma oggi la filiera inizia a ragionare in ottica circolare all’interno dei processi di estrazione e lavorazione dei minerali

Simone Fant
Simone Fant
Simone Fant è giornalista professionista. Ha lavorato per Sky Sport, Mediaset e AIPS (Association internationale de la presse sportive). Si occupa di economia circolare e ambiente collaborando con Economia Circolare.com, Materia Rinnovabile e Life Gate.

Secondo un rapporto del Carbon Disclosure Project, nel 2015 la metà delle emissioni industriali globali di gas serra erano causate da sole 50 aziende operanti nell’industria dei combustibili fossili pesanti, 20 delle quali erano compagnie minerarie. Nella strategia di decarbonizzazione globale l’industria mineraria – in particolare quella del carbone – ha giustamente i riflettori puntati addosso, ma poca attenzione è stata dedicata alle implicazioni della crescente domanda per le materie prime necessarie alla costruzione di tecnologie rinnovabili. Minerali e materie prime giocheranno un ruolo chiave per raggiungere gli obbiettivi degli accordi Parigi e come ha ricordato brillantemente Nicoletta Fascetti Leon: dopo l’oro e il petrolio, la prossima sembra profilarsi come l’era delle terre rare.

Un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature spiega che una transizione verso una società a basse emissioni di carbonio implica un cambiamento che richiederà grandi quantità di metalli e minerali. Le risorse minerarie e il cambiamento climatico sono indissolubilmente legati, non solo perché l’estrazione mineraria richiede una grande quantità di energia, ma anche perché il mondo non può affrontare il cambiamento climatico senza un adeguato approvvigionamento di materie prime per produrre tecnologie ed energia pulite. Oltre a non essere rinnovabili, le risorse minerarie presenti nel nostro pianeta presentano alcune criticità ambientali durante il loro laborioso processo di estrazione e lavorazione. I residui minerari provengono dall’estrazione e dalla lavorazione del minerale e includono materiali come lo strato superficiale del terriccio, rocce di scarto e sterili (dopo l’estrazione del prezioso minerale). Alcuni di questi rifiuti sono inerti ed è improbabile che danneggino l’ambiente, altri, invece, possono contenere grandi quantità di sostanze pericolose, come i metalli pesanti. Il panel Circularity Across the Mining and Metals Value Chain al forum mondiale sull’economia circolare è stata l’occasione per delineare con chiarezza problemi e soluzioni del settore minerario.

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Soluzioni per riutilizzare i residui minerari

Visto l’aumento della richiesta di terre rare, metalli e minerali, il conseguente aumento di prezzo e la loro esauribilità, il modello circolare sembra l’unico approccio applicabile alle filiere, sia dal punto di vista ambientale che quello economico. Oltre a riuso e al ricondizionamento di materiali da risorse minerarie in commercio, il settore ha grandi margini di sviluppo in ottica circolare anche all’interno dei processi di estrazione e lavorazione dei minerali.

“Ci siamo chiesti come limitare i rifiuti dall’estrazione di minerali – interviene Paramita Das di Rio Tinto, compagnia leader nell’industria mineraria . “La risposta sta nel riutilizzare quelli scarti per altri sottoprodotti. Come il nostro Alextra, sottoprodotto per cementi realizzato con materiale di scarto (l’80% viene riciclato) generato dalla fusione di alluminio. Lafarge Canada produrrà in media un milione di tonnellate di cemento all’anno nei suoi stabilimenti di Bath, in Ontario, utilizzando Alextra come alternativa a materie prime come allumina e silice, – dice Das –  che sono comunemente raffinate o estratte per essere utilizzate nella produzione di cemento”. Un’altra innovazione arriva dall’impianto di estrazione del rame Kennecott nello Utah, Stati Uniti d’America. “Usiamo il biossido di titanio, preso dall’ impianto di gestione di rifiuti per estrarre il cadmio, minerale in cui sono presenti terre rare. Dal processo di lavorazione del metallo utilizziamo ogni minerale come sottoprodotto”. Per non lasciare nessun materiale indietro Rio Tinto ha deciso di lanciare a febbraio il progetto Start Responsible Aluminium che attraverso la tecnologia blockchain fornirà trasparenza, tracciabilità e provenienza di tutti i prodotti in alluminio Rio Tinto, inclusi gli standard ambientali (impronta carbonica e consumi), sociali e di governance (ESG) seguiti durante la sua produzione.  “Proprio come l’etichetta nutrizionale sul retro di quasi tutti i prodotti alimentari, questa iniziativa dà la possibilità al cliente e il consumatore di fare una scelta più sostenibile”.

L’importanza del Nichel e la sua produzione a basso impatto

Terrafame è un’azienda multimetallica finlandese che produce nichel, cobalto e zinco utilizzando la complessa tecnologia di bioheapleaching (biodepurazione) ecosostenibile nella sua miniera di Sotkamo, in Finlandia. “Grazie a questa innovazione – spiega Janne Palosaari, Chief Commercial Officer, TerraFame – abbiamo integrato l’estrazione di solfato di nichel dai minerali per batterie di auto con un risparmio di energia notevole, evitando tutti i processi ad alte temperature”. Il nichel è uno dei principali materiali catodici attivi utilizzati dalle batterie agli ioni di litio e secondo le previsioni di WisdomTree  continuerà a crescere in diffusione, arrivando a rappresentare più della metà di tutte le soluzioni catodiche entro il 2025 e avvicinandosi al 90% entro il 2030.  Il nickel rappresenta una delle tante varianti di batterie agli ioni di litio, ma secondo i produttori il suo aumento nei catodi può favorire densità energetiche più elevate, che possono contribuire ad aumentare l’autonomia di guida e a ridurre il peso dei veicoli. “Terrafame – aggiunge Paolsaari – sarà in grado di produrre solfato di nichel per un milione di batterie per auto elettriche, e abbastanza solfato di cobalto per 300.000 batterie all’anno”. La tecnologia di estrazione bioheapleaching è stata certificata come la meno impattante. “Detto questo  dobbiamo ancora elettrificare la miniera utilizzando energia rinnovabile, è tutto ancora in divenire”.

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Collaborazione per eliminare i residui minerari tossici

L’internation Council on Mining and Metals sta cercando di trovare soluzioni per eliminare completamente i residui minerari (che possono contenere sostanze tossiche come metalli pesanti, solfuri o contenuti radioattivi) – dice Carl Weatherell, direttore esecutivo and CEO al Canada Mining Innovation Council –. Da tre anni le compagnie minerarie di tutto il mondo stanno collaborando con questo obiettivo e tra poco più di un mese e mezzo ci sarà una presentazione per definire il progetto”. Questo è una degli esempi dei grandi passi avanti che l’industria mineraria può fare semplicemente grazie alla collaborazione tra gli attori del settore. “In termini di costi operativi, lo smaltimento dei residui minerari occupa uno dei primi posti – sottolinea Steve Kisakye, membro dell’African Circular Economy Alliance – ma anche nel continente africano c’è molta ricerca a riguardo, soprattutto su come usare questi materiali come sottoprodotti”. Un altro aspetto su cui ragionare è il consumo energetico: “Il processo di frantumazione dei minerali nell’industria consuma circa il 6% dell’energia elettrica – aggiunge Weatherell – e c’è bisogno di ridurre almeno del 50% quel consumo. 5 anni fa abbiamo chiesto di trovare una tecnologia adatta a società che volevano essere coinvolte e dopo 5 anni abbiamo ridotto del 42% il consumo di energia elettrica delle 13 compagnie”.

Anche in Sudamerica le industrie minerarie sentono il dovere di cambiare modello. “Il Cile ora è il primo Paese per consumi di energia rinnovabile in America Latina – interviene Petar Ostojic del Center of Innovation and Circular Economy – tutti i governi stanno cominciando ad abbracciare e a promuovere l’economia circolare che è fatta di sinergie e collaborazione. Tre delle maggiori compagnie minerarie cilene stanno collaborando con partner e università per rendere il sistema più sostenibile”. Una di queste compagnie è la Codelco rappresentata nel panel Jose Araneda, Sustainable Development Manager, che spiega in passi avanti fatti. “Chuquicamata, una delle nostre miniere di rame prima in superficie, è ora sotterranea e stiamo elettrificando i macchinari dell’impianto per renderli più efficienti energeticamente”.

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